Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18679 del 12/09/2011

Cassazione civile sez. II, 12/09/2011, (ud. 14/07/2011, dep. 12/09/2011), n.18679

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

INTERTRADE EUROPA GROUPE s.a. in liquidazione (OMISSIS) in

persona del suo liquidatore, rappresentata e difesa, in forza di

procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv.ti VISENTIN Antonio e

Mario Antonini ed elettivamente domiciliata presso lo studio del

secondo, in Roma, via Ennio Quirino Visconti, n. 20;

– ricorrente –

contro

NUOVA ODO s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore

(P.I.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa, in virtù di procura

speciale a margine del controricorso, dagli Avv.ti Leone Gregorio ed

Ernesto Mocci ed elettivamente domiciliata presso lo studio del

secondo, in Roma, v. Germanico, n. 146;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia n. 939/’O4,

depositata il 13 novembre 2004;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 14

luglio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

sentito l’Avv. Fabrizio Cataldo, per delega, nell’interesse della

società ricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 22 ottobre 1998, la Intertrade Europa Group s.a. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Brescia la Nuova Odo s.p.a. per la risoluzione di tre contratti di fornitura di strutto raffinato ad uso alimentare conclusi a mezzo del mediatore Belfats s.r.l. e la condanna della convenuta al risarcimento dei danni. Nella costituzione della predetta convenuta, che eccepiva l’improponibilità della domanda assumendo l’operatività tra le parti di una clausola compromissoria in arbitrato irrituale espressamente contenuta nei contratti di acquisto (mediante il richiamo al contratto 138 dell’Associazione Granaria di Milano), il tribunale adito, con sentenza n. 2373 del 2001, accoglieva la richiamata eccezione preliminare e dichiarava l’improponibilità della domanda.

Avverso la menzionata sentenza proponeva appello la Intertrade Europa Group e, nella costituzione dell’appellata, la Corte di appello di Brescia, con sentenza n. 939 del 2004, rigettava il gravame e condannava l’appellante alla rifusione delle spese del grado.

A sostegno dell’adottata sentenza la Corte territoriale rilevava l’infondatezza dell’impugnazione sul presupposto che effettivamente si sarebbe dovuta ritenere conclusa tra le parti la clausola compromissoria dedotta dalla Nuova Odo s.p.a. e che la stessa società appellante, mediante la sua condotta, ne aveva confermato l’accettazione.

Nei confronti della suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione la Intertrade Europa Group s.a. in liquidazione, articolato in cinque motivi, avverso i quale ha resistito con controricorso la Nuova Odo s.p.a.. I difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la società ricorrente ha dedotto (con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5) l’omessa od insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia nella parte in cui la Corte di appello di Brescia, nella sentenza impugnata, aveva omesso l’esame del primo motivo formulato da essa Intertrade Europa Group. In particolare, con tale doglianza, a ricorrente ha inteso prospettare che, malgrado nel gravame fosse stato formulato con il primo motivo la richiesta attinente alla declaratoria di nullità per “indeterminatezza” e “genericità”, oltre che per la mancanza, in essa, degli elementi essenziali per valere come “clausola compromissoria”, la Corte territoriale non aveva adottato, in proposito, alcuna adeguata motivazione, essendosi limitata a dare per pacifica la circostanza dell’esistenza della stessa clausola compromissoria contenuta nei contratti e sottoscritta dal mediatore.

2. Con il secondo motivo la ricorrente ha denunciato (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione e falsa applicazione degli artt. 1418, comma 2, artt. 1419 e 1421 c.c., in relazione agli artt. 1346 e 1325 c.c., n. 3, per avere la Corte di appello di Brescia escluso la dedotta inesistenza, invalidità ed inefficacia delle clausole contenute nei tre “stabiliti di compravendita”.

Al riguardo la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata laddove aveva ritenuto, confermando la statuizione di primo grado, la validità della clausola contenuta nei “tre stabiliti di compravendita” violando, però, le norme sulla disciplina dei negozi giuridici con riferimento, in particolare, ai principi che regolamentano la validità delle clausole di compromissione in arbitri, dal momento che la genericità della clausola (con la quale si era previsto che “il presente contratto n. 134/136/138 è regolato dalle borse mercato di categoria i cui arbitri saranno incaricati a dirimere eventuali controversie sorte tra le parti) non poteva far assurgere il richiamato riferimento al rango di clausola compromissoria, neanche “per relationem”, non risultando, peraltro, individuati nè lo specifico contratto cui era rivolto nè la specifica associazione che lo aveva emesso.

3. Con i terzo motivo la ricorrente ha prospettato la violazione dell’artt. 1967 c.c. e artt. 115-116 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo la Corte territoriale, in tema di forma scritta “ad probationem”, attribuito al documento (costituito dai tre “stabiliti di compravendita”) proveniente da un terzo estraneo al rapporto tra i contraenti (nella specie, il mediatore), non sottoscritto dalle parti, lo stesso valore e la medesima valenza probatoria dell’attestazione scritta “proveniente dalle parti” richiesta dal citato art. 1967 c.c..

4. Con il quarto motivo la ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 1341 c.c. (sempre con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), sul presupposto che la Corte di appello, pur avendo conferito (in ogni caso, erroneamente) efficacia all’art. 23 del contratto n. 138 dell’Associazione Granaria di Milano (la quale prevedeva l’espletamento della procedura arbitrale), aveva, comunque, violato il disposto del richiamato art. 1341 c.c., e, in generale, il principio della necessità della specifica approvazione per iscritto delle “clausole compromissorie”.

5. Con il quinto ed ultimo motivo la ricorrente ha denunciato la violazione degli artt. 1967, 1341, 2721, 2725, 2727 e 1362 e segg.

c.c., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in tema di “prova” dell’accordo compromissorio. Con tale doglianza la ricorrente ha contestato l’impugnata decisione nella parte in cui aveva affermato che la “prova” della pretesa “volontà” delle parti a compromettere ad arbitri le future, eventuali controversie sarebbe stata comunque rinvenibile, pur in assenza della sottoscrizione della clausola contenuta negli “stabiliti” e di alcun altro documento o attestazione riferibile alle parti contenente l’accettazione della stessa, dalla “mancata contestazione delle clausole riportate nel documento” trasmesso da parte dei contraenti, dalla messa “in esecuzione” del contratto di fornitura e, indirettamente, dalla successiva instaurazione dei “seppur distinto” procedimento arbitrale promosso dalla Nuova Odo.

6. Rileva il collegio che i primi tre motivi (i quali possono essere esaminati congiuntamente perchè strettamente connessi) sono fondati e devono, pertanto, essere accolti.

In primo luogo deve evidenziarsi che, effettivamente, la Corte territoriale, a fronte della specifica doglianza (dedotta come prima nel relativo gravame: cfr. pagg. 7-8 della sentenza impugnata) attinente alla contestazione della effettiva sussistenza e conseguente efficacia della supposta clausola compromissoria (riferita ad arbitrato irrituale) per genericità ed indeterminatezza della stessa oltre che per insussistenza della necessaria sottoscrizione delle parti interessate, ha risposto con una motivazione inadeguata e, comunque, carente, risultando incentrato il suo svolgimento, in parte, su aspetti generali e sganciati dalla fattispecie e, in parte, sull’asserita rilevanza, ritenuta essenzialmente assorbente, della circostanza che l’appellante (ora ricorrente) aveva posto in essere un comportamento che confermava l’accettazione della clausola e, quindi, la sua operatività.

La clausola riportata nei tre “stabiliti di compravendita” presentava, come è incontestato fra le parti, il seguente tenore:

“Il presente contratto n. 134/136/138 è regolato dalle borse mercato di categoria 1^ cui arbitri saranno incaricati a dirimere eventuali controversie tra le parti.

Orbene, nella valutazione del contenuto di tale clausola, ancorchè sia pacifico che la stessa fosse richiesta solo “ad probationem”, non può, tuttavia, ritenersi che essa fosse chiaramente determinata ne suo oggetto e, soprattutto, nella esplicazione della volontà delle parti di conferire un espresso e specifico mandato negoziale in favore degli arbitri, senza nemmeno la precisazione dell’associazione di categoria o borsa merci nè de luogo dell’arbitrato. Nè, nel caso in esame, era emerso che la suddetta previsione fosse assistita dalla cd. “clausola di salvaguardia” (alla quale, perciò, pone impropriamente riferimento la Corte bresciana), ovvero alla connessa disposizione di garanzia di consentire alle parti di comunicare la loro opposizione alla clausola arbitrale. Solo con la presenza ulteriore di tale previsione sarebbe stato possibile desumere, senza equivoco, l’esplicitazione della volontà delle parti di voler contemplare un arbitrato irrituale, dal momento che – secondo la giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., Cass. 7 luglio 1999, n. 7048) – Il compromesso e la clausola compromissoria per arbitrato irrituale, se relativi a rapporti per i quali non è richiesta la forma scritta “ad substantiam” ai sensi dell’art. 1350 c.c., richiedono soltanto la prova per iscritto, secondo le regole di cui l’art. 1967 c.c., con la specificazione che tale prova può essere costituita da qualsiasi attestazione scritta circa la esistenza dei mandato compromissorio, anche se successiva alla pattuizione ed a carattere meramente ricognitivo, purchè attribuibile alle parti;

pertanto, un documento, quale la conferma d’ordine, formato dal mediatore ai sensi dell’art. 1760 c.c., n. 3, da lui solo sottoscritto, ed inviato alle parti, che contenga la conferma dell’avvenuto accordo compromissorio, facendo salva la volontà delle parti di comunicare allo stesso mediatore il loro eventuale dissenso, costituisce prova del compromesso per arbitrato irrituale ove tale dissenso non sia stato manifestato.

Nella fattispecie, diversamente da quanto ritenuto dal giudice d’appello, si versava nel caso di una clausola generica ed indeterminata (come tale contrastante con le prescrizioni di cui agli art. 1325 c.c., n. 3, e art. 1346 c.c.), predisposta e sottoscritta dal solo mediatore (e non anche direttamente dalle parti) e sprovvista della suddetta clausola di salvaguardia, con la conseguenza che la stessa non poteva qualificarsi come una clausola compromissoria legittimamente stipulata. Nè, peraltro, può sostenersi che, nell’ipotesi sottoposta al vaglio della Corte lombarda, si siano venute a configurare le condizioni per la previsione di una clausola compromissoria “per relationem”, dal momento che quest’ultima presuppone, in ogni caso, che il contenuto del contratto sia comunque sufficientemente determinato, così come che sia individuata la specifica associazione che lo abbia emesso e che sia direttamente riferibile alle parti interessate. Del resto, con riguardo alle clausole compromissorie “per relationem” (ovvero a quelle previste in un diverso negozio o documento cui il contratto faccia riferimento), il requisito di forma può ritenersi soddisfatto allorchè il rinvio, contenuto nel contratto, preveda un richiamo espresso e specifico della clausola compromissoria e non, invece, allorquando il rinvio sia generico, richiamandosi semplicemente il documento o il formulario che contenga la clausola stessa, in quanto soltanto il richiamo espresso assicura la piena consapevolezza delle parti in ordine alla deroga alla giurisdizione (cfr. per riferimenti, Cass., S.U., 19 maggio 2009, n. 11529). Inoltre, in linea generale, si ricorda (v., ad es., Cass. 30 ottobre 2007, n. 22841) che, poichè il deferimento di una controversia al giudizio degli arbitri comporta una deroga alla giurisdizione ordinaria, in caso di dubbio in ordine alla interpretazione della portata della clausola compromissoria, deve preferirsi un’interpretazione restrittiva di essa e affermativa della giurisdizione statuale, riconoscendosi non rientrare la domanda in contestazione nell’ambito della materia rimessa agli arbitri.

7. Anche il quinto motivo è meritevole di pregio e va, pertanto, accolto. Il giudice di appello ha affermato che la prova della volontà delle parti a compromettere in arbitri le future ed eventuali controversie sarebbe stata comunque rinvenibile, pur in difetto della sottoscrizione della clausola contenuta degli “stabiliti di compravendita e di alcun altro documento o attestazione riferibile alle parti contenente l’accettazione della stessa, dalla mancata contestazione delle clausole riportate nel documento trasmesso da parte dei contraenti, dalla circostanza di aver messo in esecuzione il contratto di fornitura e dalla successiva instaurazione di altro distinto procedimento arbitrale ad istanza della Nuova Odo s.p.a..

Oltre agli aspetti inerenti la forma della clausola compromissoria esaminati nel paragrafo precedente, non sono emersi, nella fattispecie, i presupposti per desumere, dalla spontanea asserita esecuzione “per facta concludentia” del contratto di fornitura da parte della ricorrente, la prova dell’accettazione della clausola di deroga alla giurisdizione, poichè la suddetta circostanza avrebbe potuto, semmai, costituire elemento sintomatico della ritenuta validità dei contratti di compravendita ma non sarebbe stata idonea ai fini della prova dell’accettazione della supposta clausola compromissoria. Inoltre, la procedura arbitrale cui pone riferimento la controricorrente (e alla quale si richiama la Corte territoriale) era stata promossa dalla stessa Nuova Odo s.p.a. (alla quale vi aveva semplicemente aderito l’Intertrade Europa Group) ed era fondata su un successivo e specifico “atto di compromesso” espressamente stipulato fra le parti a seguito dell’insorgenza della contestazione sulla qualità della merce compravenduta, senza fare alcun richiamo o rinvio alla clausola (per quanto detto generica, indeterminata, priva di sottoscrizione delle parti e, quindi, nulla ed inefficace) riportata nei contratti di vendita conclusi in data 1-9 marzo 1995;

oltretutto, se la ricorrente avesse avuto la consapevolezza dell’esistenza di una rituale clausola arbitrale nei predetti “stabiliti di compravendita”, non avrebbe fatto ricorso alla sottoscrizione di uno specifico e successivo atto di compromesso.

Questa circostanza, dunque, non può rivestire alcuna rilevanza in funzione dell’accertamento dell’inesistenza di una valida clausola compromissoria riferita ai tre “stabiliti” o, in ogni caso, della sicura ed inequivoca manifestazione di volontà delle parti di demandare la risoluzione delle correlate controversie ad arbitri.

8. Il quarto motivo (come precedentemente richiamato), riferito ad un aspetto presupponente l’accertamento dell’esistenza e della validità della contestata clausola compromissoria, può essere considerato assorbito in conseguenza dell’accoglimento di tutti gli altri motivi.

9. In definitiva, alla stregua delle esposte ragioni, il ricorso deve essere accolto con la conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia che, nell’attenersi ai principi di diritto sopra enunciati (v. sub 6), con riferimento alla individuazione – nei contratti di somministrazione “de quibus” – delle condizioni necessarie per la configurabilità di una valida ed efficace clausola compromissoria (relativa ad arbitrato irrituale), provvederà anche sulle spese della presente fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 14 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2011

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