Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18663 del 11/07/2019

Cassazione civile sez. un., 11/07/2019, (ud. 12/03/2019, dep. 11/07/2019), n.18663

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente di sez. –

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7333-2018 proposto da:

G.D., L.C., LO.PR.,

M.G., S.G., L.C., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato

PAOLO MARIA MONTALDO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA PER LA PROMOZIONE ALL’ESTERO E L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE

IMPRESE ITALIANE – ICE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

N.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA E.Q. VISCONTI

103, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO RINALDI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO PALMA;

– controricorrenti –

e contro

D.R., D’.AN., DE.CR.,

Z.E., MA.GI.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3793/2017 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 28/07/2017;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/03/2019 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. I ricorrenti, ex dipendenti della società Buonitalia p.a. – società partecipata dal Ministero dell’Agricoltura e posta in liquidazione nel 2011, le cui funzioni sono state attribuite all’Agenzia per la promozione all’estero e all’internazionalizzazione (ICE)- hanno impugnato davanti al Tar del Lazio il bando di selezione per la procedura selettiva di verifica dell’idoneità di cui al D.L. n. 95 del 2012, art. 12, comma 18 bis conv. in L. n. 135 del 2012 e L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 478, norma in base alla quale i dipendenti a tempo indeterminato dell’ente soppresso ” previo espletamento di apposita procedura selettiva dell’idoneità da espletare anche in deroga ai limiti alle facoltà assunzionali, sono inquadrati, anche in posizione di sovrannumero….nei ruoli dell’ente di destinazione sulla base di una apposita tabella di corrispondenza….”.

Secondo i ricorrenti tale disposizione non prevedeva alcuna selezione di natura “assunzionale” in quanto la finalità della prova, secondo la citata norma, era volta alla corretta e proficua collocazione professionale mentre, invece, nella specie era stata indetta una vera e propria procedura concorsuale.

2. Il TAR Lazio ha accolto la domanda ponendo a fondamento della stessa il D.P.R. n. 487 del 1994, art. 27, comma 2, il quale prevede lo svolgimento di prove pratiche attitudinali o di sperimentazione lavorativa i cui contenuti devono essere definiti in stretta correlazione con gli specifici profili professionali che si intendono ricoprire ed ha rilevato che, invece, il bando aveva indetto una vera e propria procedura concorsuale,in luogo di una procedura selettiva idoneativa che avrebbe richiesto una netta distinzione tra le prove proposte ai candidati ai diversi livelli.

3. Con la sentenza, oggetto del presente ricorso, il C.d.S., in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda dei ricorrenti.

Ha precisato che dalla lettura delle disposizioni (D.L. n. 95 del 2012, art. 12, comma 18 bis conv. in L. n. 135 del 2012 e L. n. 147 del 2013) emergeva che il trasferimento del personale a tempo indeterminato non avveniva automaticamente, ma previa espletamento di apposita procedura selettiva di verifica dell’idoneità, sottolineando che la disposizione di cui al comma 18 bis configurava un’ eccezione alla regola generale del concorso.

Ha osservato che nella specie non poteva trovare piena ed incondizionata applicazione il citato art. 27 trattandosi di norma relativa a personale di bassa qualifica (si riferisce a lavoratori individuati nelle liste di collocamento in possesso del solo titolo della scuola dell’obbligo), nella specie invece si trattava di funzionari e dirigenti e che ben avrebbe potuto l’amministrazione inserire integrazioni ai fini della serietà della selezione ed un’applicazione costituzionalmente orientata della norma.

Ha osservato che il bando prevedeva lo svolgimento di una prova pratica attitudinale articolata in un test ed un colloquio e,dunque, accanto alla richiesta di conoscenze teoriche,comunque, connesse all’attività dell’ICE, un’impostazione della selezione anche di tipo pratico-idoneativo.

– Quanto al test il C.d.S. ha ritenuto priva di rilevanza la circostanza che alcune domande fossero identiche per le diverse aree ben potendo l’amministrazione accertare nozioni costituenti patrimonio comune di tutto il personale dipendente, avente alta qualifica, la cui conoscenza era elemento indispensabile per poter svolgere attività lavorativa in un ente di elevata specializzazione tecnica e che, comunque, l’elemento pratico-attitudinale sarebbe stato valorizzato nelle successive prove,in concreto non espletate.

– -La sentenza qui impugnata ha, inoltre, rilevato l’infondatezza della decisione del TAR ove aveva rilevato un difetto di specificità dei profili professionali. Ha osservato, infatti, che l’art. 18 bis non conteneva uno specifico obbligo di determinazione dei profili professionali ai fini dello svolgimento della procedura selettiva, risultando sufficiente la determinazione in tabella delle aree di destinazione (all’epoca era comunque vigente un solo profilo professionale: amministrativo, marketing – contabile).

– -Il C.d.S. ha rilevato, altresì, l’infondatezza della sentenza impugnata ove aveva affermato la natura concorsuale della prova desumendola dalla circostanza che le materie sarebbero state più numerose di quelle previste dal bando di concorso C1 indetto dallo stesso ICE. Secondo il C.d.S. la deroga operata al principio del concorso autorizzava l’amministrazione a modulare la prova affinchè ne fosse assicurata la serietà e l’effettiva verifica della capacità e che il minor tempo a disposizione per la preparazione e l’assenza di una banca dati erano giustificati dal fatto che i concorrenti già svolgevano le funzioni.

-Infine, quanto alla mancata assunzioni di alcuno dei dipendenti, secondo il C.d.S. non poteva giustificare la fondatezza del ricorso trattandosi di fatto del tutto contingente.

4.Avverso la sentenza hanno proposto ricorso in cassazione Lu.Cl., S.G., M.G. e L.C. formulando un unico articolato motivo con cui denunciano eccesso di potere giurisdizionale.

L’Agenzia per la Promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane – ICE e N.G. hanno depositato controricorso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso stante l’insussistenza di alcun effettivo motivo inerente la giurisdizione. I ricorrenti e l’ICE hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

5.Si denuncia eccesso di potere giurisdizionale e violazione dell’art. 134 CPA in relazione all’art. 111 Cost. e art. 110 CPA, dell’art. 362 e 374 c.p.c..

I ricorrenti lamentano che il C.d.S. aveva valutato l’opportunità e utilità dell’atto invece che la sua conformità alle disposizioni legislative e che la legittimità dell’atto della P.A. era stata confortata da ragioni attinenti alla bontà della scelta operata dall’amministrazione e non, invece, da precise indicazioni normative. In sostanza, secondo i ricorrenti, il C.d.S. non si era limitato a riconoscere che la procedura era coerente con le indicazioni della legge, ma non sussistendo la norma di legge, il giudice aveva fatto ricorso ad altri argomenti relativi alla bontà della scelta, con una vera e propria sostituzione all’organo amministrativo (ha ritenuto legittimo l’introduzione di elementi teorici in una prova attitudinale, giustifica l’identità di domande e la mancata individuazione dei profili, la maggiore difficoltà di prove del concorso indetto dall’ICE).

6. Il ricorso è inammissibile non ravvisandosi il denunciato eccesso di potere giurisdizionale.

Deve, infatti, ribadirsi quanto più volte affermato da questa Corte secondo cui non sussiste eccesso giurisdizionale quando il giudice svolge attività interpretativa delle norme. Il sindacato delle Sezioni Unite della Cassazione sulle decisioni del giudice amministrativo è, infatti, circoscritto ai motivi inerenti alla giurisdizione, ossia ai vizi concernenti l’ambito della giurisdizione in generale o il mancato rispetto dei limiti esterni della giurisdizione, con esclusione di ogni sindacato sul modo di esercizio della funzione giurisdizionale, cui attengono invece gli errori in iudicando, o anche in procedendo, i quali esorbitano dai confini dell’astratta valutazione di sussistenza degli indici definitori della materia ed investono l’accertamento della fondatezza o meno della domanda (tra le molte, Cass., S.U., 29 dicembre 2017, n. 31226; Cass., S.U., 27 aprile 2018, n. 10264). E ciò quale che sia la gravità della violazione, anche ove essa attinga alla soglia del c.d. stravolgimento delle norme di riferimento, sostanziali o processuali, applicate (Corte Cost., sent. n. 6 del 2018). Infatti, in linea di principio (tra le ultime, v. Cass. sez. U. ord. 05/06/2018, n. 14437), l’interpretazione della legge (e perfino la sua disapplicazione) non trasmoda di per sè in eccesso di potere giurisdizionale (Cass. Sez. U. 21/02/2017, n. 4395; Cass. Sez. U. Ric. 2017 n. 25206 sez. SU – 18/12/2017, nn. 30301, 30302, 30303), perchè essa rappresenta il proprium della funzione giurisdizionale e non può, dunque, integrare di per sè sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione da parte del giudice amministrativo, così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111 Cost., comma 8. In questo senso si è affermato (cfr SU n 16974 del 27/6/2018) che “è un inaccettabile paralogismo l’affermazione che la mancata o inesatta applicazione di norme di legge determinerebbe la creazione di una norma inesistente e, quindi, l’invasione della sfera di attribuzioni del potere legislativo o amministrativo; ed il controllo sulla giurisdizione non è estensibile alla prospettazione di pure e semplici violazioni o false applicazioni di legge, anche processuale, ascritte al giudice speciale”.

12. Nella fattispecie in esame non è ravvisabile alcun superamento da parte del giudice amministrativo dei limiti interni della giurisdizione.

13. Deve rilevarsi infatti che il C.d.S. ha posto a base della sua decisione, in primo luogo, il D.L. n. 95 del 2012, art. 12,comma 18 bis, convertito in L. n. 135 del 2012 come integrato dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 478, ed ha ritenuto che in base a detta norma – secondo cui i dipendenti a tempo indeterminato dell’ente soppresso previo espletamento di apposita procedura selettiva dell’idoneità da espletare anche in deroga ai limiti delle facoltà istituzionali, sono inquadrati, anche in posizione di sovrannumero….nei ruoli dell’ente di destinazione sulla base di una apposita tabella di corrispondenza;

– risultava che il trasferimento del personale a tempo indeterminato non avveniva automaticamente, ma previa espletamento di apposita procedura selettiva di verifica dell’idoneità, sottolineando, inoltre, che la disposizione di cui al comma 18 bis configurava un’eccezione alla regola generale del concorso nel pubblico impiego pur dovendosi accedere ad un ente pubblico, mancando l’apertura a soggetti esterni e la valutazione comparativa dei candidati.

14. La sentenza impugnata ha, altresì, rilevato, in relazione al D.P.R. n. 487 del 1994, art. 27 che tale norma si riferiva all’assunzione dei lavoratori individuati nelle liste di collocamento in possesso del solo titolo della scuola dell’obbligo; che, invece, nella specie, si trattava di funzionari e dirigenti e che, pertanto, ben avrebbe potuto l’amministrazione inserire integrazioni ai fini della serietà della selezione ed un’effettiva verifica del possesso in capo ai soggetti ammessi alla selezione dei requisiti indispensabili per poter prestare la propria attività lavorativa alle dipendenze del nuovo ente.

Poste tali premesse il C.d.S. ha ritenuto privi di rilievo gli elementi evidenziati dai ricorrenti a sostegno della loro tesi quali l’introduzione di elementi teorici in una prova attitudinale, l’eventuale parziale identità di domande e la mancata individuazione dei profili, la maggiore difficoltà di prove del concorso indetto dall’ICE.

Secondo il C.d.S. le integrazioni disposte dall’amministrazione, in considerazione della peculiarità della fattispecie, trovavano ragionevole giustificazione nella necessità di rendere costituzionalmente compatibile l’avvenuta deroga alla regola del pubblico concorso ai fini della serietà della valutazione per il rispetto dell’art. 97 Cost.: l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 27 imponeva tale seria verifica del possesso dei requisiti in capo ai lavoratori da trasferire.

15. Alla luce delle considerazioni che precedono deve escludersi che il C.d.S abbia superato i limiti della propria giurisdizione in quanto ha effettuato valutazioni attinenti la legittimità dell’atto, senza in alcun modo sconfinare nella sfera del merito riservato alla P.A., limitandosi all’interpretazione delle norme, attività rientrante pienamente nei limiti interni della giurisdizione.

Va richiamata la ormai consolidata giurisprudenza di queste Sezioni unite, ed alla nota pronuncia della Corte Costituzionale (n. 6/2018), per ribadire come l’interpretazione delle norme di diritto costituisca il proprium della funzione giurisdizionale e non possa dunque integrare di per sè sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione da parte del giudice amministrativo così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111 Cost., comma 8, sì che eventuali errori nei quali il Consiglio di Stato sia incorso nell’esercizio della funzione giurisdizionale ad esso attribuita si colloca nel distinto ambito dei limiti interni della giurisdizione, estraneo alla verifica attribuita a queste Sezioni unite;

16. Le spese processuali seguono la soccombenza. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti a pagare le spese processuali liquidate a favore dell’ICE in Euro 3500,00, oltre spese prenotate a debito, nonchè a favore della Nicchia in Euro 2000,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2019

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