Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18658 del 27/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 27/07/2017, (ud. 30/03/2017, dep.27/07/2017),  n. 18658

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16096-2011 proposto da:

M.M.A., C.F. (OMISSIS), in proprio e quale legale

rappresentante della NEW LOOK di M.M.A.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9-C INT. 23,

presso lo studio dell’avvocato CARLO RIENZI, che la rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, ENRICO

MITTONI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA SARDEGNA S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 766/2010 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI –

SEZ. DISTACCATA SASSARI, depositata il 21/01/2011 R.G.N. 234/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/03/2017 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato GIULIANO GINO per delega Avvocato RIENZI CARLO;

udito l’Avvocato SGROI ANTONINO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 21-1-2011, la Corte d’appello di Cagliari ha rigettato l’impugnazione proposta da M.M.A. avverso la sentenza del Tribunale di Nuoro che le aveva respinto l’opposizione a cartella esattoriale per l’importo complessivo di oltre 76.000 Euro relativamente a pretesa contributiva dell’Inps scaturente dall’accertata nullità di contratti di formazione e lavoro delle lavoratrici C. e Cu..

La Corte territoriale ha rilevato che l’appellante non aveva svolto l’opposizione nei cinque giorni successivi alla notifica, nè nei successivi quaranta giorni per motivi di merito, per cui la posizione debitoria della M. relativa alla contribuzione dovuta per le suddette lavoratrici era divenuta definitiva.

Per la cassazione della sentenza ricorre la M. con cinque motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso l’Inps.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo la ricorrente lamenta il vizio di motivazione e l’omessa pronuncia in merito all’intervenuta prescrizione della pretesa contributiva dell’Inps e alla dedotta inesistenza del credito vantato da tale ente, nonchè la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 335 del 1995, art. 3 del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24,artt. 24 e 29 Cost., del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 10, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis del e del D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 2.

In particolare la ricorrente lamenta di non aver ricevuto due cartelle di pagamento nel 2003, bensì solo una con la quale le veniva nuovamente richiesto, tra le altre cose, il pagamento di Euro 76.304,40 afferenti alla cartella già notificatale l’1.10.2003. Inoltre, la cartella di pagamento notificata nel 2005, della quale la Corte affermava di non aver trovato traccia, era proprio quella erroneamente letta dalla stessa Corte che conteneva la richiesta di versamento degli importi già pretesi nel 2003. Inoltre, la ricorrente contesta che vi fosse stato un accertamento di illegittimità riferibile a rapporti di formazione e lavoro, come affermato dalla Corte d’appello, in quanto l’accertamento operato dall’Ufficio provinciale del Lavoro di Nuoro, posto a base della pretesa contributiva, era stato successivamente annullato per omessa notifica degli atti procedurali. Oltretutto, l’ordinanza di archiviazione del predetto rapporto era stata conosciuta da essa ricorrente solo nel 2006, ovvero solo dopo la notifica della cartella esattoriale del 2003 e di quella di ingiunzione del 2005. La mancata considerazione, da parte della Corte di merito, di tali circostanze era, quindi, alla base del mancato accoglimento delle eccezioni di prescrizione ed inesigibilità del credito contributivo coltivate nel giudizio di merito.

1.1. Il motivo è infondato.

Anzitutto, corre obbligo rilevare la evidente sussistenza di un profilo di inammissibilità del motivo nella parte in cui si denunzia lo stesso fatto sia come vizio di motivazione che come vizio di omessa pronunzia, per cui non è dato comprendere se una motivazione vi è stata, seppur insufficiente a giudizio della ricorrente, o se la stessa è mancata del tutto.

In realtà, proprio con riguardo alla cartelle notificate nel 2003 per omessa contribuzione e sanzioni in relazione alla illegittimità di rapporti di formazione e lavoro, che l’appellante non allegò al fascicolo di parte e che nemmeno produce nel presente giudizio, la Corte di merito ha ben chiarito che le stesse non furono opposte, nè nel termine di cinque giorni per ragioni afferenti alla loro formazione o notifica, nè in quello dei successivi quaranta giorni per motivi di merito, per cui ne risultò la definitività della posizione debitoria contributiva dell’appellante, odierna ricorrente.

1.2. Ne consegue, quindi, che non è ravvisabile il lamentato vizio di omessa pronunzia. Egualmente infondati sono gli altri rilievi, posto che correttamente la Corte territoriale ha ritenuto che il primo giudice non aveva esaminato le altre eccezioni estintive del debito in quanto non più opponibili a causa della tardività dell’opposizione stessa e che nemmeno poteva considerarsi sopravvenuta e come tale opponibile la precedente archiviazione del procedimento ad opera della Direzione Provinciale del Lavoro.

Va aggiunto che tale provvedimento di archiviazione, che la stessa ricorrente riferisce essere stato disposto per omessa notifica del verbale di contestazione, non poteva di per sè determinare, come supposto infondatamente nel ricorso, l’inesistenza dell’accertamento di fatto già precedentemente eseguito in merito alla illegittima instaurazione di rapporti di formazione e lavoro.

Nè la ricorrente fornisce, in omaggio al principio di autosufficienza che governa il giudizio di legittimità, elementi documentali utili per verificare la fondatezza o meno di quanto dalla medesima asserito circa la paventata riproponibilità delle ragioni di credito del 2003 in occasione della notifica della cartella nel 2005. Oltretutto, un tale onere di specificazione si imponeva al cospetto dell’affermazione della Corte di merito in ordine al fatto che in realtà la cartella prodotta faceva riferimento a tributi e non a contributi.

2. Col secondo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione degli artt. 121 e 156 c.p.c., oltre che per vizio di motivazione, nel richiamare la parte della sentenza impugnata in cui si afferma che solo in sede di opposizione all’esecuzione avrebbero potuto essere fatte valere ragioni sopravvenute, quale la prescrizione, la ricorrente evidenzia che non poteva esservi alcun dubbio sul fatto che era stata spiegata da parte sua anche opposizione all’esecuzione alle cartelle di pagamento ai sensi dell’art. 615 c.p.c.

Anche tale motivo è infondato, in quanto il potere di qualificazione giuridica della domanda compete al giudicante il quale ha correttamente interpretato il tipo di azione svolta dalla ricorrente, aggiungendo ad abundantiam che i fatti sopravvenuti, quali la prescrizione del titolo, lo sgravio contributivo ed il pagamento del debito avrebbero potuto essere eventualmente sottoposti all’esame del giudice dell’opposizione all’esecuzione.

Si è, tra l’altro, precisato (Cass. Sez. lav. n. 22380 del 22.10.2014) che “in sede di legittimità sono inammissibili, per difetto di interesse, le censure rivolte avverso argomentazioni contenute nella motivazione della sentenza impugnata e svolte “ad abundantiam” o costituenti “obiter dicta”, poichè esse, in quanto prive di effetti giuridici, non determinano alcuna influenza sul dispositivo della decisione.”

3. Col terzo motivo si segnalano la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 24 e 25, artt. 2964 c.c. e segg. e della L. n. 335 del 1995, art. 3 il vizio di motivazione e quello di omessa pronunzia sulla intervenuta decorrenza dei termini di decadenza a seguito di tardiva iscrizione a ruolo dei crediti azionati dall’Inps.

4. Col quarto motivo la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 24 e 29, della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8, e art. 615 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione e l’omessa pronuncia sul punto di domanda inerente l’entità e le modalità di determinazione delle sanzioni e della mora richieste nella cartella. In pratica la ricorrente assume che le questioni inerenti la prescrizione, la decadenza ed il quantum delle sanzioni non entravano nel merito della pretesa contributiva poichè tramite le stesse non si contestavano le motivazioni per le quali erano stati richiesti determinati importi, bensì quelle attinenti alle sanzioni e agli interessi di mora, per cui si versava in fattispecie diversa da quella prevista dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24 con la conseguenza che la cartella era sempre opponibile ex artt. 615 c.p.c. e del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 29 o tramite azione di accertamento negativo.

3.4.1. Il terzo ed il quarto motivo, che per ragioni di connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.

Anzitutto, non sono ravvisabili i vizi di omessa pronunzia ed insufficiente motivazione, avendo la Corte spiegato che non essendo stata proposta opposizione nei termini di legge non poteva essere più discusso il merito della richiesta, così come non potevano essere più esaminate le questioni concernenti la cartella o la sua notifica.

3.4.2. Inoltre, si è avuto modo di statuire (Cass. Sez. 6 – L. Ordinanza n. 21365 del 15.10.2010) che “in tema di riscossione mediante iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, il termine per proporre opposizione alla pretesa contributiva, fissato dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24 in quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento onde consentire l’instaurazione di un vero e proprio processo di cognizione per l’accertamento della fondatezza della pretesa dell’ente, deve ritenersi perentorio, perchè diretto a rendere non più contestabile il credito contributivo, in caso di omessa tempestiva impugnazione, ed a consentirne una rapida riscossione. Ne deriva che l’estinzione del giudizio di opposizione alla cartella esattoriale determina l’incontestabilità della pretesa contributiva e ne preclude il riesame del merito in un diverso giudizio.”

Si è, altresì, precisato (Cass. Sez. Lav. n. 4978 del 12.3.2015) che “in tema di riscossione mediante iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, la mancata tempestiva opposizione alla cartella di pagamento determina l’incontestabilità della pretesa contributiva, sicchè non è consentito l’esame del merito del medesimo credito in un successivo giudizio, instaurato a seguito della nuova notificazione del titolo”.

3.4.3. Nè, infine, è condivisibile il tentativo della difesa della ricorrente di sottrarsi alle conseguenze della rilevata mancanza di un’opposizione tempestiva attraverso la prospettazione della tesi secondo cui la prescrizione, la decadenza ed il quantum delle sanzioni non entravano nel merito della pretesa contributiva: invero, è agevole osservare che anche tali questioni incidevano sulla verifica del diritto alla pretesa contributiva e, quindi, non potevano non far parte del merito della causa; in ogni caso il loro esame era precluso dalla rilevata definitività della posizione debitoria contributiva dell’appellante per effetto del mancato esercizio nei termini della relativa opposizione.

5. Col quinto motivo, dedotto per vizio di motivazione e per mancata pronuncia sulla domanda afferente alla condanna alle spese legali di primo grado, la ricorrente si lamenta del mancato esame della doglianza concernente l’eccessività della condanna alle spese.

5.1. Il motivo è infondato in quanto non solo la Corte d’appello si è pronunciata sulla predetta questione, ma ha anche spiegato che andava applicato il principio della soccombenza e che le spese di primo grado erano proporzionali al valore della controversia.

Pertanto, il ricorso va rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese nella misura di Euro 3700,00, di cui Euro 3500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge. Nulla per le spese nei confronti di Equitalia Sardegna s.p.a.

Così deciso in Roma, il 30 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2017

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