Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18671 del 12/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 12/09/2011, (ud. 12/07/2011, dep. 12/09/2011), n.18671

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 140, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO TOMMASINO,

rappresentato e difeso dall’avvocato PASSARETTI GIUSEPPE, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI

GIUSEPPE, STUMPO VINCENZO, TADRIS PATRIZIA, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4928/2007 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/08/2007 R.G.N. 1300/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/07/2011 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato TADRIS PATRIZIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 Con ricorso depositato in data 7 settembre 2001, l’INPS proponeva opposizione a acerete ingiuntivo n. 1174/2001 emesso dal Tribunale di S. Maria C. Vetere, con il quale era stato ingiunto all’Ente Previdenziale di pagare la somma di L. 2493,00 a titolo di rivalutazione ed interessi sul T.F.R corrisposto a G.C. quale ex dipendente della Ditta Morteo Industrie S.p.A. in amministrazione straordinaria.

L’Istituto sosteneva l’infondatezza della pretesa avversaria, avendo già provveduto ad erogare il trattamento di fine rapporto e gli oneri accessori calcolati alla data di cessazione del rapporto di lavoro, avvenuta in data 5 giugno 2000. Deduceva inoltre, che nel periodo intercorrente tra la data di entrata in amministrazione straordinaria della Morteo Industrie S.p.A. (6 dicembre 2005)- e quella del licenziamento (5 giugno 2000) aveva provveduto ad erogare all’appellato il trattamento di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria e sulla parte della stessa integrazione salariale, anche il trattamento di fine rapporto.

Ritualmente instauratosi il contraddittorio si costituiva l’opposto, che contestava la fondatezza dei motivi di opposizione, di cui chiedeva il rigetto.

Il Tribunale di S Maria C. Vetere, con sentenza n. 9901/2003, rigettava l’opposizione proposta.

2 Avverso tale decisione l’Inps proponeva tempestivo appello con ricorso depositato presso Corte di Appello di Napoli lamentando che il Tribunale di S. Maria C. Venere avesse erroneamente ritenuto che gli interessi sul T.F.R. maturassero con decorrenza dalla data di dichiarazione dello stato di insolvenza della Società Morteo Industria S.p A. (6 dicembre 2005), e, non dalla cessazione del rapporto (5 giugno 2000).

Quindi chiedeva che, in riforma della sentenza impugnata, l’opposizione venisse accolta con revoca del decreto ingiuntivo.

Costituitosi in giudizio, G.C. contestava la fondatezza dei motivi di gravame, di cui chiedeva il rigetto.

Con sentenza n 4928/07, depositata il 10.8.2007, la Corte d’Appello di Napoli ha accolto l’appello proposto dall’Istituto e, in riforma della sentenza impugnata, ha accolto l’opposizione e revocato il provvedimento monitorio emesso dal Tribunale di S Maua C. Vetere compensando le spese di entrambi, i gradi del giudizio.

3 Avverso questa pronuncia ricorre, per cassazione il G., con due motivi di impugnazione.

Resiste con controricorso l’istituto previdenziale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata.

2 Con il ricorso, articolato in un due motivi il G. ha dedotto:

A) Violazione e falsa applicazione della L. n. 301 del 1979, L. n. 297 del 1982 e D.L. n. 80 del 1992 in relazione all’art. 429 c.p.c., assumendo che, come argomentato da giurisprudenza costante, il rapporto lavorativo è venuto a cessare alla data di entrata in amministrazione straordinaria, ossia il 6.12.1995 (Cass. 9698/98) stante la cessazione automatica prevista in tenia di fallimento e liquidazione coatta amministrativa, e quindi anche di amministrazione straordinaria.

B) carenza di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, 4 – 5 rilevando che la Corte territoriale non ha tenuto conto di quanto accertato nei prospetti di liquidazione dell’INPS prodotti, dai quali chiaramente si evinceva, che la data di cessazione del rapporto era quella coincidente con l’entrata del datore, in amministrazione straordinaria Formula, all’esito della parte argomentativa, dei motivi, quesiti di diritto ex art. 366 bis c.p.c., domandando se il rapporto di lavoro subordinato di lavoratore dipendente cessa nel momento in cui il suo datore entra in amministrazione straordinaria prevista dalla L. n. 291 del 1982 e dal D.Lgs. n. 80 del 1992 e se, per tale, rapporto, cessato a tale data, il TFR deve essere corrisposto e quantificato in tale momento: se il credito per t.f.r.

conserva la propria natura retributiva quando sia fatto valere nei confronti del Fondo in forza delle norme citate e come tale sia comprensivo di interessi e rivalutazione monetaria che costituiscono parte integrante del credito di lavoro.

3. Il ricorso è infondato.

Dalla sentenza impugnata risulta che il licenziamento è stato intimato in data 5 giugno 2000 e, quindi, a quella data è cessato il rapporto e non già al 6 dicembre 1995, allorchè la società Morteo Industrie spa, è stata ammessa alla procedura concorsuale dell’amministrazione straordinaria ed il G. – è stato collocato in cassa integrazione.

La circostanza dell’ammissione allo stato passivo dell’ammontare del t.f.r. maturato dal lavoratore fino alla data della procedura concorsuale non è sufficiente a ritenere che a quella data si fosse estinto il rapporto di lavoro, tanto più che il collocamento in cassa integrazione implicava all’opposto la sospensione del rapporto.

Nè dal principio posto dalla L. Fall., art. 55, comma 2, secondo cui debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti, agli effetti del concorso alla data di dichiarazione del fallimento, principio applicabile anche all’amministrazione straordinaria, e possibile dedurre l’immediata esigibilità del trattamento di fine rapporto prima ancora della risoluzione del rapporto di lavoro, atteso che il diritto del lavoratore sorge solo a seguito di tale risoluzione del rapporto.

Al contrario questa Corte (Cass., sez. lav., 23 giugno 2001, n. 8617) ha affermato che, ai sensi dell’art. 2119 cod. civ., comma 2, la cessazione del rapporto di lavoro non deriva automaticamente dal fallimento dell’imprenditore o dalla liquidazione coatta amministrativa dell’azienda, ma può aversi per effetto del licenziamento intimato dal curatore o dal liquidatore ovvero a causa della dissoluzione della realtà aziendale, la quale, a sua volta, non si riconnette necessariamente alla mancata continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa, ben potendo il bene giuridico azienda sopravvivere alla mera cessazione dell’attività per un periodo più o meno lungo (conf. Cass. sez. lav. 26 gennaio 1988, n. 648).

Neanche, sotto altro profilo, potrebbe, poi, ipotizzarsi che il rapporto sia proseguito solo “fittiziamente” (L. n. 301 del 1979, ex art. 2, che ha introdotto la L. n. 675 del 1977, art. 25, comma 7) dopo la data del collocamento della società in amministrazione straordinaria e quindi nulla autorizza a retrodatare a tale data la risoluzione del rapporto di lavoro comunicata con il licenziamento intimato il 5 giugno 2000: data alla quale peraltro la cit. legge, art. 25, comma 7, risultava abrogato dalla L. n. 223 del 1991, art. 3, (Cfr.: in proposito con riferimento alla fattispecie della sospensione del licenziamento, dalla quale nella specie può argomentarsi a fortiori – Cass,. sez. lav. 28 ottobre 2003, n. 16205 che ha affermato che nell’ipotesi di licenziamento (collettivo) i cui effetti siano rimasti sospesi a norma della L. 27 luglio 1979, n. 301, art. 2, i lavoratori rimasti disoccupati per effetto del licenziamento hanno diritto, nel concorso, degli altri presupposti di legge all’indennità di mobilità a norma della L. n. 223 del 1991, artt. 7 e 16, atteso che, comportando la sospensione nel licenziamento non l’estinzione, ma la prosecuzione dei rapporti di lavoro i licenziamenti devono intendersi verificati solo al momento in cui sono divenuti definitivamente efficaci. A maggior ragione, quindi il rapporto deve ritenersi risolto per effetto del licenziamento la cui efficacia non sia stata sospesa ai sensi della speciale normativa citata (cfr. anche Cass. sez. lav. 8 luglio 2009 n. 15978, che, in riferimento a tale speciale normativa, ha affermato che, il trattamento di fine rapporto si compone di due quote distinte, l’una facente capo al datore, che l’Inps si limita ad accollarsi e una seconda, che presenta tratti peculiari poichè matura in un periodo in cui non si svolge attività lavorativa, e fa capo direttamente all’INPS).

4 – Il ricorso va quindi respinto, assorbito ogni altro rilievo proposto, e l’impugnata sentenza va pertanto confermata.

Ne vi e luogo a condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche apportate dal D.L. n. 269 del 2003 (conv. in L. n. 326 del 2003) nella specie inapplicabile ratione temporis.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso.

Nulla per spese.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2011

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