Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18665 del 11/07/2019

Cassazione civile sez. un., 11/07/2019, (ud. 12/03/2019, dep. 11/07/2019), n.18665

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente f.f. –

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente di Sez. –

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di Sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21831-2018 proposto da:

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO BERNARI

87, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO CUPELLI, rappresentato e

difeso dall’avvocato LUIGI SANTARELLI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI PALU’ DEL FERSINA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA CRISTINA

OSELE;

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 7, presso lo

studio dell’avvocato ACHILLE CHIAPPETTI, che la rappresenta e

difende;

– controricorrenti –

e contro

C.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1914/2018 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 27/03/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/03/2019 dal Consigliere ENRICA D’ANTONIO.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1.Il Consiglio di Stato, in riforma della sentenza del Tribunale Regionale della Giustizia Amministrativa della Provincia di Trento, ha rigettato il ricorso di G.G. con cui questi aveva impugnato la determinazione del 26/4/2006 del commissario ad acta del Comune di Palù del Fersina di annullamento della delibera del Consiglio comunale dell’ottobre 2004 con cui il ricorrente, proveniente dal Comune di Vigo Rendena, era stato nominato segretario comunale di ruolo, all’esito di una procedura di mobilità volontaria, svoltasi ai sensi dell’art. 44 del CCPL dei dirigenti e segretari comunali.

Il C.d.S. ha rilevato che non era applicabile alla figura del segretario comunale l’istituto della mobilità volontaria, di cui all’art. 44 del CCPL, che richiede il consenso dell’amministrazione di destinazione e un preavviso all’amministrazione di appartenenza, in quanto riguardava i soli dirigenti e che, invece, alla fattispecie era applicabile solo l’istituto del passaggio diretto di cui all’art. 45 riguardante tanto i dirigenti, quanto i segretari comunali, ed implicante il previo accordo tra le amministrazioni di reciproca provenienza.

Ha affermato, inoltre,che l’art. 1 del CCPL,che estende ai segretari comunali la parte normativa del contratto,specificava che ciò doveva avvenire con gli adattamenti derivanti dalla diversa natura giuridica del rapporto e con esclusione degli artt. 22, 48 e 49 e che non era applicabile alla fattispecie la L.R. n. 11 del 2014, art. 10 – disciplinante la mobilità dei segretari comunali e che consente il passaggio diretto previa attivazione di apposita procedura di mobilità con il consenso dell’amministrazione di appartenenza – fattispecie diversa da quella prevista dall’art. 44 citato e, comunque, inapplicabile ratione temporis.

Ha affermato, infine, la sussistenza dell’interesse pubblico alla rimozione dell’atto illegittimo ed il carattere doveroso dell’annullamento, nonchè la configurabilità di un potere sostitutivo del commissario nominato dalla Provincia anche a seguito della riforma costituzionale del 2001. Ha rilevato a riguardo che l’esercizio delle funzioni amministrative era ispirato ai principi di sussidiarietà, differenzazione e adeguatezza ex art. 118 Cost. e corollario di ciò era che all’organo esercitante la vigilanza sull’amministrazione comunale competeva il potere sostitutivo, ove l’ente locale avesse l’obbligo di emanare un atto doveroso e non lo emani,o lo ritardi e che anche l’art. 136 del TUEL prevedeva il potere sostitutivo per omissione o ritardo di atti obbligatori nel sistema ordinario delle autonomie locali.

2.Avverso la sentenza ricorre il G. denunciando eccesso giurisdizionale e formulando due motivi.

Resistono il Comune di Palù del Fersina e la Provincia Autonoma di Trento. Il ricorrente e la Provincia Autonoma hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3.Con il primo motivo il G. denuncia che il C.d.S. avrebbe travalicato i limiti esterni della giurisdizione sovrapponendo la propria erronea interpretazione del CCPL dei dirigenti e segretari comunali a quella del Tribunale di Trento, davanti al quale il ricorrente aveva impugnato il provvedimento del commissario ad acta concretizzante un licenziamento. Denuncia che il giudice amministrativo avrebbe posto in essere un radicale stravolgimento della norma contrattuale creandone una ad hoc e certificando la validità del licenziamento, già escluso dal giudice civile che aveva disposto la reintegra.

Con il secondo motivo denuncia eccesso di potere giurisdizionale in quanto il C.d.S. ha affermato la legittimità di un potere sostitutivo della Provincia, non previsto dalla Costituzione, e lamenta che il C.d.S., citando principi costituzionali non pertinenti, avrebbe creato un diritto nuovo rispetto a quello di delineato dal legislatore costituzionale del 2001, entrando nella sfera delle attribuzioni esclusive dell’amministrazione (riservata dalla legge all’ente territoriale cui compete la stipula e l’interruzione dei rapporti) e nella sfera delle attribuzioni proprie del legislatore creando una normativa sul controllo non conforme a quella costituzionale e della legge (prevedendo il potere sostitutivo nella ratifica e risoluzione di un contratto di natura privatistica).

4. Preliminarmente va rilevata l’infondatezza dell’eccezione sollevata dalla Provincia circa la nullità della notifica in quanto effettuata da Ufficiale giudiziario di Trento anche per i destinatari che si trovano fuori della circoscrizione territoriale, quale la Provincia, che aveva eletto domicilio a Roma presso l’avv. Chiappetti.

Deve infatti, trovare applicazione il principio affermato da queste Sezioni Unite (cfr sent. n. 17533/2018) secondo cui “in tema di notificazione, la violazione delle norme di cui al D.P.R. n. 1229 del 195, artt. 106 e 107, costituisce una semplice irregolarità del comportamento del notificante la quale non produce alcun effetto ai fini processuali e quindi non può essere configurata come causa di nullità della notificazione. In particolare, la suddetta irregolarità, nascendo dalla violazione di norme di organizzazione del servizio svolto dagli ufficiali giudiziari non incide sull’idoneità della notificazione a rispondere alla propria funzione nell’ambito del processo e può, eventualmente, rilevare soltanto ai fini della responsabilità disciplinare o di altro tipo del singolo ufficiale giudiziario che ha eseguito la notificazione”.

5. Il ricorso è inammissibile non avendo il C.d.S. violato i limiti esterni della giurisdizione ad esso attribuita.

Deve ribadirsi, infatti, quanto più volte affermato da questa Corte secondo cui non sussiste eccesso giurisdizionale quando il giudice svolge attività interpretativa delle norme.

Il sindacato delle Sezioni Unite della Cassazione sulle decisioni del giudice amministrativo è, infatti, circoscritto ai motivi inerenti alla giurisdizione, ossia ai vizi concernenti l’ambito della giurisdizione in generale o il mancato rispetto dei limiti esterni della giurisdizione, con esclusione di ogni sindacato sul modo di esercizio della funzione giurisdizionale, cui attengono invece gli errori in iudicando, o anche in procedendo, i quali esorbitano dai confini dell’astratta valutazione di sussistenza degli indici definitori della materia ed investono l’accertamento della fondatezza o meno della domanda (tra le molte, Cass., S.U., 29 dicembre 2017, n. 31226; Cass., S.U., 27 aprile 2018, n. 10264). E ciò quale che sia la gravità della violazione, anche ove essa attinga alla soglia del c.d. stravolgimento delle norme di riferimento, sostanziali o processuali, applicate (Corte Cost., sent. n. 6 del 2018). Infatti, in linea di principio (tra le ultime, v. Cass. sez. U. ord. 05/06/2018, n. 14437), l’interpretazione della legge (e perfino la sua disapplicazione) non trasmoda di per sè in eccesso di potere giurisdizionale (Cass. Sez. U. 21/02/2017, n. 4395; Cass. Sez. U. Ric. 2017 n. 25206 sez. SU – 18/12/2017, nn. 30301, 30302, 30303), perchè essa rappresenta il proprium della funzione giurisdizionale e non può, dunque, integrare di per sè sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione da parte del giudice amministrativo, così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111 Cost., comma 8. In questo senso si è affermato (cfr SU n. 16974 del 27/6/2018) che “è un inaccettabile paralogismo l’affermazione che la mancata o inesatta applicazione di norme di legge determinerebbe la creazione di una norma inesistente e, quindi, l’invasione della sfera di attribuzioni del potere legislativo o amministrativo; ed il controllo sulla giurisdizione non è estensibile alla prospettazione di pure e semplici violazioni o false applicazioni di legge, anche processuale, ascritte al giudice speciale”.

6. Nella fattispecie è lo stesso ricorrente ad aver denunciate l’interpretazione adottata dal C.d.S.. Egli ha ritenuto, infatti, l’inapplicabilità al segretario comunale dell’istituto della mobilità volontaria di cui all’art. 44 del CCPL, in base al quale è necessario il consenso dell’amministrazione di destinazione e un preavviso all’amministrazione di appartenenza. La sentenza qui impugnata ha, invece, rilevato che, nella specie, era applicabile solo la figura del passaggio diretto di cui all’art. 45, riguardante tanto i dirigenti quanto i segretari comunali, implicante il previo accordo tra le amministrazioni di reciproca provenienza.

Nell’effettuare tale attività interpretativa il C.d.S., pertanto, non ha esorbitato dalle proprie attribuzioni.

7.Il ricorrente denuncia che il C.d.S., nell’interpretare la portata degli artt. 44 e 45 citati avrebbe posto in essere un’invasione nella sfera riservata all’AGO, trattandosi di attività rientrante nei compiti del giudice del lavoro.

E’ lo stesso ricorrente,invocando la doppia tutela, ad aver sottoposto l’esame degli atti, sotto diversa prospettiva, sia al giudice amministrativo che a quello ordinario, ed ora, pertanto, non può dolersi se i provvedimenti siano stati esaminati anche dal giudice amministrativo, il quale, nell’esercizio legittimo della sua attività istituzionale, ha valutato le norme applicabili e disciplinanti la fattispecie al fine di accertare la legittimità della mobilità del G. presso il Comune di Palù del Fersina e del conseguente atto del commissario ad acta. A riguardo il C.d.S. ha sottolineato la sussistenza dell’interesse pubblico alla rimozione dell’atto illegittimo ed il carattere doveroso dell’annullamento di un atto di nomina in ruolo,determinante l’esborso di denaro pubblico senza titolo, non conforme alle norme.

7. Analoghe osservazioni devono svolgersi con riferimento al secondo motivo con cui il ricorrente denuncia che il C.d.S.ha affermato un principio normativo inesistente in base al quale sussisteva un potere di vigilanza sull’amministrazione comunale, non previsto da nessuna norma e che autorizzava il potere sostitutivo nella ratifica o risoluzione di un contratto di natura privatistica. Anche in tal caso il C.d.S. ha operato sulla base di un’interpretazione delle norme costituzionali, richiamando il principio di sussidiarietà, non avendo il Comune adottato un atto doveroso cui era tenuto e che gli imponeva di conseguire l’assenso preventivo dell’amministrazione di provenienza.

8. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a pagare a favore di ciascuno dei contro ricorrenti le spese processuali liquidate in Euro 4.000,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 12 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2019

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