Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18664 del 27/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 27/07/2017, (ud. 07/04/2017, dep.27/07/2017),  n. 18664

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20443-2011 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

R.O.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 972/2011 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 03/05/2011 R.G.N. 1859/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/04/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato POLICASTRO LUCIA per delega verbale Avvocato PULLI

CLEMENTINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 3.5.2011, la Corte d’appello di Lecce, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava il diritto di R.O. ad aver calcolata la pensione liquidatale in regime di convenzione internazionale sulla base della pensione virtuale integrata al trattamento minimo, condannando l’INPS al pagamento delle differenze consequenziali.

La Corte, in particolare, riteneva che, ai fini della liquidazione della pensione di invalidità in regime di convenzione internazionale, il pro-rata della pensione italiana andasse determinato in un importo teorico (c.d. virtuale) comprensivo della quota di integrazione al minimo.

Contro tali statuizioni ricorre l’INPS con un unico motivo di censura. R.O. è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di censura, l’Istituto ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 153 del 1969, art. 8 in relazione agli artt. 10-bis, 46 e 50, Regolamento CE n. 1408/1971 (come modificati dal Regolamento CE n. 1247/1992), nonchè vizio di motivazione, per avere la Corte di merito ritenuto che, ai fini del calcolo della pensione di invalidità liquidata in regime di convenzione internazionale, il pro-rata della pensione italiana andasse determinato in un importo teorico comprensivo dell’integrazione al minimo.

Il motivo è fondato.

Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che, per determinare l’importo teorico della pensione virtuale da assumere come base per il calcolo del pro-rata a carico dell’INPS della pensione spettante ad un soggetto in dipendenza della totalizzazione di periodi di assicurazione maturati sotto la legislazione di diversi stati membri, la pensione virtuale va calcolata con l’inclusione della integrazione al minimo solo se, alla stregua della legge italiana, tale integrazione effettivamente spetti, dovendo per contro escludersene il computo nel caso che l’avente diritto abbia superato i limiti reddituali di cui al D.L. n. 463 del 1983, art. 6 conv. con L. n. 638 del 1983 (Cass. n. 11068 del 2004).

Siffatto orientamento, che la Corte di merito ha ritenuto di disattendere sulla scorta dei principi enunciati da CGUE, 24.9.1998, C-132/96, S. e P., va qui ribadito anche in considerazione dell’evoluzione della giurisprudenza comunitaria successiva alla decisione cit., e segnatamente di CGUE, 21.7.2005, C-30/2004, Koschitzki, che ha chiarito come l’art. 46, n. 2, lett. a), Regolamento CE n. 1408/1971, che detta le regole per il calcolo dell’importo teorico della pensione, debba essere interpretato nel senso che l’INPS non è obbligato ad includere nel medesimo importo teorico l’integrazione al minimo se questa, a causa del superamento del limite reddituale, avrebbe dovuto essere negata allorchè il pensionato avesse lavorato sempre in Italia, dal momento che la finalità della disposizione cit. è semplicemente quella di non danneggiare il pensionato che abbia maturato la pensione in dipendenza del lavoro prestato in vari stati dell’Unione, non anche quella di consentirgli di avvantaggiarsene lucrando benefici non dovuti qualora la sua prestazione lavorativa avesse avuto luogo soltanto in Italia (così, in specie, Cass. n. 3644 del 2012, sulla scorta di Cass. nn. 2785 e 12965 del 2008).

Non essendosi la Corte di merito attenuta al superiore principio di diritto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2017

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