Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18660 del 13/08/2010

Cassazione civile sez. lav., 13/08/2010, (ud. 08/06/2010, dep. 13/08/2010), n.18660

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI, in

persona del Ministro in carica elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

D.S.F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

MONTE ZEBIO 32, presso lo studio dell’avvocato MESSINA MARINA,

rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLETTI MARIA, giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 70/2009 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del

23/01/09, depositata il 27/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’08/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO LAMORGESE;

è presente il P.G. in persona del Dott. COSTANTINO FUCCI.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 27 gennaio 2009, la Corte di appello di Firenze ha confermato la decisione di primo grado, che aveva accolto la domanda proposta nei confronti del Ministero della salute da D.S.F.G.. Questi aveva agito in giudizio per ottenere il riconoscimento del diritto all’indennizzo previsto dalla L. 25 febbraio 1992, n. 210, per l’epatite di tipo C, contratta a seguito delle trasfusioni cui era stato sottoposto nell’anno 1975 durante un ricovero in ospedale, dopo l’intervento chirurgico subito.

Nel rigettare l’impugnazione dell’Amministrazione, il giudice del gravame, per quanto ancora qui rileva, ha ritenuto la sussistenza di una lesione irreversibile dell’integrità psico-fisica dell’appellato, indennizzabile ai sensi della L. n. 210 del 1992, ancorchè l’epatopatia cronica fosse per così dire inattiva. Ha sottolineato la Corte territoriale che gli elementi di danno irreversibili quali il disagio psichico derivante dalla necessità di dover osservare una serie di attenzioni e cautele in ragione della positività dei marcatori all’epatite C, l’osservanza di esigenze dietetiche e cure farmacologiche, e la necessità di periodici controlli ematochimici erano assimilabili alle menomazioni permanenti dell’integrità psico-fisica ascrivibili alla ottava categoria della tabella A del D.P.R. n. 834 del 1981.

Per la cassazione della sentenza il Ministero soccombente ha proposto ricorso, cui l’intimato ha resistito con controricorso.

Il Consigliere designato, ravvisati i presupposti per la decisione del ricorso in camera di consiglio, ha redatto la relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., poi ritualmente notificata alle parti e comunicata al Procuratore Generale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è articolato in due motivi. Il primo denuncia violazione o falsa applicazione della L. 25 febbraio 1992, n. 210 artt. 1, 2 e 4, nonchè della tabella A allegata al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834 e dell’art. 14 disp. gen.. Assume l’errore in cui è incorsa la sentenza impugnata nell’affermare la sufficienza del criterio dell’equivalenza per ricondurre fra le patologie della categoria ottava del denunciato D.P.R. n. 834 del 1981 menomazioni in essa non richiamate, e nel ritenere indennizzabile un’epatite inattiva, pur priva di un danno funzionale minimo. Nella consulenza tecnica fatta propria dal giudice del merito non sono riferiti per il D.S., definito “portatore cronico inattivo”, sintomi di sofferenza epatica nè disagi correlati al contagio accertato nè il virus ha determinato alcuna malattia del fegato. In definitiva, avviso del Ministero, il danno biologico in difetto di lesioni e infermità indicate nella tabella A citata non è indennizzabile in base alla L. n. 210 del 1992.

Il secondo motivo denuncia vizio di motivazione e addebita alla Corte territoriale di avere ritenuto che il Ministero non avesse chiesto la rinnovazione della consulenza tecnica di ufficio, così non tenendo conto del tenore dell’appello, ove invece era stata evidenziata l’erroneità dell’affermata ascrivibilità della patologia accertata tra quelle della categoria ottava della citata tabella A, sebbene l’epatite fosse inattiva e non presentasse alcun danno funzionale.

Il ricorso è fondato.

Nella relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ., si è osservato che il contrasto giurisprudenziale a cui ha fatto cenno l’Amministrazione ricorrente circa l’indennizzabilità ai sensi della L. n. 210 del 1992 delle epatiti conseguenti a trasfusioni, prive di danni funzionali, è stato risolto di recente dalle Sezioni Unite di questa Corte con la pronuncia n. 8064 del 1^ aprile 2010, le quali hanno affermato che la L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 1, comma 3, letto unitamente al successivo art. 4, comma 4, deve interpretarsi nel senso che prevede un indennizzo in favore di coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali sempre che tali danni possano inquadrarsi, pur alla stregua di un mero canone di equivalenza, e non già secondo un criterio di rigida corrispondenza tabellare in una delle infermità classificate in una delle otto categorie di cui alla tabella B annessa al testo unico approvato con D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834, rientrando nella discrezionalità del legislatore compatibile con il principio di assistenza sociale (art. 2 Cost.) e con il diritto a misure di assistenza sociale (art. 38 Cost.), la previsione di una soglia minima di indennizzabilità del danno permanente alla salute nel caso di trattamenti sanitari non prescritti dalla legge o da provvedimenti dell’autorità sanitaria”.

Facendosi applicazione di tale principio, che è condiviso dal Collegio e rispetto al quale la parte privata non ha replicato, il ricorso deve essere accolto e cassata la sentenza impugnata, che ha deciso in modo difforme dall’orientamento ora riferito, la controversia, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, deve, a norma dell’art. 384 cod. proc. civ., essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda.

Ai sensi dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., l’assistibile resta esonerato dal pagamento delle spese del giudizio di cassazione e delle precedenti fasi di merito.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta la domanda; nulla per le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2010

 

 

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