Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18659 del 23/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 23/09/2016, (ud. 28/06/2016, dep. 23/09/2016), n.18659

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22737/2010 proposto da:

C.R.E., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da se

medesimo con studio in LEVANTO CORSO ITALIA 61 (avviso postale ex

art. 135);

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI ROMA, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI LA SPEZIA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4/2010 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 10/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/06/2016 dal Consigliere Dott. LUCIO LUCIOTTI;

udito per il controricorrente l’Avvocato MELONCELLI che si riporta

agli atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’avv. C.R.E. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza n. 4 del 10 febbraio 2010 con cui la Commissione tributaria regionale della Liguria aveva rigettato l’appello proposto dal predetto contribuente avverso la sentenza di primo grado emessa dalla Commissione tributaria provinciale della Spezia che, nel giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento di maggiori ricavi ai fini IRPEG induttivamente rideterminati, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, lett. d), per l’anno di imposta 2001 in complessivi Euro 33.316,00, aveva parzialmente accolto il ricorso del contribuente riconoscendo costi per Euro 33.152,00 e rigettando per il resto.

I giudici di appello, riesaminati gli atti e la documentazione prodotta osservavano che l’iter logico adottato dai Primi Giudici merita piena conferma perchè fondato su elementi di legittimità e di merito ed appare pertanto pienamente condivisibile (così testualmente nella sentenza impugnata).

2. Si costituisce l’Agenzia delle entrate con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

I. Con il primo motivo di censura il ricorrente, deducendo Violazione dell’art. 111 Cost. – Carenza assoluta di motivazione, eccepisce la nullità della sentenza impugnata per assoluta genericità della motivazione perchè priva di qualsiasi riferimento concreto alle censure rivolte alla sentenza di primo grado.

2. In relazione a tale motivo nel controricorso la difesa erariale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza e l’inammissibilità del motivo di ricorso per difetto di specificità del tipo di censura mossa alla sentenza impugnata, ritenendo che dal contenuto del motivo non fosse sufficientemente chiaro se il ricorrente si sia doluto della carenza di motivazione ovvero dell’omessa pronuncia su domande od eccezioni proposte nel giudizio di merito ai sensi dell’art. 112 c.p.c..

3. Entrambe le eccezioni sono infondate.

4. La prima è infondata perchè il vizio di autosufficienza del ricorso peraltro prospettato in modo assolutamente generico, senza alcun precisa indicazione del tipo di carenza da cui risulterebbe affetto – è assolutamente insussistente non ravvisandosi alcuna violazione dell’onere imposto al ricorrente dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, che impone che il ricorso contenga tutti gli elementi necessari a pone il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa (ex multis, Cass. n. 1926 del 2015).

5. Quanto alla seconda eccezione, precisato preliminarmente che in nessuna parte del motivo in esame è dato evincere un qualche riferimento alla disposizione processuale (art. 112 c.p.c.) indicata dalla controricorrente, osserva la Corte che in effetti, nell’intestazione del motivo di ricorso il ricorrente non ha indicato espressamente alcuna delle ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1; ha però indicato, nella rubrica, la “violazione dell’art. 111 Cost.” e la “carenza assoluta di motivazione”, deducendo poi nell’esposizione del motivo, in maniera esplicita seppur estremamente succinta, la nullità del pronunciamento.

Può pertanto farsi applicazione del principio espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 17931 del 2013 (seguita da altre delle sezioni semplici, tra cui Cass. n. 19124 del 2015), secondo cui 11 ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi.

La prospettiva meno formalistica nell’applicazione della legge processuale indicata dalle Sezioni unite di questa Corte nella citata sentenza, specificamente in punto di ammissibilità e ricevibilità dei ricorsi, induce ad affermare che, così come l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nè determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato (così da ultimo Cass. ord. n. 4036/14; id. n. 19124 del 2015), anche l’omessa indicazione nella rubrica di una delle ipotesi tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, non può condurre all’inammissibilità del motivo quando dalla sua esposizione sia possibile individuare il tipo di vizio cui la denuncia comunque corrisponda.

Nel caso di specie, il vizio denunciato non può che essere quello della violazione di norma processuale di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, facendosi riferimento nel ricorso, come detto, alla carenza assoluta di motivazione (che configura un error in procedendo per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in quanto corredata da motivazione solo apparente – in termini Cass. n. 20648 del 2015), ma neanche alle conseguenze che tale tipo di errore (su legge processuale) comporta, vale a dire la nullità della sentenza.

6. Ciò precisato, questa Corte ritiene fondato il motivo di ricorso.

6.1. La decisione impugnata ha così motivato: “viste e valutate le controdeduzioni dello ufficio unitamente a tutta la documentazione presente in atti – ascoltate altresì ampiamente le parti in pubblica udienza – si rileva che nessuna argomentazione sostanzialmente diversa tra quanto eccepito dinanzi ai Primi Giudici emerge dagli atti di impugnazione ed unanimemente si stabilisce che l’appello non può essere accolta La C.T.P. ha esaminato in toto tutte le eccezioni esposte nel ricorso introduttivo fornendo ampia ed esauriente motivazione. Questo Collegio riesaminati gli atti e la documentazione prodotta, osserva che l’iter logico adottato dai Primi Giudici merita piena conferma perchè fondato su elementi di legittimità e di merito ed appare pertanto pienamente condivisibile”.

Trattasi di motivazione sostanzialmente identica a quella adottata dalla medesima CTR in altra pronuncia che questa Corte ha esaminato nella sentenza n. 10496 del 2016, affermando che Così argomentando, i giudici di appello sono incorsi nel denunciato vizio, costituendo ius receptum che la motivazione deve ritenersi omessa e/o insufficiente e/o illogica “quando il giudice di merito omette di indicare nella sentenza gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logico-giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento” (v. ex multis Cass. n. 22242/2012; n. 890/2006, n. 1756/2006, n. 21447/2009, n. 13001/2010). Nel caso, infatti, la C.T.R. fa delle generiche, apodittiche affermazioni, in ordine agli elementi probatori posti a base del decisum, esternando acritica condivisione per l’operato dei Giudici di prime cure, senza dare contezza alcuna nè del contenuto intrinseco delle ragioni della decisione di questi ultimi, nè delle critiche a questa mosse dall’appellante, nè infine dell’iter seguito e dei concreti elementi utilizzati nel percorso decisionale.

Tali argomentazioni, all’evidenza riferibili anche al caso di specie, sono assolutamente condivisibili e conducono all’accoglimento del motivo, con assorbimento del secondo mezzo di impugnazione, con cui il ricorrente ha dedotto (deve ritenersi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, lett. d), che disciplina l’accertamento induttivo dei redditi di impresa, sostenendo che l’omessa indicazione del comma della citata diposizione di legge, che annovera una lettera “d” sia nel primo che nel suo secondo comma, riferiti però a presupposti di applicazione dell’accertamento induttivo tra loro diversi, rendeva impossibile una compiuta difesa e, conseguentemente, determinava la nullità dell’accertamento.

7. La sentenza impugnata va quindi cassata con rinvio, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio, alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria in diversa composizione.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 28 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2016

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