Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18669 del 08/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/09/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 08/09/2020), n.18669

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1389-2019 proposto da:

CO.VI.M. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ARMANDO DANILO

PECORARO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4729/24/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 18/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

 

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

La COVIM s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro la sentenza resa dalla CTR Campania indicata in epigrafe, con la quale è stato dichiarato inammissibile per assenza di specifici motivi di censura della sentenza impugnata e per assoluta genericità delle conclusioni rassegnate l’appello proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva ritenuto legittimo l’avviso di accertamento emesso a carico della contribuente per la ripresa a tassazione di imposte per l’anno 2010 in relazione all’omesso deposito dei documenti contabili attestanti i crediti e le detrazioni IVA. L’Agenzia delle entrate non si è costituita.

La ricorrente deduce, con il primo motivo, la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53. La CTR, reiterando l’omissione nella quale era incorso il giudice di primo grado, avrebbe omesso di rispondere al quesito già esposto innanzi alla CTP, a tenore del quale si era evidenziato come i crediti riportati in bilancio nell’anno 2009 non avrebbero potuto determinare una base imponibile se riscossi successivamente a tale anno d’imposta. Questione non esaminata nemmeno dal giudice di appello.

Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 112 c.p.c., prospettando l’omessa pronunzia sulla domanda esposta nel primo motivo di ricorso.

Il primo motivo è infondato e determina l’assorbimento del secondo.

Ed invero, la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che “la specificità dei motivi di appello (finalizzata ad evitare un ricorso generalizzato e poco meditato al giudice di seconda istanza) esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico giuridico delle prime, ragion per cui alla parte volitiva deve sempre accompagnarsi una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice. Tale esigenza, tuttavia, non può impedire che il dissenso della parte soccombente investa la decisione impugnata nella sua interezza e che esso si sostanzi proprio in quelle argomentazioni che suffragavano la domanda disattesa dal primo giudice essendo innegabile che, in tal caso, sottoponendo al giudice d’appello dette argomentazioni – perchè ritenute giuste e idonee al conseguimento della pretesa fatta valere -, si adempia pienamente all’onere di specificità dei motivi” – cfr. Cass. n. 14908/2014, Cass., n. 22510/2015, Cass., n. 13007/2015 -.

Si è ancora aggiunto, di recente, proprio dalle Sezioni Unite di questa Corte, che “(…) gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice. Resta tuttavia escluso, in considerazione della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l’atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado” – cfr. Cass., S.U., n. 27199/2017 -.

A tali principi si è conformato il giudice di appello.

Ed infatti, la CTP, per come risulta dallo stralcio di motivazione riportato dalla parte ricorrente, aveva giustificato la legittimità della ripresa a tassazione dell’ufficio in relazione al mancato deposito della documentazione contabile relativa ai bilanci del 2014, dalla quale secondo il giudice di primo grado sarebbe dovuto emergere la mancata riscossione dei crediti riportati nel bilancio 2009 e dunque l’esclusione che tali crediti concorressero alla determinazione della base imponibile per i redditi dell’anno 2010 e alla mancata giustificazione documentale dei costi relativi alla pretesa detrazione IVA alla quale, secondo il giudice di primo grado, la parte contribuente non aveva provveduto.

Orbene, la società COVIM, invece di contestare in modo specifico tali assunti esposti dal giudice di primo grado, ha limitato la propria impugnazione circoscrivendola all’argomento, già esposto in quella fase, relativo all’impossibilità di poter considerare come base imponibile un credito maturato nell’anno 2009 se riscosso successivamente. Ora, a fronte di una motivazione della sentenza del primo giudice che aveva attribuito valore decisivo sia all’assenza dei bilancio 2014 per escludere la prova della riscossione dei crediti nell’anno 2010, sia alla mancata dimostrazione dei costi detraibili ai fini IVA, l’impugnazione è stata giustamente ritenuta priva di specifici motivi, non avendo aggredito la ratio decidendi della pronunzia di primo grado, rivolta a sostenere che i crediti d’imposta per l’anno 2009 erano stati riscossi nell’anno 2010 e che non era stata fornita la prova dei costi detraibili.

Sulla base di tali considerazioni il primo motivo di ricorso va rigettato.

Il secondo motivo di ricorso, in relazione all’esito del primo motivo, rimane assorbito.

Il ricorso va quindi rigettato.

Nulla sulle spese, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2020

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