Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18662 del 23/09/2016

Cassazione civile sez. trib., 23/09/2016, (ud. 30/06/2016, dep. 23/09/2016), n.18662

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Presidente –

Dott. NOVIK Adet Toni – rel. Consigliere –

Dott. DAVIGO Piercamillo – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Anna – Consigliere –

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1129-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.G.P., elettivamente domiciliato in ROMA VIA MORIN

COSTANTINO 45, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO GIACCHETTI,

che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 256/2009 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 07/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/06/2016 dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK;

udito per il ricorrente l’Avvocato RISANA che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato GIACCHETTI che si riporta al

controricorso e chiede il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. L’Agenzia delle Entrate di Roma, a seguito di una verifica eseguita nei confronti di D.G.P., esercente in Roma l’attività commerciale di vendita al minuto di articoli di abbigliamento, emetteva a carico del medesimo avviso di accertamento di maggiori ricavi ai fini Irpef, Irap, Iva ed addizionali regionali per l’anno di imposta 2008. D.G. impugnava l’avviso di accertamento davanti alla Commissione tributaria provinciale di Roma che lo accoglieva.

2. L’Agenzia delle entrate proponeva appello alla Commissione Tributaria Regionale di Roma, che con sentenza del 23 giugno 2009 lo rigettava.

3. Avverso la sentenza del giudice di appello l’Agenzia delle entrate ricorre per il seguente motivo: vizio dl insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso, per non aver la C.T.R. valutato la pluralità di circostanze di fatto dalle quali l’ufficio aveva ricavato l’inattendibilità delle scritture contabili e gli elementi necessari alla rettifica del reddito. In ordine a questo fatto, decisivo e controverso, la sentenza impugnata si era limitata a dubitare della esattezza della percentuale di ricarico applicata dall’ufficio in sede di rettifica ed aveva annullato integralmente l’atto impositivo.

D.G.P. resiste con controricorso e ha depositato memoria difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. L’Agenzia lament un vizio di insufficiente motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, su di un fatto decisivo e controverso, non avendo i giudici dl appello valutato l’inattendibilità delle scritture contabili del contribuente alla base della rettifica del reddito. Il motivo, con cui sono riproposte, anche mediante l’integrale riproduzione degli atti, le difese articolate nel giudizio di merito, è infondato. Questa Corte ha già chiarito che, in tema di accertamento induttivo dei redditi, “l’Amministrazione finanziaria può – ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1913, art. 39 – fondare il proprio accertamento sia sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio dell’attività svolta, sia sugli studi di settore, nel quale ultimo caso l’Ufficio non è tenuto a verificare tutti i dati richiesti per uno studio generale di settore, potendosi basare anche solo su alcuni elementi ritenuti sintomatici per la ricostruzione del reddito del contribuente” (Cass. 6389/2014; Cass.17038/2002) e che anche, in caso di contabilità regolarmente tenuta, l’accertamento dei maggiori ricavi d’impresa può essere affidato alla considerazione della difformità della percentuale di ricarico applicata dal contribuente, rispetto a quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza, quando essa raggiunga livelli di abnormità, tali da privare, appunto, la documentazione contabile di ogni attendibilità (Cass.20201/2010; cfr. 5870/2003). Questa Corte sul tema ha precisato che, dovendo l’accertamento analitico induttivo di maggiori ricavi fondarsi su un concorso di indizi gravi, precisi e concordanti, quello che abbia luogo in applicazione di percentuali di ricarico postula l’adozione “di un criterio che sia: (a) logicamente coerente e congruo con la natura e le caratteristiche dei beni presi in esame; (b) applicato ad un campione di beni scelti in modo appropriato; (c) fondato su una media aritmetica o ponderale, scelta in base alla composizione del campione di beni” (3197/13). Per cui la “insufficienza o inadeguatezza del campione” è oggetto di sindacato da parte del giudice del merito.

2. Nel caso in esame, la C.T.R. ha respinto l’appello sul decisivo rilievo che a) I verificatori avevano effettuato la ricostruzione dei ricavi senza alcuna distinzione tra le varie categorie di merce; b) non era comprensibile la modalità di determinazione delle percentuali di ricarico adoperate e sulla loro natura “se si tratti di percentuali di ricarico minime riscontrate nel medesimo settore merceologico, ovvero da medie di settore”. In coerenza con l’esercizio dei poteri di valutazione che gli sono riservati quindi il giudice del merito, nell’impossibilità di verificare che la difformità delle percentuali di ricarico applicate dal contribuente avesse raggiunto livelli di irragionevolezza tali da privare, appunto, la documentazione contabile di ogni attendibilità (v. tra le altre Cass. n. 6337 del 2002 e n. 5870 del 2003), ha respinto l’appello dell’Ufficio.

3. La soccombenza della ricorrente ne comporta la condanna al pagamento delle spese in favore del controricorrente nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere le spese di lite che liquida in Euro 2.200,00 oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 30 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2016

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