Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18674 del 30/06/2021

Cassazione civile sez. I, 30/06/2021, (ud. 06/05/2021, dep. 30/06/2021), n.18674

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MELONI Marina – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. SERRAO Eugenia – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 21381/2020 r.g. proposto da:

K.A., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Giovanni Maria Facilla, presso il cui studio è elettivamente

domiciliato in Roma, Via Teodofilo Folengo n. 49.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro.

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia, depositata in

data 19.2.2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

6/5/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Venezia ha rigettato l’appello proposto da K.A., cittadino della Sierra Leone, nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 21.1.2019 dal Tribunale di Venezia, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato nella Sierra Leone; ii) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese perchè perseguitato dopo la sua conversione alla religione cristiana.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, sub art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, che risultava, per molti aspetti, non plausibile, lacunoso e contraddittorio; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito alla Sierra Leone, stato di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che la valutazione di non credibilità escludeva tale possibilità e perchè il ricorrente non aveva dimostrato un saldo radicamento nel contesto sociale italiano.

2. La sentenza, pubblicata il 19.2.2020, è stata impugnata da K.A. con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi. L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di errata valutazione nel giudizio di non credibilità del racconto.

1.1 Il motivo, per come articolato, è inammissibile.

1.1 Sul punto giova ricordare che, in tema di ricorso per cassazione, la deduzione avente ad oggetto la persuasività del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie attiene alla sufficienza della motivazione ed è, pertanto, inammissibile ove trovi applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione novellata dal D.L. n. 83 del 2012, conv., con modificazioni, nella L. n. 134 del 2012 (cfr. ex plurimis Sez. 5, Ordinanza n. 11863 del 15/05/2018; Sez. 5, Ordinanza n. 19547 del 04/08/2017). Detto altrimenti, con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poichè la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità.

Ciò detto, non può sfuggire che il ricorrente tenta, in realtà, di sollecitare questa Corte di legittimità ad una rivalutazione del merito della decisione in punto di scrutinio di credibilità del ricorrente, attraverso deduzioni difensive solo genericamente formulate e tramite la richiesta di rilettura degli atti istruttori, proponendo censure che si pongono ben al di là del perimetro delimitante l’area di cognizione del giudizio di legittimità.

1.2 Sotto altro profilo, la deduzione difensiva – anch’essa solo genericamente formulata – in riferimento alla necessità di audizione giudiziale del richiedente risulta anch’essa inammissibile.

Giova ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, nel procedimento, in grado d’appello, relativo ad una domanda di protezione internazionale, non è ravvisabile una violazione processuale sanzionabile a pena di nullità nell’omessa audizione personale del richiedente, atteso che il rinvio, contenuto nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 13, al precedente comma 10, che prevede l’obbligo di sentire le parti, non si configura come un incombente automatico e doveroso, ma come un diritto della parte di richiedere l’interrogatorio personale, cui si collega il potere officioso del giudice d’appello di valutarne la specifica rilevanza (cfr. Sez. 6, Ordinanza n. 3003 del 07/02/2018, cfr. anche: Sez. 6, Ordinanza n. 24544 del 21/11/2011).

2. Con il secondo mezzo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a, b e c, quanto al rischio collegato alla pericolosità interna del paese di provenienza e al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria in relazione al grave danno di cui dell’art. 14, predette lett. a e b.

2.1 Anche questo motivo è inammissibile.

Va evidenziato, in relazione alla dedotta violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), denunciata con riguardo al mancato approfondimento istruttorio officioso relativo alla situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che, alla stregua delle indicazioni ermeneutiche impartite da questa Corte, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (Grande Sezione, 18 dicembre 2014; C-542/13, par. 36; C-285/12; C-465/07), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Sez. 6 1, Ordinanza n. 13858 del 31/05/2018).

Il motivo – articolato in relazione al diniego della reclamata protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c – è inammissibile perchè volto a sollecitare questa Corte ad una rivalutazione delle fonti informative per accreditare, in questo giudizio di legittimità, un diverso apprezzamento della situazione di pericolosità interna della Sierra Leone, giudizio quest’ultimo inibito alla corte di legittimità ed invece rimesso alla cognizione esclusiva dei giudici del merito, la cui motivazione è stata articolata – sul punto qui in discussione – in modo adeguato e scevro da criticità argomentative, avendo specificato, anche tramite la consultazione di qualificate fonti informative internazionali (c.o.i.), che nel paese di provenienza del ricorrente non si assiste ad un conflitto armato generalizzato, tale da integrare il pericolo di danno protetto dalla norma sopra ricordata.

3.2 Quanto all’ulteriore richiesta di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a e b, le censure qui riproposte sono inammissibili perchè non colgono la ratio decidendi della motivazione impugnata, e cioè la valutazione di non credibilità del racconto, profilo – a dire il vero – per il quale sono state avanzate censure solo irricevibili nel primo motivo di ricorso.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione dell’art. 10 Cost., comma 3, per la mancata concessione del diritto di asilo.

3.1 Il motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c..

Sul punto, la giurisprudenza di questa Corte è infatti ferma nel ritenere che il diritto di asilo è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste nei tre istituti costituiti dallo “status” di rifugiato, dalla protezione sussidiaria e dal diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, ed D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, cosicchè non v’è più alcun margine di residuale diretta applicazione del disposto di cui all’art. 10 Cost., comma 3 (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 10686 del 26/06/2012; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 16362 del 04/08/2016).

Orbene, a fronte della ricordata granitica giurisprudenza espressa nella subiecta materia da questa Corte di legittimità, il ricorrente non ha neanche indicato le ragioni per le quali sarebbe auspicabile un superamento dei sopra ricordati arresti giurisprudenziale.

Ne consegue l’inammissibilità della censura.

4. Con il quarto mezzo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e art. 5, comma 6, in relazione al diniego della richiesta protezione umanitaria.

4.1 Il motivo è inammissibile posto che lo stesso neanche si confronta con le rationes poste alla base del contestato diniego dell’invocata tutela protettiva, e cioè, da un lato, la valutazione di non credibilità del racconto (profilo in relazione al quale il ricorrente ha solo avanzato censure irricevibili nel primo motivo) e, dall’altro, la mancata integrazione del richiedente nel tessuto sociale italiano.

5. Con il quinto motivo si chiede la sospensione dell’esecutività del provvedimento impugnato.

Il motivo è inammissibile, posto che, ai sensi dell’art. 373 c.p.c., comma 1, l’istanza di sospensione della sentenza impugnata deve essere indirizzata al giudice a quo.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 6 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2021

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