Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18686 del 11/07/2019

Cassazione civile sez. II, 11/07/2019, (ud. 19/02/2019, dep. 11/07/2019), n.18686

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24360-2015 proposto da:

C.M., C.N., CI.NU.,

C.C., elettivamente domiciliati in ROMA, CIRCONVALLAZIONE

CLODIA 145/A, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE ALLEGRA,

rappresentati e difesi dall’avvocato SEBASTIANO MASSIMO BRIGANDI’;

– ricorrenti –

contro

C.F., T.O.N., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA PIETRO DA CORTONA 8, presso lo studio

dell’avvocato MAURILIO D’ANGELO rappresentati e difesi dall’avvocato

MASIMILIANO PANTANO;

– controricorrenti –

e contro

T.C., T.M., T.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 386/2015 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 23/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/02/2019 dal Consigliere GIUSEPPE GRASSO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che della complessa vicenda venuta all’esame della Corte d’appello di Messina, ai fini che qui rilevano, è bastevole ricordare. che la sentenza d’appello confermò quella di primo grado della parte in cui previo rigetto della domanda di retratto successorio, aveva disposto lo scioglimento della comunione di un fabbricato e retrostante terreno tra gli attori C.M., C., Nu. e N. e il convenuto T.A., immobile che era stato assegnato a quest’ultimo, previa corresponsione di conguaglio in denaro;

ritenuto che i C. propongono ricorso avverso la statuizione d’appello sulla base di tre motivi di censura e che C.O.N. e F., la cui qualità di eredi di T.A., nelle more deceduto, costituisce circostanza non controversa, resistono con controricorso;

ritenuto che entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative;

considerato, in via di preliminarietà, che il difetto di procura per ricorrere in cassazione, dedotto dai controricorrenti, non sussiste:

– al contrario di quanto asserito da quest’ultimi, infatti, la procura, rilasciata a margine del ricorso, non può dirsi generica, non essendo dubbio che il sito di allocazione rende il conferimento indubbiamente riferito al ricorso in parola, a prescindere dall’incongruo riferimento ad attività riservate al solo giudizio di merito (evidentemente da addebitarsi dall’uso di uno stampone standard) ed è ad esso coevo, e, quindi, per forza di cose, successiva alla sentenza impugnata, e ha natura speciale, in quanto precipuamente diretta a richiedere il giudizio di legittimità (in senso conf., ex multis, S.U. n. 1272/1998; Sez. 6, n. 19226/2014; Sez. 3, n. 58/2016);

ritenuto che con il primo motivo i ricorrenti denunziano violazione degli artt. 110,784,102 e 331, c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, sulla base di quanto segue:

– la Corte d’appello aveva dato atto del decesso del condividente T.A. in data 7/5/2015, dopo il deposito delle comparse conclusionali in appello e prima del consumarsi del termine per il deposito delle repliche (25/5/2015) e, tuttavia, aveva considerato l’evento irrilevante;

– invece, il processo avrebbe dovuto essere interrotto a mente dell’art. 110 c.p.c.;

– inoltre non si era così assicurata la pienezza del contraddittorio predicata dall’art. 784 c.p.c.;

considerato che la doglianza è manifestamente destituita di giuridico fondamento, dovendosi osservare quanto appresso:

a) in caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l’omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest’ultimo comporta, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l’evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonchè in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione; ne consegue che è ammissibile la notificazione dell’appello presso il procuratore della parte costituita in primo grado e deceduta successivamente (ex multis, da ultimo, Sez. L. n. 24825, 9/10/2018, Rv. 650728; Sez. 3, n. 20840, 21/8/2018; ma già S.U., n. 15295, 4/7/2014);

b) proprio per la ragione di cui sopra la dichiarazione, da parte del procuratore, di uno degli eventi che, a norma dell’art. 300 c.p.c., comportano l’interruzione del processo, deve essere finalizzata al conseguimento di tale effetto o corredata dei necessari requisiti formali (quali la formulazione in udienza o in atto notificato alle altre parti), sicchè non determina interruzione del processo la dichiarazione contenuta nella comparsa conclusionale, nella quale il difensore si sia limitato a chiedere la fissazione di apposita udienza istruttoria, riservandosi in tale sede di dichiarare l’evento (Sez. 2, n. 19139, 28/9/2015, Rv. 636472);

c) coerentemente, trattandosi dell’esercizio di un potere discrezionale del procuratore, al quale soltanto compete di valutarne l’opportunità nell’esclusivo interesse della parte rappresentata, si è affermato che la scelta di dichiarare o meno tale evento, ovvero del momento in cui dichiararlo, non può integrare di per sè abuso del processo, nè può incidere sulla durata del giudizio in danno della controparte, essendo a tal fine indifferente che l’interruzione si verifichi in un momento del processo piuttosto che in un altro (Sez. 3, n. 20809, 20/8/2018, Rv. 650416);

d) non ha del pari pregio l’invocata violazione dell’art. 784 c.p.c., per la manifesta ragione che la causa ha visto coinvolte tutte le parti necessarie con la constatata corretta evocazione in giudizio di tutti i comunisti, nel mentre la circostanza del decesso sopravvenuto non può avere influenza alcuna proprio perchè non dichiarato dal procuratore, il quale, evidentemente, per insindacabile scelta, ha preferito che il processo proseguisse ai sensi dell’art. 111 c.p.c.;

ritenuto che con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 720 c.c., nonchè “omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia”, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in quanto:

– non controversa la non comoda divisibilità del bene, il criterio preferenziale in favore del condividente di maggior quota, assume carattere discrezionale;

– nel caso di specie il T. non era proprietario di maggior quota, ma solo del 50%, al quale si contrapponeva il 50% acquistato indivisamente dai ricorrenti e sul punto andava rilevato difetto di motivazione, non avendo la sentenza spiegato la ragione della scelta operata in favore del T.;

– pur vero che la Cassazione, privilegiando il favor divisionis aveva escluso la parificazione di quota per sommatoria delle minor quote di più comunisti, ma anche un tal criterio non poteva avere valenza assoluta, poichè, a seguito del decesso di T.A., la sua quota era pervenuta frazionata ai suoi eredi;

– v’erano ragioni d’opportunità che avrebbero dovuto favorire i ricorrenti e delle quali la sentenza non si era affatto curata (il ricorso narra di una pregressa vicenda possessoria, che aveva visto i C. attori e affermato che il T., prima dell’acquisto della metà indivisa della proprietà, non aveva avuto alcun rapporto di fatto con l’immobile);

considerato che la doglianza non ha fondamento, difatti:

a) la Corte locale ha fatto puntuale applicazione del principio di diritto più volte enunciato da questa Corte, e, peraltro, richiamato dagli stessi ricorrenti, secondo il quale l’attribuzione di un bene indivisibile ad un gruppo di comunisti le cui quote, soltanto perciò, superano la maggior quota singola, di cui è titolare il condividente antagonista, viola il principio del favor divisionis, perchè in tal modo non si scioglie la comunione, ma la si mantiene, pur se ridotta ai contitolari della quota collettiva, mentre, in presenza di contrapposte domande di assegnazione, deve esser preferito l’aspirante titolare della maggior quota individuale (Sez. 2, n. 1566, 24/2/1999, RV. 523577);

b) come sopra si è chiarito la morte di T.A. costituisce fatto giuridicamente estraneo al giudizio;

c) con il richiamo ad una precedente controversia possessoria il ricorso tenta d’introdurre surrettiziamente fatti, peraltro sommariamente riportati, non contemplati dalla sentenza d’appello, dei quali non viene specificato il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (cfr. S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629831); oltre a censurare inammissibilmente il merito della motivazione, nonostante trovi applicazione il testo del richiamato n. 5, siccome novellato nel 2012;

ritenuto che con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 96 c.p.c., per avere la sentenza posto i 2/3 delle spese legali a carico degli appellanti, compensando il residuo, attribuendo irragionevolezza alla decisione, la quale non aveva valorizzato le seguenti circostanze: l’appello era stato parzialmente accolto, doveva tenersi conto della natura della lite e della circostanza che entrambe le parti avevano chiesto lo scioglimento della comunione, l’attribuzione dell’immobile al T. era frutto di una scelta discrezionale;

considerato che la doglianza è inammissibile: ha chiarito la Corte di Messina che gli appellanti sono risultati solo marginalmente vincitori e la misura della compensazione non può essere sindacata in questa sede, dovendosi, in disparte, soggiungere che la controversia definita dal Giudice d’appello non attiene all’incontroverso punto dello scioglimento della comunione, bensì, in via di assoluta pregnanza, al diritto all’assegnazione del bene rivendicato dagli appellanti;

considerato che il documento depositato dai ricorrenti con nota del 4/2/2019 è inammissibile, non ricorrendo alcuna delle ipotesi eccezionali contemplate dall’art. 372 c.p.c.;

considerato che le spese legali seguono la soccombenza e possono liquidarsi siccome in dispositivo in favore dei controricorrenti, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività svolte;

considerato che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1,comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte dei ricorrenti, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2019

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