Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18650 del 12/09/2011

Cassazione civile sez. III, 12/09/2011, (ud. 06/07/2011, dep. 12/09/2011), n.18650

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. SEGRETO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17797-2009 proposto da:

S.B. (OMISSIS), L.P.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA VALLEBONA

10, presso lo studio dell’avvocato LANARI EGIDIO, che li rappresenta

e difende, giusto mandato in atti;

– ricorrente –

contro

MILANO ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS), in persona del dott.

C.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMANUELE

GIANTURCO 6, presso lo studio dell’avvocato SCIUTO FILIPPO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SCOFONE GIOVANNI MARIA

giusto mandato in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3312/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 04/12/2008; R.G.N.430/2006.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO SEGRETO;

udito l’Avvocato SCIUTO FILIPPO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L.P. e S.B. hanno proposto opposizione avverso il d.i. emesso dal tribunale di Milano, con il quale era stato loro ingiunto il pagamento della somma di L. 78.468.565, quali fideiussori della Milano Assicurazioni s.p.a., eccependo: 1) l’incompetenza per territorio del tribunale di Milano; 2) la prescrizione del diritto della compagnia per decorso del termine decennale ex art. 2946 c.c..

3) l’insussistenza del debito, avendo la Milano assicurazioni pagato male.

Il Tribunale di Milano rigettava l’opposizione.

La Corte di appello di Milano, adita dagli opponenti, con sentenza depositata il 4.12.2008, rigettava l’appello.

Osservava la corte che la Milano Assicurazioni aveva emesso nell’interesse della srl Aerotop una polizza fideiussoria a favore della circoscrizione doganale di Napoli a garanzia dell’esenzione fiscale dall’imposta di fabbricazione sui carburanti utilizzati per attività aeroscolastiche; che tutti gli obblighi facenti capo al contraente per effetto della polizza erano assunti in via solidale dagli opponenti; che era stata escussa la fideiussione prestata dalla Milano e che questa agiva nei confronti dei suoi obbligati, attuali opponenti.

Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione L.P. e S.B..

Resiste con controricorso la Milano Assicurazioni s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano l’incompetenza del foro di Milano ex artt. 18 e 20 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 2 ed il vizio di motivazione in merito all’approvazione per iscritto delle clausole vessatorie relative alla competenza, la cui deroga non è riportata nell’appendice per atto di coobbligazione del 18.2.1990.

2.1. Il motivo è inammissibile per due ordini di ragioni.

Anzitutto la sentenza impugnata ha ritenuto che nella fattispecie operasse il foro convenzionale di Milano, poichè tale clausola risultava richiamata e specificamente approvata per iscritto ex art. 1341 c.c. da entrambi gli opponenti.

Il contrario assunto dei ricorrenti, secondo cui mancherebbe la specifica approvazione, si risolve in una censura di travisamento del fatto da parte del giudice di merito.

Il travisamento del fatto non può costituire motivo di ricorso per cassazione, poichè, risolvendosi in un’inesatta percezione da parte del giudice di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento, in contrasto con quanto risulta dagli atti del processo, costituisce un errore denunciabile con il mezzo della revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4 (Cass. 10/03/2006, n. 5251;

Cass. 30.1.2003, n. 1512; Cass. 27.1.2003, n. 1202; Cass. n. 1143 del 2003).

2.2. Inoltre la sentenza impugnata ha ritenuto la competenza del tribunale di Milano, anche a norma dell’art. 20 c.p.c., quale luogo di adempimento dell’obbligazione di regresso dei coobbligati nei confronti di Milano Assicurazioni, ex art. 1182 c.c., comma 2.

A fronte di tale seconda ratio decidendi, nonostante che nella rubrica del motivo si indichi anche l’art. 20 c.p.c., non è prospettata alcuna censura.

Da ciò consegue l’inammissibilità del motivo.

Infatti va osservato che, in tema di ricorso per cassazione, qualora la decisione impugnata si fondi su una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. 24/05/2006, n. 12372; Cass. 16/08/2006, n. 18170; Cass. 29/09/2005, n. 19161).

3.1. Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano l’errata motivazione sulla necessaria partecipazione al giudizio della P.A. contro la Milano Assicurazioni dei litisconsorti necessari Aerotop, L.P. e S.B., la mancata motivazione sulla negligenza e sulla mala fede di Milano Assicurazioni, che non si è preoccupata di integrare il contraddittorio nel primo giudizio perchè aveva la certezza de rimborso da parte degli odierni ricorrenti.

Secondo i ricorrenti vi sarebbe nella fattispecie la evidente violazione del litisconsorzio necessario nei loro confronti.

3.2. Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti assumono che erroneamente la sentenza impugnata abbia fatto decorrere la prescrizione solo dalla data del pagamento da parte della Milano, mentre secondo essi ricorrenti la prescrizione del diritto vantato dalla Milano decorreva dalla data in cui il Ministero aveva denunziato l’esistenza del sinistro.

4. 1. I due motivi, essendo connessi, vanno esaminati congiuntamente.

Essi sono infondati.

Va, anzitutto, osservato che risulta pacificamente dal ricorso, dal controricorso e dalla sentenza che la Milano Assicurazioni con polizza cauzionale a garanzia, si era costituita fideiussore nell’interesse di Aerotop ed a favore Ministero delle Finanze degli obblighi assunti dalla prima verso il secondo per effetto di esenzione fiscale sui carburanti.

Ne consegue che in questa prima fideiussione, il creditore garantito era il Ministero, il debitore garantito era Aerotop ed il fideiussore era la Milano.

Con appendice allegata alla polizza fideiussoria, L.P. e S.B. si sono a loro volta resi garanti della Aerotop s.r.l. verso la Milano in relazione alle obbligazioni derivanti dalla polizza cauzionale.

In questa seconda fideiussione, quindi il creditore garantito era la Milano, il debitore garantito era sempre la Aerotop ed i fideiussori erano L. – S..

4.2. Va a questo punto osservato che nella fattispecie, con questo secondo contratto, non si versa in un’ipotesi di con fideiussione.

Perchè ci sia confideiussione, con il relativo diritto di regresso per il fideiussore solvente, occorre che più persone prestino congiuntamente fideiussione per un medesimo debitore e nei confronti di un medesimo creditore. Non sì richiede una contestualità di manifestazione di volontà, ben potendo le fideiussioni essere contratte separatamente ed in tempi successivi, ma è necessario, però, che esista un intento comune a tutti i confideiussori di collegarsi reciprocamente nella garanzia del debito principale verso lo stesso creditore garantito.

Nella fattispecie i creditori garantiti erano diversi: nella prima fideiussione i Ministero, mentre nella seconda la Milano.

Solo la persona del debitore garantito era la stessa.

4.3. In effetti nella fattispecie, con la seconda fideiussione (quella dei L. – S. nei confronti della Milano), si è posta in essere una cosiddetta fideiussione alla fideiussione o al fideiussore o di regresso.

Essa va distinta dalla fideiussione del fideiussore (cosiddetta approbazione), di cui all’art. 1940 c.c., che costituisce una particolare modalità della fideiussione tipica nella quale il “secondo” fideiussore garantisce l’adempimento dell’obbligazione del “primo” fideiussore e non l’adempimento dell’obbligato principale (Cass. 22 maggio 2000, n. 6613; Cass., 4 settembre 1991, n. 9363).

Nella fideiussione alla fideiussione (o fideiussione del regresso), il fideiussore si obbliga nei confronti di colui il quale è già fideiussore, per garantirgli, una volta che egli abbia pagato, la fruttuosità dell’azione di regresso nei confronti del debitore principale (Cass., 13 dicembre 1999, n. 13943). Questa figura, per quanto non sia prevista specificamente da norme del c.c., è tuttavia ammessa pacificamente in dottrina e giurisprudenza (sia pure in rare pronunzie Cass. 13/05/2002, n. 6808).

Nella fideiussione alla fideiussione, quindi, il fideiussore è un terzo, rispetto alla prima fideiussione, ed il creditore garantito è in effetti il soggetto che nella prima fideiussione era il fideiussore.

Anche l’oggetto della garanzia può essere diverso, in quanto può essere sia tutto ciò che il primo fideiussore può pretendere, in via di regresso, dal debitore principale dopo aver soddisfatto il creditore, sia una quota parte predeterminata di questo tutto, sia una predeterminata e fissa indennità per l’ipotesi della mancata realizzazione delle ragioni di regresso (Cass., 21 aprile 1965, n. 699).

4.4. Quindi la fideiussione del fideiussore si distingue dalla fideiussione alla fideiussione (o fideiussione di regresso), per il fatto che, mentre con la prima si aggiunge un nuovo fideiussore al creditore principale, con la seconda il creditore garantito diventa il primo fideiussore ed occorre che questi abbia pagato il primo creditore, per cui solo a pagamento avvenuto egli potrà pretendere dall’altro fideiussore, e nell’ambito del diverso rapporto di garanzia, il rimborso di quanto ha pagato al creditore.

In definitiva si tratta di due contratti di fideiussione, concettualmente ed ontologicamente autonomi, per quanto, generalmente, funzionalmente collegati.

4.5. Ciò comporta che nella fattispecie non sussiste il litisconsorzio necessario preteso dai ricorrenti (con conseguente violazione del contraddittorio nei loro confronti) quanto al giudizio tra il Ministero e la Milano e dall’altra che la prescrizione del diritto al rimborso da parte della Milano inizia a decorrere solo dalla data dell’avvenuto pagamento da parte della Milano Assicurazioni s.p.a.. 5.Con il quarto motivo di ricorso i ricorrenti lamentano la “mancata motivazione dell’indebito pagamento effettuato dalla Milano Assicurazioni e sull’indebito arricchimento della P.A.”.

Secondo i ricorrenti la Aerotop effettivamente utilizzò il carburante per i voli, per cui la Milano si era difesa senza diligenza e buona fede nel giudizio con il Ministero e non aveva richiesto alla Aerotop o ad essi fideiussori la documentazione necessaria ed erroneamente la sentenza impugnata non aveva rilevato ciò.

6.1. Il motivo è inammissibile.

Infatti la sentenza impugnata (pag. 4) ritiene che, sulla base del contenuto dell’appendice di polizza e dell’autonomia della fideiussione dei L. – S. nei confronti della Milano e della fideiussione della Milano nei confronti del Ministero, i primi erano tenuti al pagamento di quanto pagato dalla Milano ai Ministero senza poter effettuare alcuna eccezione, ivi comprese quelle di cui agli artt. 1952, 1955, 1956 e 1957 c.c..

La sentenza impugnata, quindi, ha ritenuto che non sussistesse, nell’ambito del rapporto fidejussorio di regresso, la possibilità di far valere eccezioni attinenti al pagamento effettuato dalla Milano al Ministero.

La censura mossa dai ricorrenti di vizio motivazionale nei termini suddetti è quindi inconferente e, come tale, inammissibile.

6.2.La consolidata giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, statuito che la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al “decisum” della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., n. 4, con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio (ex multis, Cass. 07/11/2005, n. 21490; Cass. 24/02/2004, n. 3612; Cass. 23/05/2001, n. 7046).

L’inconferenza del motivo comporta che l’eventuale accoglimento della censura risulta comunque privo di rilevanza nella fattispecie, in quanto inidoneo a risolvere la questione decisa con la sentenza impugnata (Cass. Sez. Unite, 12/05/2008, n. 11650).

7.Con il quarto motivo di ricorso i ricorrenti lamentano la nullità assoluta del contratto “appendice per atto di coobligazione” ex art. 1418 c.c. per violazione di norme imperative ed in particolare per violazione dell’art. 1350 c.c., in quanto nel detto contratto mancano le firme della ditta contraente e della Milano Assicurazioni.

8.1.Il motivo è inammissibile, poichè dalla sentenza impugnata non risulta che tale eccezione fosse stata mossa nel giudizio di appello.

I motivi del ricorso per Cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in Cassazione questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase del merito e non rilevabili di ufficio (Cass. n. 6989/2004; Cass. n. 5561/2004; Cass. n. 1915/2004).

8.2. Se, invece, la questione fosse stata effettivamente proposta al giudice di secondo grado, poichè questi non ha esaminato la questione, la parte non avrebbe potuto denunziare un vizio di motivazione, ma avrebbe dovuto anzitutto denunziare la violazione di norma processuale sotto il profilo dell’omessa pronuncia (art. 112 c.p.c.), dimostrando dove ed in che termini aveva sottoposto la questione al giudice di appello, perchè questi avesse il dovere di esaminarla, e ciò in base al principio di autosufficienza del ricorso. Detto principio trova applicazione anche allorchè il ricorrente per Cassazione lamenti un’omessa pronuncia relativa ad una domanda o ad un’eccezione, per cui egli ha l’onere di indicare in quale atto detta domanda o eccezione è stata posta, al fine di permettere la valutazione della ritualità e tempestività della stessa e quindi della decisività della questione, offrendo il riferimento all’atto dei processo dal quale risulti la domanda o l’eccezione (cfr. per ipotesi similari, Cass. 24 marzo 1999, n. 2773;

Cass. 20.3.1999, n. 2618; Cass. 29 settembre 1998, n. 9711).

9.Il ricorso va, pertanto, rigettato ed i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione sostenute dalla resistente e liquidate in complessivi Euro 3200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2011

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