Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1866 del 25/01/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 1866 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso 16090-2016 proposto da:
CIRILLI LIONELLO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE MAllINI 114/B, presso lo studio dell’avvocato
FERDINANDO EMILIO ABBATE, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

MINISTERO

DELL’ECONOMIA

E

FINANZE,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
2017
2632

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;

c.)

– resistente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,
depositata il 30/12/2015,
udita la relazione della causa svolta nella camera di

Data pubblicazione: 25/01/2018

consiglio del 18/10/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
GRASSO.

t

Ritenuto che la Corte d’appello di Perugia, decidendo in sede di
rinvio, con decreto depositato il 30/12/2015, condannò il Ministero
dell’Economia e delle Finanze a pagare in favore di Lionello Cirilli la
somma di C 1.166,67, a titolo d’equo indennizzo per la non
ragionevole durata di un processo amministrativo, nonché le spese

esborsi, oltre accessori, spese tutte distratte in favore del difensore
antistatario;
che avverso il predetto decreto il Cirilli propone ricorso,
ulteriormente illustrato da memoria, esponendo, con l’unitaria
censura posta a corredo dello strumento, che la Corte di merito aveva
violato o falsamente applicato gli artt. 91, cod. proc. civ. e 2233, c
od. Civ., nonché il d.m. n. 55/2014, per avere liquidate il rimborso
spese al disotto del minimo legale, relativamente alla fase di rinvio;
che l’Amministrazione resiste con controricorso, ulteriormente
illustrato da memoria;
considerato che l’opinione secondo la quale il decreto del
Ministero della Giustizia n. 55 del 10/3/2014, nella parte in cui
stabilisce un limite minimo ai compensi tabellarmente previsti (art. 4)
non può considerarsi derogativo del decreto n. 140, emesso dallo
stesso Ministero il 20/7/2012, il quale, stabilendo in via generale i
compensi di tutte le professioni vigilate dal Ministero della Giustizia,
al suo art. 1, comma 7, dispone che «In nessun caso le soglie
numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che
nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e
nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa>>,
non è condivisa dalla Corte, in quanto: come ricorda lo stesso
controricorrente, il d.m. n. 140 risulta essere stato emanato (d.l. n.
1/2012, conv. nella I. n. 27/2012) allo scopo di favorire la
liberalizzazione della concorrenza e del mercato, adempiendo alle
indicazioni della UE, a tal fine rimuovendo i limiti massimi e minimi,

3

processuali, liquidate in complessivi C 465,00, oltre C 8,00 per

così da lasciare le parti contraenti (nella specie, l’avvocato e il suo
assistito) libere di pattuire il compenso per l’incarico professionale;
per contro, il giudice resta tenuto ad effettuare la liquidazione
giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal d.nn. n. 55, il quale
non prevale sul d. m. n. 140 per ragioni di mera successione

diversamente da quanto affermato dall’Amministrazione resistente,
non è il d.m. n. 140 – evidentemente generalista e rivolto a regolare
la materia dei compensi tra professionista e cliente (ed infatti,
l’intervento del giudice ivi preso in considerazione riguarda il caso in
cui fra le parti non fosse stato preventivamente stabilito il compenso
o fosse successivamente insorto conflitto) – a prevalere, ma il d.m. n.
55, il quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel
regolare le spese di causa;
considerato che la liquidazione effettuata dalla Corte locale in
complessivi C 465,00 per la fase di rinvio si pone al di sotto dei limiti
imposti dal d.m. n. 55, tenuto conto dl valore della causa (da C
1.100,01 a C 5.200,00) e pur applicata la riduzione massima, in
ragione della speciale semplicità dell’affare (art. 4, cit.);
considerato che a motivo dell’esposto il provvedimento gravato
deve essere cassato e, sussistendone le condizioni, decisa la causa
nel merito, il complessivo compenso, in relazione al giudizio di rinvio,
può essere liquidato in C 1.198,50 (C 255,00 per la fase di studio, C
255,00 per la fase introduttiva, C 283,50 per la fase istruttoria, C
405,00 per la fase decisionale), oltre IVA e contributo ex art. 11 I. n.
576/1980, con distrazione in favore dell’avv. Ferdinando Emilio
Abbate, che ne ha fatto richiesta, dichiarandosi antistatario;
considerato che le spese legali debbono seguire la soccombenza e
possono liquidarsi, sempre con distrazione, siccome in dispositivo,
tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle
attività espletate;

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temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, poiché,

P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la decisione impugnata e, decidendo nel
merito, liquida a titolo di spese, ponendo la somma a carico del
Ministero dell’Economia e delle Finanze, per il giudizio di merito
svoltosi innanzi alla Corte d’appello di Perugia, in sede di rinvio,

oltre C 8,00 per esborsi, distratto in favore dell’avv. Ferdinando Emilio
Abbate; condanna il predetto Ministero al pagamento, in favore della
ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che, distratte in
favore dell’avv. Ferdinando Emilio Abbate, liquida in C 900,00 per
compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e
agli accessori di legge.
Così deciso in Roma il giorno 18 ottobre 2017.
Il Presidente
(Stefano Petttti)

LL’

DEPOSITATO IN CANCELLERIA
Roma, 2

5 GEN. 2018

l’importo complessivo di C 1.198,50, oltre spese generali e accessori,

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