Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1866 del 28/01/2010

Cassazione civile sez. lav., 28/01/2010, (ud. 15/12/2009, dep. 28/01/2010), n.1866

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17982/2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE

FLAMINIO 4 6 PALAZZO IV, Scala B, presso lo studio dell’avvocato GREZ

GIANMARCO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNELLI MAURO,

giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

I.N.P.D.A.P. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI

DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 883/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 31/05/2005 R.G.N. 313/04 + 1;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2009 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l’Avvocato GIOVANNELLI MAURO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.R., dirigente statale di seconda fascia, collocato a riposo per raggiunti limiti di età con decorrenza 10 gennaio 2000, chiedeva al Tribunale di Prato accertarsi il suo diritto, e all’attribuzione del beneficio combattentistico di cui alla L. n. 336 del 1970, art. 2, comma 2, e quindi dell’attribuzione, ai fini del calcolo della pensione e dell’indennità di buonuscita del trattamento corrisposto ai Dirigenti statali di prima fascia, e alla operatività della maggiorazione del 18%, prevista dal D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 43, sulla base pensionabile anche relativamente alla retribuzione di posizione ed all’indennità integrativa speciale nonchè al computo, ai fini del calcolo dell’indennità di buonuscita della predetta retribuzione di posizione e dell’indennità integrativa speciale, con condanna dell’INPDAP alle relative differenze economiche.

L’adito giudice dichiarava il difetto di giurisdizione dell’AGO. La Corte di Appello di Firenze, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava la giurisdizione dell’AGO. Il C. riassumeva il giudizio e reiterava le proprie istanze. Si costituivano l’INPDAP ed il Ministero in epigrafe. L’adito giudice dichiarava il diritto del C. all’attribuzione del beneficio combattentistico di cui alla L. n. 336 del 1970, art. 2, comma 2, ed all’operatività della maggiorazione del 18% sulla base pensionabile anche relativamente alla retribuzione di posizione con condanna dell’INPDAP alle conseguenti differenze economiche.

La Corte di Appello di Firenze confermava la sentenza impugnata.

I giudici di secondo grado, per quello che interessa in questa sede, sul presupposto che ai sensi del D.P.R. n. 150/199 il ruolo dei dirigenti di Stato era unico e prevedeva un automatico passaggio dalla seconda alla prima fascia per il fatto di aver ricoperto senza demerito un incarico di livello dirigenziale, riconoscevano il reclamato beneficio combattentistico sul rilievo che questo era attributivo di vantaggi economici e non di compiti o funzioni superiori e presupponeva solo l’esistenza di un grado superiore.

Quanto al computo della retribuzione di posizione sulla base pensionabile agli effetti dell’aumento del 18% previsto dal D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 43, i predetti giudici affermavano che la contrattazione collettiva prevedeva, oramai, che la richiamata retribuzione di posizione faceva parte integrante della struttura della retribuzione dei dirigenti di prima fascia e, quindi, si trattava di elemento costitutivo della base pensionabile.

Relativamente, infine, agli importi liquidati dal Tribunale, osservavano i giudici della Corte del merito che i calcoli sviluppati nella relazione del CTU risultavano correttamente effettuati, mentre i minori importi indicati dal Ministero erano stati tardivamente dedotti e senza supporto contabile adeguato.

Avverso tale sentenza il Ministero in epigrafe ricorre in cassazione sulla base di tre censure.

Resiste con controricorso C.R. che deposita anche memoria illustrativa.

L’INPDAP non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la prima censura il Ministero ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 336 del 1970, art. 2, e della L. n. 824 del 1971, art. 3, nonchè difetto di motivazione.

Assume, al riguardo, che l’operatività del beneficio, a norma delle denunciate disposizioni, anche nel sistema articolato per carriere, “veniva limitata all’interno di ciascun gruppo di carriere ed esclusa ove attribuzione di qualifica o classe superiore equivalesse a passaggio ad altra carriera, richiedendosi in quel caso per l’accesso l’espletamento del concorso. Richiama poi, il Ministero, la decisione n. 34 del 1 dicembre 1995 del Consiglio di Stato (Adunanza plenaria) secondo la quale la cesura tra le vecchie carriere va equiparata al rapporto esistente tra le nuove qualifiche funzionali, escludendo quindi la possibilità di applicare nel nuovo sistema del pubblico impiego la L. n. 336 del 1970, con conseguente impossibilità di attribuire il trattamento economico della qualifica funzionale superiore.

La censura è infondata.

E’ necessario premettere che non è contestata tra le parti la circostanza che il C. rivestiva, al momento del collocamento a riposo, la qualifica di dirigente statale di seconda fascia e ha chiesto il beneficio combattentistico di cui alla L. n. 336 del 1970, art. 2, comma 2, e, quindi, l’attribuzione, ai fini del calcolo della pensione e dell’indennità di buonuscita, del trattamento corrisposto ai Dirigenti statali di prima fascia.

Tanto precisato, rileva il Collegio che la giurisprudenza, più recente del Consiglio di Stato è orientata nel ritenere che, ai fini della attribuzione del beneficio previsto dalla L. 24 maggio 1970, n. 336, art. 2, ed in base al disposto della L. 9 ottobre 1971, n. 824, art. 3, a favore dei pubblici dipendenti ex combattenti e assimilati all’atto del collocamento a riposo, per qualifica o classe di stipendio immediatamente superiore a quella posseduta deve intendersi quella eventualmente conferibile in relazione alla carriera di appartenenza, quale prevista dall’ordinamento generale della carriera stessa e dai contratti collettivi di lavoro indipendentemente dal sistema di conferimento. Il complesso normativo indicato si deve interpretare nel senso che la attribuzione della qualifica superiore non costituisce promozione, ma ha portata limitata ai fini economici ed il suo conferimento è subordinato alla semplice sua esistenza nell’ordinamento della carriera cui il dipendente appartiene, senza che assuma rilievo il modo del relativo conferimento (Così sent.

26/01/2000 n. 356).

Parallelamente la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che, nell’ambito della normativa premiale di cui trattasi, l’attribuzione della qualifica immediatamente superiore a quella posseduta è consentita a condizione che si tratti della qualifica eventualmente conferibile in relazione alla carriera di appartenenza, quale prevista dall’ordinamento generale della carriera stessa e dai contratti collettivi di lavoro, indipendentemente dal sistema di conferimento;

intendendosi per carriera di appartenenza quella che si articola nei gradi conseguibili nell’ambito dei dirigenti, dei funzionari, degli impiegati e dei subalterni (V. Cass. 08/06/1999 n. 5640 nonchè nello stesso senso Cass. 27/01/20 n. 1739 e 09/08/2003 n. 1205).

Alla luce di siffatta giurisprudenza, che questo Collegio pienamente condivide, la sentenza impugnata deve essere sul punto confermata rappresentando il passaggio dalla seconda alla prima fascia dei dirigenti statali uno sviluppo di carriera nell’ambito del medesimo settore di appartenenza.

Con il secondo motivo il Ministero in epigrafe, denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 43, e difetto di motivazione su un punto decisivo.

Afferma, in proposito, l’impossibilità di applicare alla retribuzione di posizione la maggiorazione del 18% non rientrando questa tra le voci di retribuzione tassativamente indicate dal denunciato art. 43, come modificato dalla L. n. 177 del 1976, art. 15.

E’ opportuno premettere che sul punto in questione la Corte di Appello ha rilevato che la contrattazione collettiva “prevede oramai che detta retribuzione di posizione fa parte integrante della struttura della retribuzione dei dirigenti di prima fascia….E’ quindi irrilevante sia la natura tassativa – ribadita dell’art. 15, u.c. citato – delle voci da prendere in considerazione agli effetti dell’aumento, trattandosi di elemento costitutivo della base pensionabile; sia l’articolazione dell’originaria disciplina di cui alla L. 2 ottobre 1997, n. 334, art. 1, a titolo di anticipazione sull’assetto retributivo da definire in sede contrattuale”.

Orbene il Ministero ricorrente non censura affatto l’affermazione – o meglio l’accertamento – della Corte del merito secondo cui la contrattazione collettiva “prevede oramai che detta retribuzione di posizione fa parte integrante della struttura della retribuzione dei dirigenti di prima fascia”.

Pertanto, proprio perchè il denunciato art. 43 delle disposizioni contenute del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 – Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato – e successive modificazioni e integrazioni, prescrive che, ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza dei dipendenti civili, la base pensionabile è costituita dall’ultimo stipendio o dall’ultima paga o retribuzione, emerge l’infondatezza della tesi sostenuta dal Ministero atteso che non viene censurato, in alcun modo, l’accertamento condotto dai giudici di appello circa la composizione della struttura della retribuzione dei dirigenti di prima fascia.

Con la terza censura il Ministero ricorrente prospetta difetto di motivazione su punto decisivo della controversia.

Asserisce, al riguardo, che le differenze sul trattamento pensionistico e sull’indennità di buonuscita, ove riconosciute spettanti, sarebbero, effettuando una simulazione di calcolo, comunque ben inferiori a quelle determinate dai giudici di merito.

La censura non è fondata.

Invero la censura per come articolata è generica e come tale non è idonea ad investire questa Corte del relativo sindacato di legittimità sul punto.

Infatti difetta qualsiasi contestazione circa, e la ritenuta correttezza, da parte dei giudici di appello, dei calcoli effettuati dal CTU, e l’affermata tardività della indicazione dei minori importi pensionistici e retributivi.

Nè in questa sede sono esplicati i calcoli in base ai quali il Ministero perviene a risultati diversi da quelli ritenuti esatti dal giudice del merito.

Sulla base delle esposte considerazioni il ricorso, conclusivamente, va rigettato.

Il ricorso, conclusivamente, va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

Nulla deve disporsi nei confronti dell’INPDAP non avendo detto istituto svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 44,00 oltre Euro 2000,00 per onorario ed oltre spese, IVA e CPA. Nulla per le spese nei confronti dell’INPDAP. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010

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