Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18663 del 04/09/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 18663 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: TRICOMI IRENE

ORDINANZA
sul ricorso 6471-2012 proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA
FORENSE 80027390584, in persona del legale rappresentante,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DI VILLA PAMPHILI
59, presso lo studio dell’avvocato SALAFIA ANTONIO,
rappresentata e difesa dall’avvocato LEONARDO CARBONE giusta
procura a margine del ricorso;

– ricorrente contro
VITOBELLO EMANUELE, elettivamente domiciliato in ROMA,
LUNGOTEVERE FLAMINIO 44, presso lo studio dell’avvocato
LETTIERI MARTA, rappresentato e difeso

dall’avvocato

VITOBELLO FRANCESCO giusta procura speciale a margine del
controricorso;

61
“4£4g)

Data pubblicazione: 04/09/2014

- controricarrente avverso la sentenza n. 5421/2011 della CORTE D’APPELLO di
NAPOLI del 16/9/2011, depositata 11 06/10/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

udito l’Avvocato Francesco Vitobello difensore del controricorrente
che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso e deposita in originale copia
del certificato della cancelleria della Corte attestante l’iscrizione del
ricorso.

Ric. 2012 n. 06471 sez. ML – ud. 01-07-2014
-2-

01/07/2014 dal Consigliere Relatore Dott. IRENE TRICOMI;

FATTO E DIRITTO
Atteso che e’ stata depositata relazione del seguente contenuto.
«La Cassa nazionale previdenza ed assistenza forense ha impugnato la sentenza
n. 5421 del 2011 con la quale la Corte d’Appello di Napoli ha rigettato l’impugnazione
proposta da essa Cassa avverso la sentenza del Tribunale di Noia che aveva accertato il
diritto dell’avv. Vitobello Emanuele al trattamento di pensione di anzianità con
decorrenza dal novembre 2001, con la condanna al pagamento delle mensilità non
versate in parte o in tutto dal marzo 2004, oltre accessori di legge dalla maturazione dei
crediti al saldo.
La Cassa prospetta un motivo di impugnazione avente ad oggetto violazione e
falsa applicazione dell’art. 3 del rdl 27 novembre 1933 n. 1576; motivazione
contraddittoria ed insufficiente su un punto decisivo.
Ad avviso del ricorrente erroneamente la Corte d’Appello ha ritenuto non
sussistere l’incompatibilità tra la professione di avvocato e la carica di amministratore
di società, socio accomandatario sas, circostanza che aveva legittimamente determinato
la mancata erogazione dei ratei di pensione.
Resiste con controricorso il resistente Vitobello eccependo la inammissibilità del
ricorso per tardività, in quanto notificato a mezzo posta con spedizione il 9 marzo 2012,
oltre il termine breve.
Ed infatti, assume il resistente che la Cassa nell’incipit del ricorso affermava che
la sentenza era stata notificata il 21 dicembre 2012.
Premette il relatore L’eccezione che parte resistente non ha prodotto ai fini della
prova della eccepita tardività copia della relata di notificata della sentenza d’appello.
11 motivo di ricorso deve essere esaminato alla luce della giurisprudenza di
legittimità relativa all’art. 3 del rdl n. 1576 del 1933, che ha valorizzato ai fini
dell’incompatibilità il ricoprire in sé cariche sociali gestionali.
Questa Corte ha, infatti, avuto modo di affermare (Cass. S.U., n. 37 del 2007,
che richiama Cass. 1143 del 1977), che l’esercizio della professione di avvocato è
incompatibile “con l’esercizio del commercio in nome proprio o in nome altrui” e, in
particolare – come ricordato sopra – che “la situazione di incompatibilità discende
obiettivamente dall’assunzione di una carica sociale che comporti poteri di gestione e di
rappresentanza” di una società commerciale,
Cass. S.U. n. 4773 del 2011, nel richiamare la suddetta sentenza ha ricordato
come la giurisprudenza di legittimità è orientata nel senso che l’incompatibilità di cui
si tratta è configurabile “laddove l’avvocato assuma la carica di presidente del consiglio
di amministrazione e/o di amministratore delegato di società commerciale con
attribuzione, in forza di norme di legge o di statuto, di concreti ed effettivi poteri di
gestione o di rappresentanza”, indipendentemente quindi dalla circostanza che la società
non svolga attività e che i poteri suddetti non vengano di fatto esercitati.
Tale giurisprudenza deve essere considerata in uno ai poteri di gestione del socio
accomandatario della s.a.s, tanto che, come affermato da Cass., ord. n. 15067 del 2011,
nella società in accomandita semplice, in caso di sopravvenuta mancanza di tutti i soci
accomandatari, l’ari 2323 cod. civ., nel prevedere la sostituzione dei soci venuti meno e
la nomina in via provvisoria di un amministratore per il compimento degli atti di
ordinaria amministrazione, esclude implicitamente la possibilità di riconoscere al socio
accomandante, ancorché unico superstite, la qualità di rappresentante della società per il
solo fatto di aver assunto in concreto la gestione sociale, posto che l’ingerenza del socio
accomandante nell’amministrazione, pur comportando la perdita della limitazione di
responsabilità ai sensi dell’art. 2320 cod. civ., non determina l’acquisto, da parte sua, del
potere di rappresentanza della società».
i

l

sidente

Rileva il Collegio, che come documentato dal resistente, che ha depositato in
merito memoria e nota, così come la Cassa ricorrente che, invece, ha insistito nelle
proprie difese resistendo alla eccezione di inammissibilità, il ricorso è inammissibile
per tardività.
Ed infatti, come si evince dalla documentazione in atti, la sentenza della Corte
d’Appello veniva depositata il 6 ottobre 2011 e notificata alla Cassa nazionale
previdenza ed assistenza forense, dall’odierno resistente, in data 21 dicembre 2011,
con il conseguente decorso del termine cosiddetto breve per interporre ricorso per
cassazione.
La Cassa ha notificato il ricorso 1’8 marzo 2012 (data di consegna dell’atto per
la notificazione), oltre la scadenza di detto termine.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento
delle spese di giudizio che liquida in euro tremila per compensi professionali, oltre
rimborso spese documentate di euro cento, accessori e spese forfettizzate del 15 per
cento.
Così deciso in Roma, il 1° luglio 2014

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