Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18687 del 11/07/2019

Cassazione civile sez. II, 11/07/2019, (ud. 06/03/2019, dep. 11/07/2019), n.18687

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

B.D., rappresentato e difeso per procura alle liti a margine

del ricorso dall’Avvocato Pietro Garbarino, elettivamente

domiciliato in Brescia, via Malta n. 3;

– ricorrente –

contro

C. Group s.p.a., in persona del legale rappresentante sig.

C.C.A., rappresentata e difesa per procura alle liti in

calce al controricorso dagli Avvocati Pietro Maffongelli e Maria

Antonelli, elettivamente domiciliata presso lo studio di

quest’ultima in Roma, piazza Gondar n. 22;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1359 della Corte di appello di Brescia,

depositata il 17 novembre 2014.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con sentenza n. 3058 del 9. 10. 2011 il Tribunale di Brescia, decidendo sull’opposizione proposta da Be.Mi. avverso il decreto ingiuntivo che gli intimava di pagare alla C. Group s.p.a. la somma di Euro 37.209,10 a titolo di prezzo per la fornitura di materiali edili e nel cui giudizio era stato chiamato a cura della società opposta B.C., respinse l’opposizione e condannò il terzo chiamato a pagare alla C. Group la somma dalla stessa richiesta, oltre interessi.

Proposto gravame da parte del solo B., con sentenza n. 1359 del 17.11.2014 la Corte di appello di Brescia confermò integralmente la decisione impugnata affermando che se risultava accertato che la fornitura dei beni oggetto del credito vantato dalla società opposta era stata ordinata dal Be., al fine di eseguire i lavori edili oggetto di un contratto di appalto con il B., e che pertanto l’opponente era debitore dell’importo corrispondente, tuttavia doveva ritenersi che con questi fosse obbligato anche il B., avendo l’istruttoria orale dimostrato che quest’ultimo, stante la crisi di solvibilità del Be. ed al fine di scongiurare l’interruzione della fornitura, ne aveva personalmente garantito il pagamento alla società C. Group.

Per la cassazione di questa decisione, notificata il 3.2.2015, con atto notificato 11.4.2015, ricorre B.D., sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la società C. Group.

La causa è stata avviata in decisione in adunanza camerale non partecipata.

Il primo motivo di ricorso, che denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1292 e 1937 c.c. e difetto di motivazione, censura la sentenza impugnata per avere ritenuto la responsabilità solidale dell’odierno ricorrente e del Be. in relazione al credito azionato nonostante la mancanza di un accordo delle parti in tal senso ed in assenza di una espressa dichiarazione di garanzia da parte del B., essendosi a tal fine la Corte di appello basata solo su generiche dichiarazioni dei testi.

Il motivo è infondato, trovando le contestazioni sollevate dal ricorso diretta smentita nell’affermazione del giudice a quo, che integra un accertamento di fatto fondato sull’apprezzamento delle prove testimoniali, come tale non censurabile in sede di legittimità, secondo cui l’odierno ricorrente si era impegnato di fronte alla C. Group a pagare personalmente il prezzo della fornitura di materiale in caso di inadempimento del Be.. In particolare, la Corte territoriale ha precisato che la parte, a seguito del manifestarsi della crisi di solvibilità dell’appaltatore, si era personalmente impegnata con dichiarazioni verbali a garantire alla C. Group il pagamento delle forniture, a fine di scongiurare la loro interruzione minacciata da quest’ultima, richiamando su tali circostanze le deposizioni dei testi M. e Ma..

Tanto precisato, da un lato si osserva che la fideiussione, quale garanzia personale, si sostanzia, ai sensi dell’art. 1936 c.c., nel rapporto tra il terzo presta la garanzia ed il creditore garantito, sicchè a tal fine è irrilevante l’esistenza o meno di un accordo tra il dichiarante ed il debitore originario, e dall’altro che il requisito richiesto dall’art. 1937 c.c., secondo cui la volontà di prestare la garanzia fideiussoria deve essere espressa, va inteso nel senso che tale assunzione di responsabilità deve essere manifestata in modo chiaro ed univoco, senza necessità di forma scritta, con l’effetto che la relativa prova può essere data anche a mezzo di testimoni ovvero per presunzioni (Cass. n. 3628 del 2016; Cass. n. 5417 del 2014). Nel caso di specie tale requisito risulta rispettato, avendo la sentenza impugnata, sulla base delle dichiarazioni testimoniali assunte, ravvisato l’obbligo di garanzia nel fatto che il B. si era verbalmente impegnato a pagare personalmente le forniture della società C. Group.

Il secondo motivo di ricorso denunzia difetto e/o omissione di motivazione, per avere la Corte di merito, omettendo di motivare sul rigetto di uno specifico motivo di appello, dichiarato la responsabilità a titolo di garante del B., nonostante che la società opposta si fosse limitata a chiederne la condanna al pagamento senza tuttavia fare cenno alcuno ad un ipotetico rapporto di garanzia.

Il mezzo appare inammissibile, atteso che esso lamenta in realtà un vizio di omessa pronuncia su un motivo di gravame senza denunziare, per tale ragione, la nullità della decisione impugnata. In proposito questa Corte ha chiarito che nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, pur non essendo indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 con riguardo all’art. 112 c.p.c., è comunque necessario che il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorchè sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente (Cass. S.U. n. 17931 del 2013; Cass. n. 10862 del 2018).

Si osserva inoltre che dalla lettura della sentenza emerge che la Corte bresciana, nel riassumere i fatti di causa, ha affermato che la società opposta “aveva chiesto ed ottenuto di chiamare in giudizio B.D., estendendo a quest’ultimo, deducendone alternativamente l’obbligo in via solidale o in garanzia, la domanda di pagamento della somma ingiunta ” e che tale ricostruzione della domanda avanzata dalla società convenuta non risulta specificatamente oggetto di contestazione da parte del ricorrente.

Il terzo motivo denunzia difetto di motivazione, violazione degli artt. 188,189 e 275 c.p.c. e falsa applicazione degli artt. 84 e 229 cit. codice per omesso e/o insufficiente esame del documento prodotto nel giudizio di appello riportante la dichiarazione del Be. con cui questi dichiarava che le forniture erano di propria spettanza e che nessun obbligo relativo alle stesse gravava sul B..

Il motivo è infondato, avendo la Corte di appello preso atto della dichiarazione menzionata nel motivo, affermandone tuttavia l’irrilevanza rispetto al thema decidendum. Questo giudizio sulla prova offerta non solo non appare contestato in modo specifico, con argomentazioni vale a dire in grado di evidenziare la decisività del documento rispetto alle ragioni poste a fondamento della decisione, ma è altresì perfettamente in linea con la riconosciuta assunzione di garanzia personale da parte del B., tenuto conto che, come già sottolineato, la fideiussione instaura un rapporto obbligatorio tra terzo e creditore, a cui il debitore originario è estraneo, tanto che la garanzia sorge anche se questi non ne è a conoscenza, (art. 1936 c.c., comma 2), con l’effetto che le eventuali dichiarazioni di quest’ultimo di essere il solo obbligato non possono assumere di per sè rilevanza al fine dell’accertamento della sussistenza dell’obbligo in capo al fideiussore.

Il quarto motivo di ricorso deduce falsa applicazione del D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 1 lamentando che la Corte di appello abbia confermato la statuizione del Tribunale che lo aveva condannato al pagamento degli interessi moratori ai sensi della legge menzionata.

Il motivo è chiaramente inammissibile, avendo la sentenza impugnata non esaminato tale censura perchè proposta tardivamente soltanto in sede di comparsa conclusionale. Sostiene in contrario il ricorso che la doglianza, attenendo ad un vizio di inapplicabilità di una norma di legge per difetto di legittimazione di una delle parti, può essere fatta a valere in qualsiasi stato e grado di giudizio e dunque non poteva dichiararsi tardiva, ma l’argomento appare giuridicamente inconsistente, attenendo l’applicazione degli interessi moratori alle obbligazioni pecuniarie al merito dell’accertamento del relativo diritto di credito, non certo alla legittimazione passiva, quale condizione per la regolare instaurazione del rapporto processuale.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%. Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2019

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