Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18678 del 09/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/09/2020, (ud. 08/07/2020, dep. 09/09/2020), n.18678

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2248-2019 proposto da:

SAFIN SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA ADRIANA 15, presso lo

studio dell’avvocato STEFANO ROMANO, rappresentata e difesa

dall’avvocato DOMENICO STANGA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5348/6/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 04/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 08/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa LA

TORRE MARIA ENZA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

La Safin s.p.a. ricorre per la cassazione della sentenza della CTR Campania, n. 5348/2018, depositata il 4.6.2018, che in controversia su impugnazione avviso di liquidazione per imposta di registro, ha parzialmente accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate.

La CTR, premesso la tempestività dell’appello, ha ritenuto non sufficientemente motivato l’atto impugnato relativamente alla pretesa “tassa di titolo”, mentre ha reputato legittimo l’avviso quanto all’imposta di registro per il Decreto Ingiuntivo, non sussistendo rispetto ad essa nessuna violazione del diritto di difesa.

L’Agenzia delle Entrate si costituisce con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorso è affidato a due motivi.

Con il primo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 40, della L. n. 212 del 2000, art. 7, della L. n. 241 del 1990, art. 3 e dell’art. 24 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR reputato legittimo il mutamento di norme e criteri di determinazione e quantificazione dell’imposta di registro compiuto dall’Agenzia delle Entrate solo a seguito della notificazione del ricorso introduttivo della controversia.

Con il secondo motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, della L. n. 241 del 1990, art. 3, del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 22 e 41 e dell’art. 24 Cost. per avere la CTR disatteso l’appello incidentale della Safin sulla carenza assoluta di motivazione dell’avviso.

I motivi, che per la loro intrinseca connessione meritano una trattazione congiunta, sono infondati.

Va premesso che il presente ricorso verte esclusivamente sulla debenza e sulla misura (proporzionale o fissa) dell’imposta di registro su decreto ingiuntivo, nonchè sulla legittimità dell’avviso di ingiunzione in relazione alla congruità della sua motivazione.

La CTR ha correttamente evidenziato che dalla lettura dell’avviso, emergevano sia il presupposto di fatto (omesso pagamento dell’imposta di registro sul decreto ingiuntivo), che di diritto (T.U. imposta di registro – D.P.R. n. 131 del 1986) del fondamento della pretesa quanto al pagamento dell’imposta di registro sul decreto ingiuntivo, disattendendo espressamente quanto sostenuto dalla società contribuente circa la modifica del presupposto impositivo in corso di causa ad opera dell’Agenzia.

Quanto al presunto cambiamento della posizione processuale dell’Amministrazione, la CTR ha sul punto accertato che l’Amministrazione, sin dall’inizio, aveva chiesto per il D.I il pagamento dell’imposta non in misura proporzionale, bensì in misura fissa, e che ciò era chiaramente evincibile dalle difese spiegate già in sede di mediazione e nelle controdeduzioni nel giudizio di primo grado, nonchè dalla circostanza che l’applicazione della tassa in misura proporzionale avrebbe determinato una pretesa diversa da quella richiesta.

Ha pertanto escluso che vi fosse stata la modifica in corso di giudizio dei presupposti della pretesa impositiva (che avrebbe comportato l’illegittimità dell’atto impositivo: cfr. n. 12467 del 10/05/2019).

Quanto alla legittimità dell’imposizione sotto il profilo della debenza dell’imposta, va ribadito che l’imposta di registro è un’imposta d’atto, e va corrisposta in relazione a ciascun provvedimento giudiziario. Secondo questa Corte, infatti, in caso di pluralità di provvedimenti dell’autorità giudiziaria, ciascuno di essi è soggetto autonomamente ad imposizione, senza che possa attribuirsi rilevanza alla circostanza che si riferiscano al medesimo oggetto ed alle stesse parti, in quanto il tributo non è volto a colpire il trasferimento di ricchezza, ma inerisce direttamente all’atto, preso in considerazione in funzione degli effetti giuridici ed economici che è destinato a produrre (Cass. 18 aprile 2018, n. 9501).

Nella specie, dall’avviso di liquidazione, riprodotto dalla stessa ricorrente, si evince chiaramente che la pretesa era relativa a imposta di registro su decreto ingiuntivo individuato con data, numero e giudice emittente. La CTR ha correttamente ritenuto che la società contribuente, la quale aveva chiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo, fosse consapevole di dover corrispondere all’Agenzia delle Entrate l’imposta di registro in base all’art. 37 TUR, che prevede la registrazione di tutti gli atti dell’autorità giudiziaria, compresi i decreti ingiuntivi (in senso analogo e fra le stesse le parti, cfr. Cass. n. 1903/2020; n. 33796/2019; n. 8508 del 2019).

Il ricorso deve essere, pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 1.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2020.

Depositato in cancelleria il 9 settembre 2020

 

 

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