Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18672 del 23/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 23/09/2016, (ud. 14/07/2016, dep. 23/09/2016), n.18672

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Istituto di Pubblica Assistenza e Beneficenza “Principe di Palagonia

e Conte Ventimiglia”, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza del Fante 2,

presso l’avv. Giovanni Palmeri, rappresentato e difeso dall’avv.

Prof. Angelo Cuva, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Sicilia (Palermo), Sez. 19, n. 1/19/09 del 16 luglio 2008,

depositata l’8 gennaio 2009, non notificata;

Udita la relazione svolta nella Pubblica Udienza del 14 luglio 2016

dal Relatore Cons. Raffaele Botta;

Udito l’avv. Giovanni Palmeri per delega per la parte ricorrente;

Udito il P.M., nella persona del sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne l’impugnazione di un avviso di accertamento per INVIM straordinaria per un terreno di proprietà dell’IPAB in (OMISSIS), Fondo (OMISSIS), il cui valore era determinato sulla base di una stima UTE e si basava “su un metodo sintetico-comparativo, avuto riguardo all’andamento del mercato immobiliare nel triennio antecedente la data di riferimento”.

L’ente opponeva il difetto di motivazione dell’atto impositivo, nonchè l’infondatezza dello stesso data l’incongruità dei valori accertati in relazione alla ubicazione del terreno in zona periferica degradata, alla reale estensione dello stesso, per essere state valutate anche particelle che al tempo dell’accertamento erano già state oggetto di esproprio, e all’assenza di destinazione urbanistica.

La Commissione adita rigettava il ricorso e la decisione era confermata in appello, con la sentenza in epigrafe, avverso la quale l’IPAB propone ricorso per cassazione con quattro motivi, tutti in punto di motivazione. L’amministrazione resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVAZIONE

1. Con il primo motivo, l’ente denuncia “omessa motivazione su un fatto decisivo ai fini della controversia attinente la erronea individuazione delle particelle di terreno tassate che non tiene conto di un esproprio precedente avvenuto nel (OMISSIS)”.

2. La censura, che nello svolgimento delle argomentazioni è anche prospettata come omessa pronuncia (ma infondatamente, perchè si tratta semmai di rigetto implicito), si palesa inammissibile per difetto di autosufficienza In relazione alla specifica identificazione delle particelle nell’atto impositivo e alla rilevanza eventuale del valore attribuibile alle particelle supposto oggetto di esproprio nel calcolo complessivo del valore del terreno oggetto di accertamento.

2.1. Non sussiste l’asserita mancanza di motivazione: il giudice di merito ha affermato che l’ente non ha fornito alcun elemento di prova del proprio assunto e il ricorrente nemmeno indica nel proprio ricorso quali fossero invece gli elementi presenti nel giudizio dai quali emergeva la dimostrazione di quanto da esso sostenuto.

3. Con il secondo motivo, l’ente denuncia “omessa motivazione su un fatto decisivo ai fini della decisione consistente nella mancata valutazione in sede di stima della “volumetria realizzabile” nel terreno”.

4. Valgono in proposito le considerazioni già svolte con riferimento al precedente motivo di ricorso, evidenziandosi il difetto di ogni elemento atto a smentire concretamente e in modo circostanziato quanto osservato dal giudice di merito circa l’attento esame da parte dell’organo tecnico delle caratteristiche dell’immobile e dell’indice di edificabilità. La censura, inoltre, finisce per chiedere al giudice di legittimità una valutazione di congruità dei valori che allo stesso è inibita.

5. Con il terzo e quarto motivo, l’ente denuncia “omessa o insufficiente motivazione su un fatto decisivo ai fini della controversia relativo alla erronea qualificazione dell’area come area edificabile residenziale e l’inattendibilità del metodo definito “sintetico-comparativo” utilizzato per la stima” (terzo motivo) e l’omessa pronuncia sulla medesima questione prima dedotta sotto il profilo del vizio di motivazione (quarto motivo).

6. Le censure – precisato che è comunque da escludere un’omissione di pronuncia, potendosi solo parlare di rigetto implicito delle eccezioni che l’ente afferma di aver sollevato in giudizio – presentano i medesimi profili di inammissibilità e infondatezza riscontrati in precedenza, mancando di rilevare che nel quadro motivazionale della sentenza impugnata non assume alcuna rilevanza un supposto utilizzo del metodo sintetico-comparativo da parte dell’amministrazione nella valutazione del bene: sicchè il riferimento al metodo si traduce in una censura rivolta all’atto impositivo e non alla sentenza impugnata.

6.1. Quest’ultima in verità riconosce la legittimità dell’accertamento in ragione dell’attento esame delle “le caratteristiche dell’immobile”, della ubicazione del medesimo e del relativo indice di edificabilità, della consistenza del bene e dei prezzi di mercato all’epoca praticati: sul punto nessuna adeguata critica è formulata dal ricorrente che, ancora una volta, si limita a manifestare il proprio dissenso, con la chiara volontà di far prevalere le proprie valutazioni mediante una inammissibile revisione del giudizio di merito.

7. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese della presente fase del giudizio che liquida in complessivi Euro 2.300,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 14 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2016

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