Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18673 del 12/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 12/09/2011, (ud. 12/07/2011, dep. 12/09/2011), n.18673

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 614-2008 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PULLI CLEMENTINA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

R.C., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato CIMINO GIUSEPPE, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1922/2006 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 20/12/2006 R.G.N. 1334/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/07/2011 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

CESQUI Elisabetta che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 20.4.2005 il Tribunale di Verbania accoglieva il ricorso proposto da R.C. inteso ad ottenere la condanna dell’INPS alla corresponsione della pensione di vecchiaia mediante l’utilizzazione dei contributi versati in Italia e in Svizzera, nonchè dei contributi figurativi relativi a tre periodi di maternità fuori dei rapporti di lavoro.

2. Avverso tale sentenza, proponeva appello l’INPS e la R. si costituiva con memoria, chiedendo la reiezione del gravame.

Con sentenza del 6.12/20.12.2006, la Corte d’appello di Torino respingeva il gravame dell’istituto e condannava l’appellante a rimborsare all’appellata le spese del giudizio.

3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione l’INPS con due motivi. Resiste con controricorso la parte intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata.

2.Con il primo motivo di ricorso l’Istituto ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2114 c.c. nonchè della L. n. 4 del 1971, artt. 1, 2, 4, 5, 6 e 9 e del D.Lgs. n. 564 del 1996, art. 2.

Osserva il ricorrente che il D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 25 ha si previsto la possibilità dell’accredito di contribuzione figurativa per periodi di maternità al di fuori del rapporto di lavoro con l’effetto che l’estensione della copertura assicurativa opera retroattivamente come se il periodo predetto fosse coperto da contribuzione con i conseguenti effetti sul rapporto previdenziale.

Questo beneficio, però, può operare soltanto se all’epoca in cui la lavoratrice era in maternità,era vigente la normativa sull’assicurazione obbligatoria per la maternità. Invece, nella specie, i tre periodi di maternità della ricorrente erano ricadenti tutti in epoca precedente alla data 3 giugno 1963 e quindi non rientravano nel periodo in cui la legislazione italiana prevedeva l’assicurazione obbligatoria per la lavoratrice subordinata in maternità, istituita solamente a partire dal 17 gennaio 1972.

Con il secondo motivo di ricorso l’istituto ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. del 2001, art. 25 con riferimento agli artt. 1, 18 e 44 del regolamento comunitario n. 1408 del 1971. Deduce che l’art. 25 citato prevede che t periodi corrispondenti al congedo di maternità di cui agli artt. 16 e 17 del Decreto Legislativo citato, verificatesi al di fuori del rapporto di lavoro, sono considerati utili ai fini pensionistici a condizione che il soggetto possa far valere, all’atto della domanda, almeno cinque anni di contribuzione versata in costanza di rapporto di lavoro. Il presupposto, quindi, del beneficio di questa contribuzione figurativa è la sussistenza di un’anzianità di contribuzione di almeno cinque anni, che la originaria ricorrente nella specie raggiungeva in realtà soltanto considerando anche la contribuzione versata in Svizzera. Secondo l’Istituto ricorrente questo requisito contributivo minimo non era integrabile con la contribuzione versata in Svizzera, poichè l’accredito figurativo non poteva essere ritenuto una “prestazione” ai sensi dell’art. 1 del regolamento comunitario; e, comunque, dall’ari. 9 del medesimo regolamento, che considera la rilevanza della contribuzione ai fini dell’assicurazione volontaria e facoltativa, poteva trarsi argomento a contrario per ritenere che l’anzianità contributiva maturata in Svizzera non rilevasse ai fini della beneficio della contribuzione figurativa in Italia.

3. Il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto si fonda su una circostanza di fatto nuova, che non risulta dalla sentenza impugnata, nè nel ricorso è indicato che tale circostanza appartenesse alla fatti di causa ed erroneamente non fosse stata considerata dalla Corte d’appello. L’Istituto ricorrente, infatti, deduce che vi sono stati tre periodi di maternità, tutti i precedenti la L. n. 1204 del 1971, entrata in vigore il 17 gennaio 1972, che ha introdotto la tutela della lavoratrice subordinata riconoscendone il diritto in costanza di rapporto di lavoro all’astensione obbligatoria per maternità. Dalla sentenza impugnata non risulta affatto che l’istituto abbia opposto alla lavoratrice ricorrente, che vantava il diritto alla contribuzione figurativa, la circostanza che i periodi di maternità fossero tutti assai risalenti nel tempo e segnatamente anteriori alla L. del 1971. Si tratta, quindi, di una circostanza di fatto nuova, mai dedotta in precedenza dall’INPS e sulla quale non si può fondare l’argomentazione in diritto svolta dall’Istituto ricorrente.

Il motivo è, pertanto, inammissibile.

4. Il secondo motivo di ricorso è infondato.

Il D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 25 prevede come presupposto per il riconoscimento della contribuzione figurativa relativamente a periodi di maternità fuori dal rapporto di lavoro un’anzianità contributiva di almeno cinque anni. Questo requisito minimo risulta, nella specie, integrato dalla ricorrente totalizzando la contribuzione versata in Italia e quella versata in Svizzera. Ed infatti l’impugnata sentenza conferma quanto accertato dal giudice di primo grado, ossia che la sommatoria delle due contribuzioni è superiore al requisito minimo prescritto dall’art. 25.

Può aggiungersi che, alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 151 del 2001, la lavoratrice era iscritta all’assicurazione generale obbligatoria e non era invece titolare di trattamento pensionistico.

Pertanto, nella specie non rileva la norma sopravvenuta – ossia la L. n. 244 del 2000, art. 2, comma 504, (Legge Finanziaria per il 2008) – che ha interpretato autenticamente l’art. 25 citato nel senso che il beneficio della contribuzione figurativa non si applica in favore di lavorataci già titolari di trattamenti pensionistici.

Rileva, invece, la disciplina comunitaria e, segnatamente, in generale, l’art. 48 del Trattato della comunità Europea, che assicura ai lavoratori migranti dipendenti e autonomi il diritto al cumulo di tutti periodi contributivi presi in considerazione dalle varie legislazioni nazionali sia per il sorgere che per la conservazione del diritto alle prestazioni previdenziali. Tale principio del cumulo o della totalizzazione dei periodi contributivi e delle contribuzioni ha trovato, poi, l’attuazione nell’art. 45 della regolamento comunitario n. 1408 del 1971 (applicabile ratione temporis) che appunto prescrive che si tiene conto di detti periodi di contribuzione come se si trattasse di periodi compiuti sotto la legislazione del paese membro la cui normativa trovi applicazione in ragione della prestazione richiesta dal lavoratore migrante. L’art. 1 del regolamento chiarisce, poi, che i termini di prestazioni, pensioni e rendite designano indistintamente tutti tali trattamenti di carattere previdenziale. Quindi il beneficio della totalizzazione è diretto – come previsto dall’art. 45 cit. – al mantenimento o al recupero del diritto alle “prestazioni”, intendendo per prestazioni un trattamento di tipo previdenziale e tale è certamente nella specie il diritto alla pensione di vecchiaia vantato dalla ricorrente in ragione dei contributi effettivi maturati anche in Svizzera, ai quali devono aggiungersi i contributi figurativi per i periodi di maternità, con conseguente superamento della soglia minima di 781 contributi.

Nella specie il criterio della totalizzazione è stato applicato per integrare il requisito minimo contributivo al fine di riconoscere alla lavoratrice il diritto alla contribuzione figurativa per i periodi di maternità.

Argomento confermativo di tale criterio può desumersi proprio dall’art. 9 del regolamento comunitario, che assicura l’applicabilità del principio della totalizzazione dei periodi di contribuzione ai fini della assicurazione volontaria o facoltativa;

ciò che esprime un principio più ampio di rilevanza dei periodi contributivi maturati nei vari paesi della comunità.

Deve, poi, aggiungersi – anche se ciò è pacifico tra le parti – che la contribuzione maturata dalla lavoratrice in Svizzera è equiparata alla contribuzione maturata in un paese della comunità Europea in ragione dell’accordo intervenuto (il 21 giugno 1999) tra la Confederazione elvetica e la Comunità Europea, per effetto del quale ha trovato applicazione il regolamento comunitario suddetto a partire dal 1 giugno 2002.

In proposito può, poi, anche richiamarsi la pronuncia di questa corte (Cass., sez. lav., 2 marzo 2004, n. 4248) che, proprio in tema di cumulo dei periodi contributivi maturati dai lavoratori nei paesi della Comunità Europea, ha affermato che, dal momento che la Legge Nazionale 7 febbraio 1979 n. 29 subordina la facoltà della ricongiunzione per i lavoratori autonomi all’esistenza, all’atto della domanda, di un periodo contributivo almeno quinquennale immediatamente precedente nell’assicurazione generale obbligatoria I.V.S dei lavoratori dipendenti, resta escluso, in forza delle fonti comunitarie (art. 10 del Regolamento CEE n. 1408/71 del 14 giugno 1971 conformemente al principio fissato dall’art. 51 de Trattato di Roma) che tale periodo debba esser stato effettuato o debba comunque valere nell’ambito dell’assicurazione nazionale, essendo possibile la ricongiunzione in presenza di contributi versati in un’assicurazione estera.

5. Il ricorso va quindi rigettato.

Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna l’INPS alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 20 per esborsi, Euro 3.000,00 (tremila) per onorario, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2011

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