Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18676 del 04/09/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 18676 Anno 2014
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 27361-2008 proposto da:
CASAMENTI

MAURIZIO

C.F.

CSMMRZ62M03B036S,

già

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI PRISCIANO
43, presso lo studio dell’avvocato TUFANI GIUSEPPE,
rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE MONNINI
e da ultimo domiciltàto presso LA CANCELLERIA DELLA
2014

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– ricorrente –

1732

contro

AZIENDA USL 10 DI FIRENZE;
– intimata –

Data pubblicazione: 04/09/2014

Nonché da:
AZIENDA U.S.L. 10 DI FIRENZE, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio
dell’avvocato TRICERRI LAURA, rappresentata e difesa

atti;
controricorxente e

ricorrente incidentale –

contro

CASAMENTI

MAURIZIO

C.F.

CSMMRZ62M03B036S,

già

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI PRISCIANO
43, presso lo studio dell’avvocato TUFANI GIUSEPPE,
rappresentato e difeSo dall’avvocato MICHELE MONNINI
e da ultimo domiciliato presso LA CANCELLERIA DELLA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
con troricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 449/2008 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 01/04/2008 R.G.N. 952/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/05/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO
MANNA;
udito l’Avvocato MONNINI MICHELE;
udito l’Avvocato POGGIANTI RAFFAELLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per il

rigetto di

entrambi

i

ricorsi con

dall’avvocato POGGIANTI RAFFAELLA, giusta delega in

compensazione delle spese.

i

/

i

R.G. n. 27361/08
Ud. 20.5.14
Casamenti c. Azienda U.S.L. 10 di Firenze

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 1 0 .4.08 la Corte d’appello di Firenze rigettava il
gravame interposto da Maurizio Casamenti contro la pronuncia del Tribunale della
stessa sede che ne aveva respinto la domanda intesa ad ottenere la condanna

dell’ASL n. 10 di Firenze ad erogargli gratuitamente la terapia nota come metodo
Diluii, ossia un metodo di rieducazione motoria intensa, continuativa e
personalizzata – conosciuta anche con l’acronimo R.I.C. — per soggetti colpiti da
lesioni midollari.
Con la stessa sentenza di primo grado il Tribunale aveva revocato (rectius:
dichiarato inefficace) il provvedimento cautelare ante causam ex art. 700 c.p.c.
emesso 1’11.6.02 dalla stessa A.G. in favore di Maurizio Casamenti, provvedimento
con cui era stata ordinata all’ASL la prestazione gratuita della terapia R.I.C.
mediante sua esecuzione in via domiciliare e presso un centro specializzato (il
Centro Giusti di Firenze), con onere economico a carico del S.S.N. per tutto il
tempo necessario alla cura.
Con la propria sentenza la Corte toscana, oltre a rigettare l’appello dell’assistito,
accoglieva la domanda dell’ASL, formulata nel giudizio d’appello, ,di restituzione
della somma di £ 82.033,92 (oltre rivalutazione ed interessi) erogata in conseguenza
del suddetto provvedimento cautelare per fare fronte alle spese della terapia
eseguita presso il suddetto Centro Giusti.
Per la cassazione della sentenza emessa dalla Corte territoriale ricorre Maurizio
Casamenti affidandosi a sette motivi.
L’ASL n. 10 di Firenze resiste con controricorso e a sua volta spiega ricorso
incidentale basato su tre motivi, cui il ricorrente principale resiste con, controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente ex art. 335 c.p.c. si riuniscono i ricorsi perché concernenti la
stessa sentenza.

Il ricorso principale
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2

R.G. n. 27361/08
Ud. 20.5.14
Casamenti e. Azienda U.S.L. 10 di Firenze

Con il primo motivo si lamenta vizio di motivazione nella parte in cui l’impugnata
sentenza ha, in contraddizione con le premesse operate circa la lettura
costituzionalmente orientata dell’art. 1 co. 7° d.lgs. n. 502/92, confermato il rigetto
della domanda in base al fatto, accertato dal CTU, della temporaneità degli effetti

migliorativi della terapia R.I.C., fatto che — invece — avrebbe dovuto giustificare la
decisione opposta.
La stessa doglianza viene fatta valere, in sostanza, anche con il secondo motivo,
sempre sotto forma di vizio di motivazione nella parte in cui l’impugnata sentenza
ha negato il diritto del ricorrente malgrado la maggior utilità in astratto della terapia
Dikul rispetto alle altre terapie convenzionali, come accertato dal CTU unitamente
ad un, ancorché modesto, miglioramento funzionale in concreto dello stato di salute
del ricorrente.
Con il terzo motivo ci si duole di violazione e falsa applicazione degli artt. 416,
418 e 669 novies co. 3 0 c.p.c., per avere la Corte territoriale accolto la domanda di
restituzione delle somme erogate dall’ASL n. 10 di Firenze per l’esecuzione della
terapia in oggetto presso il Centro Giusti, nonostante che, trattandosi in realtà di
domanda riconvenzionale, dovesse essere avanzata a pena di decadenza in primo
grado e nelle forme degli artt. 416 e 418 c.p.c. e non già con la memoria difensiva
in appello.
La stessa censura viene sostanzialmente fatta valere anche con il quarto motivo
(sotto forma di nullità del procedimento di primo grado) e con il quinto (sotto forma
di violazione e falsa applicazione dell’art. 669 novies co. 3 0 c.p.c.).
Con il sesto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c.
per avere la Corte territoriale ammesso in sede d’appello l’allegazione e la prova
documentale dell’importo che, a dire dell’ASL, essa avrebbe erogato in
adempimento dell’ordinanza emessa in sede cautelare, poi revocata dalla statuizione
di prime cure.
Con il settimo motivo ci si duole di violazione e falsa applicazione dell’art. 669
novies commi 2° e 3° c.p.c., degli artt. 2, 3, 32 e 38 Cost., nonché dell’art. I commi
1°, 2° e 7 0 d.lgs. n. 502/92, come modificato dall’art. 1 d.lgs. n. 229/99, nella parte
in cui l’impugnata sentenza non ha considerato irripetibili le somme erogate
2

-.

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••••1•1.1.1

.MEIIIM.’.”

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RG. n. 27361/08
Ud. 20.5.19
Casamenti c. Azienda U.S.L. 10 di Firenze

dall’ASL per l’esecuzione di terapie in favore di un invalido civile al 100% come il
ricorrente e in esecuzione d’un provvedimento cautelare emesso dall’A.G.
I primi due motivi del ricorso principale — da esaminarsi congiuntamente perché
sostanzialmente coincidenti — sono infondati.

Con sentenza n. 10692/08 questa Corte ha già avuto modo di enunciare il
principio secondo cui, in tema di erogazione da parte del SSN di cure tempestive
non ottenibili dal servizio pubblico, il relativo diritto, allorquando siglo prospettati
motivi di urgenza suscettibili di esporre la salute a pregiudizi gravi ed irreversibili,
deve essere accertato in base ai presupposti richiesti dalla disciplina dettata in
materia sanitaria dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 1 (nel testo modificato
dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, art. 1, applicabile ratione temporis).
In altre parole, la discrezionalità della pubblica amministrazione nel valutare sia le
esigenze sanitarie di chi chieda una prestazione del Servizio Sanitario Nazionale,
sia le proprie disponibilità finanziarie, viene meno quando l’assistito chieda – come

nel caso di specie – il riconoscimento del diritto all’erogazione di cure tempestive
non ottenibili dal servizio pubblico, facendo valere una pretesa correlata al diritto
alla salute, per sua natura non suscettibile di affievolimento.
L’erogazione di tali cure a carico del SSN non dipende dalla mera scelta
dell’assistito, atteso che, in virtù del principio di efficacia enunciato dalla
normativa, i benefici conseguibili con la prestazione richiesta devono essere posti a
confronto con l’incidenza della pratica terapeutica sulle condizioni di vita del
paziente, dovendosi considerare in particolare – in relazione ai limiti temporali del
recupero delle capacità funzionali – la compromissione degli interessi di
socializzazione della persona derivante dalla durata e gravosità dell’impegno
terapeutico.
La summenzionata sentenza n. 10692/08 ha altresì statuito che la valutazione
espressa dal giudice di merito deve tenere presente il principio di appropriatezza
fissato dalla nonna di legge, in relazione al quale deve essere operato anche il
giudizio di efficacia. Il principio suddetto richiede necessariamente un confronto tra
i risultati positivi della cura e gli eventuali riflessi negativi della terapia stessa sulle
condizioni di vita del paziente.
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R.G. n. 27361/08
Ud. 20.5.14
Casamenti e. Azienda U.S.L. 10 di Firenze

Ciò premesso, l’impugnata sentenza ha esaminato il caso dell’odierno ricorrente
nel rispetto di tali principi di appropriatezza e di efficacia, con motivzione immune
da vizi logico-giuridici. Ha evidenziato – alla luce degli accertamenti svolti dal CTU
— che non vi sono evidenze scientifiche atte a comprovare la validità della terapia

Dilcul (o R.I.C.) e che non è emerso che essa abbia in concreto apportato, sempre
nel caso dell’odierno ricorrente, risultati apprezzabilmente migliori di quelli che si
sarebbero ottenuti praticando gli ordinari cicli di terapia dispensati dal SSN, rispetto
ai quali il metodo R.I.C. si differenzia solo perché la rieducazione motoria è più
intensa, continuativa e personalizzata.
Le contrarie argomentazioni svolte in ricorso scivolano sul piano della
delibazione in punto di fatto, estranea a questa sede.
I motivi terzo, quarto, quinto e sesto — da esaminarsi congiuntamente perché
connessi — sono infondati.
Per costante insegnamento di questa S.C., i provvedimenti restitutori ex art. 669
novies c.p.c. vanno pronunciati d’ufficio dal Tribunale che all’esito del giudizio di
merito abbia accertato l’insussistenza del diritto oggetto di cautela (cfr. Cass. n.
8906/13; Cass. n. 17866/05; Cass. n. 9626/04) e, ove non vi abbia provveduto il
primo giudice, deve farlo — sempre d’ufficio – la Corte d’appello, non trattandosi di
domanda riconvenzionale né essendo neppure teoricamente configurabile a riguardo
un giudicato di irripetibilità per il solo fatto dell’omissione del primo giudice: prova
ne sia che lo stesso art. 669 novies c.p.c., nell’ultimo periodo del co. 3 0 , prevede
che i provvedimenti restitutori o ripristinatori, se non sono stati emessi nella stessa
sentenza che ha accertato l’inesistenza del diritto oggetto di cautela, possono essere
disposti con ordinanza a seguito di ricorso al giudice che ha emesso il
provvedimento.
Anche il settimo motivo è infondato, vuoi perché nessuna delle norme invocate a
tale proposito dal ricorrente prevede irripetibilità di sorta delle somme erogate dal
SSN, vuoi perché, versandosi in tema di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., è
irrilevante che il pagamento sia avvenuto in forza d’un ordine giudiziale poi perento
per accertata insussistenza — all’esito del giudizio di merito – del diritto oggetto di
provvedimento cautelare.
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R.G. n. 27361/08
Ud. 20.5.14
Casamenti c. Azienda U.S.L. 10 di Firenze

Diversamente, si aggirerebbe il chiaro disposto dell’art. 669 c.p.el nella parte in
cui impone il ripristino della situazione quo ante in caso di accertata insussistenza
del diritto.

Il ricorso incidentale
Con il primo motivo del ricorso incidentale si denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e dell’art. 152 disp. att. c.p.e. per avere la
sentenza impugnata rigettato l’appello incidentale sulle spese ed escluso anche
quelle del secondo grado sul presupposto dell’applicabilità dell’art. 152 disp. att.
c.p.c. nel testo anteriore alla novella di cui all’art. 42 co. 11 0 d.l. 30.9.03 n. 269,
convertito, con modificazioni, in legge 24.11.03 n. 326 (novella inapplicabile
ratione temporis nel caso di specie, atteso che il ricorso introduttivo di lite è stato
depositato il 21.6.02): sostiene la ricorrente incidentale che la doppia pronuncia
conforme di rigetto, in primo e secondo grado, della domanda di Maurizio
Casamenti ne dimostra implicitamente la manifesta infondatezza.
Con il secondo motivo si lamenta vizio di motivazione nella parte in cui la Corte
territoriale ha posto le spese di CTU a carico dell’appellata.
La stessa censura viene sostanzialmente fatta valere con il terzo motivo, sotto
forma di violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e dell’art. 152 disp.
att. c.p.c.
Il ricorso incidentale è infondato.
Premesso che la valutazione della temerarietà dell’azione (o della resistenza) in
giudizio è compito precipuo del giudice di merito ed è incensurabile in sede di
legittimità se immune da vizi logici o giuridici (v. Cass. n. 126/92), si tenga
presente che una doppia pronuncia conforme di rigetto in sede di merito di per sé
non dimostra la temerarietà dell’azione, a fortiori in un caso come quello in
oggetto, che ha richiesto apposito accertamento peritale in ordine a terapie non
ancora munite di adeguate sperimentazioni.
Per il resto, il ricorso incidentale si colloca all’esterno dell’area dell’art. 360 co.
10 n. 5 c.p.c., in quanto il vizio di motivazione spendibile mediante ricorso per
cassazione concerne solo la motivazione in fatto, giacché quella in diritto può
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1W n. 27361/08
Ud. 20.5.14
Casamenti c. Azienda U.S.L. IO di Firenze
.

sempre essere corretta o meglio esplicitata, sia in appello che in cassazione (v. art.
384 ult. co . c.p.c.), senza che la sentenza impugnata ne debba in alcun modo
soffrire.

sia corretta ancorché malamente spiegata o non spiegata affatto; se invece risulta
erronea, nessuna motivazione (per quanto dialetticamente suggestiva e ben
costruita) la può trasformare in esatta ed il vizio da cui risulterà affetta la
pronuncia sarà non già di motivazione, bensì di inosservanza o violazione di legge
o falsa od erronea sua applicazione.

In conclusione, entrambi i ricorsi sono da rigettarsi.
La reciproca soccombenza induce a compensare tra le parti le spese del giudizio
di legittimità.
P.Q.M.
La Corte,
riuniti i ricorsi, li rigetta. Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 20.5.14.

Invero, rispetto alla questione di diritto ciò che conta è che la soluzione adottata

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