Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18661 del 23/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 23/09/2016, (ud. 28/06/2016, dep. 23/09/2016), n.18661

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3140/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PAGLIALUNGA 2 DELLA VITERBO 2 SRL & C. SAS;

– intimato –

nonchè da:

PAGLIALUNGA 2 DELLA VITERBO 2 SRL & C. SAS in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA PO

9, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO NAPOLITANO, che lo

rappresenta e difende giusta delega a margine;

– controricorso e ricorso incidentale condizionato –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 216/2010 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 07/12/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/06/2016 dal Consigliere Dott. LUCIO LUCIOTTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato MELONCELLI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso

incidentale;

udito per il controricorrente l’Avvocato MUCCARI per delega

dell’Avvocato NAPOLITANO che ha chiesto il rigetto del ricorso

principale e l’accoglimento del ricorso incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale e del ricorso incidentale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 216 del 7 dicembre 2010 la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che, accogliendo il ricorso proposto dalla PAGLIALUNGA 2 s.r.l. (ora PAGLIALUNGA 2 DELLA VITERBO 2 SRL & C. s.a.s.), aveva annullato la cartella di pagamento emessa a carico della predetta società per omessi versamenti dell’IVA, dell’IRPEG e dell’IRAP relativi all’anno di imposta (OMISSIS), accertati a seguito di controllo effettuato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis.

I giudici di appello ritenevano fondato il motivo di impugnazione della cartella di pagamento per omesso invio da parte dell’Agenzia delle entrate della comunicazione prevista dalle citate disposizioni (artt. 36 bis e 54 bis) nonchè dalla L. n. 212 del 2000, art. 6, che la società contribuente aveva proposto in primo grado e, quindi, riproposto con appello incidentale perchè non esaminato dalla Commissione Tributaria Provinciale (che aveva annullato la cartella per altra ragione e, segnatamente, perchè l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto procedere alla rideterminazione della pretesa fiscale all’esito dell’accoglimento del diverso ricorso proposto dalla contribuente avverso l’avviso di diniego di condono), annullava la cartella impugnata ritenendo assorbiti i motivi di appello proposti in via principale dall’Agenzia delle entrate e compensava le spese processuali.

2. Avverso tale statuizione ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate sulla base di un motivo cui replica l’intimato con controricorso e ricorso incidentale affidato anch’esso ad un solo motivo, che illustra con memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo di ricorso, dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la difesa erariale lamenta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, e la falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, per avere i giudici di appello ritenuto necessario, ai fini della emissione della cartella di pagamento, l’attivazione del preventivo contraddittorio con la società contribuente, mediante l’invio della comunicazione dell’esito dell’attività di liquidazione prevista dalle disposizioni dei citati decreti, nonchè dell’invito a fornire chiarimenti previsto dallo Statuto dei diritti del contribuente.

2. Il motivo è fondato e va conseguentemente accolto, risultando pacificamente dal contenuto della cartella impugnata (che in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso è riprodotta in fotocopia alla seconda pagina del ricorso) che, nel caso di specie, la pretesa fiscale contenuta in tale atto avesse ad oggetto le sole somme indicate in dichiarazione dal contribuente ma da questo non versate, senza alcuna rettifica apportata dall’Ufficio, se non quella relativa alla (doverosa) decurtazione delle somme che la società contribuente aveva versato in adesione al condono di cui alla L. n. 212 del 2000, quindi successivamente alla presentazione della dichiarazione. Peraltro, tale decurtazione “implica semplicemente un ricalcolo dell’imposta risultante dalla liquidazione della dichiarazione ed un mero controllo cartolare di dati, con esclusione di qualunque valutazione giuridica, ed è pertanto inquadrabile nella fattispecie di cui al citato art. 36 bis, comma 2, lett. a, che prevede la correzione degli “errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione degli imponibili, delle imposte, dei contributi e dei premi” (in termini, Cass. sez. trib. 23 maggio 2012. n. 8140).

2.1. Deve quindi ribadirsi il principio, più volte affermato da questa Corte (ex multis, Cass. n. 12023 del 2015, n. 20431 del 2014, n. 17396 del 2010), che l’obbligo di comunicazione al contribuente dell’esito del controllo delle dichiarazioni mediante procedure automatizzate prima dell’iscrizione a ruolo è subordinato all’esistenza di errori che portino ad “un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione”, o facciano emergere “un’imposta o maggiore imposta”. Ipotesi affatto sussistenti nel caso di specie, cosicchè l’Ufficio finanziario non era tenuto a far precedere l’iscrizione a ruolo dalla c.d. “comunicazione di irregolarità” a cui fanno riferimento l’art. 36 bis, comma 3 e art. 54 bis, comma 3 (ma anche il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, comma 6), che era del tutto inutile, non solo perchè (come si è precisato in Cass. n. 26671 del 2009) “nel caso di mera liquidazione dell’imposta sulla base dei dati forniti dal contribuente medesimo nelle proprie dichiarazioni e nei propri adempimenti fiscali, nonchè nel caso di interessi e sovrattasse per ritardato od omesso pagamento, il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa tributaria”, e l’iscrizione a ruolo delle imposte dichiarate dalla stessa parte costituisce atto dovuto (Cass. n. 795 del 2011, in tema di c.d. avviso bonario), ma anche perchè non sussistono le finalità che le citate disposizioni attribuiscono alla predetta comunicazione, che sono quelle di “evitare la reiterazione di errori e consentire la regolarizzazione degli aspetti formali”.

2.2. E’ peraltro orientamento consolidato di questa Corte che la cartella di pagamento che non sia preceduta dalla comunicazione dell’esito della liquidazione, previste dalle ripetute disposizioni, è comunque legittima perchè queste ultime non prevedono alcuna sanzione, in termini di nullità, per il loro inadempimento (cfr. Cass. n. 26361 del 2010; n. 8137 e n. 5329 del 2012, n. 6563 e n. 20431 del 2014).

2.3. Ad analoga conclusione deve pervenirsi anche con riferimento alla previsione di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, posto che tale disposizione, cosi come interpretata dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass., ord. n. 7536 del 2011, sent. n. 795 del 2011, n. 8342 del 2011 n. 459 del 2014 e n. 12023 del 2015) impone l’obbligo del preventivo contraddittorio con il contribuente soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”. Situazione, quest’ultima, che non ricorre (o comunque non necessariamente ricorre) nel caso soggetto alle ripetute disposizioni – come è nella specie che suppongono un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo. E’ peraltro agevole affermare che, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso (in termini, Cass. n. 4024 e 8342 del 2012; n. 459 del 2014).

3. Con il motivo di ricorso proposto in via incidentale la società contribuente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omessa pronuncia dei giudici di merito sull’eccezione di inammissibilità dell’appello proposto dall’Amministrazione finanziaria per violazione del principio del ne bis in idem e dell’art. 112 c.p.c..

Sostiene al riguardo che l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello avverso la sentenza di primo grado anche per violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 9 bis, ma tale motivo di impugnazione doveva ritenersi inammissibile in quanto la questione con esso posta costituiva oggetto di separato giudizio pendente tra le parti, promosso da essa contribuente avverso il provvedimento di diniego di condono rateizzato per omesso integrale pagamento delle rate, conclusosi con sentenza di primo grado ad essa favorevole, ma appellata dall’Amministrazione finanziaria.

3.1. Il motivo deve ritenersi assorbito.

3.2. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio accogliendo il motivo di appello incidentale proposto dalla società contribuente, ritenuto preliminare ed assorbente di ogni altra questione posta dall’appello dell’Ufficio che pertanto va disattesa (così testualmente a pag. 3 della sentenza gravata), ha sostanzialmente considerato assorbite tali questioni, omettendo di pronunciare sulle stesse. E’ ovvio, pertanto, che l’accoglimento del motivo di ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia delle entrate, conseguente all’erronea soluzione giuridica adottata dalla CTR laziale in tema di necessità del preventivo contraddittorio in ipotesi di liquidazione automatizzata delle dichiarazioni, con cassazione della sentenza gravata, comporta la necessità del rinvio alla predetta CTR, in diversa composizione, perchè si pronunci sui motivi di appello proposti dall’Agenzia delle entrate e non esaminati perchè ritenuti assorbiti, ma anche – e preliminarmente – sull’eccezione (di inammissibilità di uno di quei motivi) proposta dalla società appellata.

4. Conclusivamente, quindi, il motivo di ricorso principale va accolto, assorbito quello incidentale, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, che provvederà all’esame dei motivi di appello proposti dall’Agenzia delle entrate e ritenuti assorbiti e dell’eccezione di in ammissibilità sollevata dalla società appellata, nonchè alla regolamentazione delle spese processuali anche del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso principale, assorbito quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 28 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2016

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