Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18666 del 08/09/2020

Cassazione civile sez. lav., 08/09/2020, (ud. 10/07/2020, dep. 08/09/2020), n.18666

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15292/2016 proposto da:

M.A., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato RAFFAELE IANNOTTA;

– ricorrente –

contro

PLASTIC COMPONENTS AND MODULES AUTOMOTIVE S.P.A., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, 19, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE DE

LUCA TAMAJO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

MARIA DI BIASE, FRANCESCO AMENDOLITO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8540/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/12/2015 R.G.N. 5417/2013.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con ricorso depositato in data 7.7.07; diretto al Tribunale di Cassino, M.A. conveniva in giudizio la S.G. Plastica s.p.a., di cui era stata dipendente dal 1.3.06 al 31.1.07, chiedendone la condanna, ai sensi degli artt. 2043 e 2087 c.c. e della normativa in materia di sicurezza sul lavoro, al risarcimento di tutti i danni (biologico, morale ed alla vita di relazione) quantificati in Euro 700.000, da essa ricorrente in tesi patiti a causa della violazione, da parte della società, delle norme in materia di tutela della salute.

La società restava contumace, sicchè il Tribunale, istruita la causa ed espletata c.t.u. medico legale, con sentenza del 13.2.13, respingeva la domanda per assenza di nesso eziologico tra le patologie lamentate e l’ambiente di lavoro.

Avverso la predetta decisione proponeva appello la M. lamentandone l’erroneità e chiedendo l’accoglimento delle proprie domande convenendo in giudizio la PLASTIC COMPONENTS AND MODULES AUTOMOTIVE s.p.a..

La società appellata si costituiva in giudizio resistendo al gravame ed in particolare eccependo l’inammissibilità dell’impugnazione per difetto assoluto di legittimazione passiva trattandosi di soggetto giuridico del tutto differente rispetto alla S.G. Plastica s.p.a. (pur cessionaria di ramo d’azienda della PCMA, ma in epoca successiva (1/08) allorquando la M. non era più dipendente della SGP (31.1.07).

Con sentenza depositata l’11.12.15, la Corte d’appello di Roma dichiarava per tale ragione l’appello inammissibile.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la M., affidato a due motivi, cui resiste la società con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la nullità della sentenza e/o del procedimento per inesistenza e/o nullità del mandato ad litem della società, evidenziando che la società PCMA, costituitasi in appello per via telematica senza detta procura al difensore, riconducibile ad un periodo anteriore alla costituzione in giudizio, non aveva neppure depositato l’atto notarile con cui il L.R. della società ( Z.) sarebbe stato investito del potere di conferire la procura ad litem ai difensori.

Il motivo è infondato.

Dalla documentazione in atti risulta infatti che la CPMA depositò per via telematica il ricorso in appello notificatole e la procura ad litem che può configurarsi, ex art. 83 c.p.c. e D.M. n. 44 del 2011, art. 18, comma 5, nel processo civile cd. telematico, come atto autonomo, che dunque e peraltro non consente di dubitare dell’anteriorità della procura rispetto alla costituzione in giudizio.

Quanto ai poteri del Dott. Z. sono stati indicati gli estremi della procura notarile del 2008 con cui essi gli vennero conferiti. Trattasi peraltro di eccezione che la parte interessata deve opporre con la prima difesa, a norma dell’art. 157 c.p.c., facendo così carico alla parte istante d’integrare con la prima replica la eventuale lacunosità dell’atto iniziale (Cass. SU n. 4810/05, Cass. n. 21205/13).

In ogni caso occorre assorbentemente evidenziare che l’appello è stato proposto nei confronti di soggetto che non fu parte del giudizio di primo grado, e come tale privo di legittimazione passiva, questione rilevabile dal giudice anche d’ufficio.

2.- Con il secondo motivo la M. denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), e cioè la data di effettiva cessazione del rapporto con la SGP, da individuarsi al 31.12.07 e non alla data 31.1.07, con la conseguenza che il suo rapporto lavorativo doveva intendersi proseguito con la PCMA cessionaria del ramo di azienda dal 1.1.08 cui essa era adibita.

Il motivo è infondato per la decisiva ragione che comunque il rapporto di lavoro de quo risulterebbe cessato (a prescindere dalle argomentate e contrarie argomentazioni di controparte) il 31.12.07 mentre la PCMA sarebbe divenuta cessionaria del ramo di azienda (di cui difetta la prova dell’appartenenza ad esso della M.) solo il 1.1.08.

In ogni caso la sentenza impugnata ha chiaramente accertato che: “nel ricorso in appello non è stata assolutamente indicata la ragione per la quale è stata convenuta in giudizio una società differente rispetto a quella convenuta in primo grado; inoltre, nel corso della odierna udienza di discussione il difensore dell’appellante non ha contestato in modo specifico quanto dedotto dalla, società appellata nella propria memoria di costituzione, essendosi limitato a chiedere l’espletamento di una nuova c.t.u. medico legale…”, con la conseguenza, esattamente indicata dalla difesa CPMA, che deve ritenersi non contestata la cessazione del rapporto di lavoro con la SG al 31.1.07; che con decorrenza dalla data del 1.1.08 (un pnno dopo) la SG Plastica s.p.a. aveva ceduto ex art. 2112 c.c., in favore della Industrie Plastica S.p.A. il complesso aziendale costituito dal sito di (OMISSIS) tra i cui addetti non vi era pertanto la M., sicchè, peraltro, le diverse argomentazioni e censure della lavoratrice non sono ammissibili in questa sede in base dell’art. 360 c.p.c., comma 1, novellato n. 5.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5.600,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a.. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 10 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2020

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