Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18650 del 08/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/09/2020, (ud. 08/07/2020, dep. 08/09/2020), n.18650

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15218-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

NADET NAVAL DEPOSITI SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE 44, presso

lo studio dell’avvocato ANTONIO BUONFIGLIO, rappresentata e difesa

dagli avvocati GIOVANNI CALICETI, FRANCESCO SILVESTRINI, MARIO

MARTELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 469/14/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’EMILIA ROMAGNA, depositata il 25/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 08/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA

CAPRIOLI.

 

Fatto

Considerato che:

L’Agenzia delle Entrate ricorre, svolgendo 4 motivi, per la cassazione della sentenza n. 469/2019, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Emilia Romagna, in controversia riguardante l’impugnazione dell’avviso di rettifica della rendita proposta dalla società Nadep Nalval Depositi s.r.l. emesso dall’Amministrazione finanziaria ed impugnato innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Ravenna.

La Commissione Tributaria Regionale rigettava l’appello dell’Agenzia delle Entrate, ritenendo corretto l’inquadramento nella categoria catastale E/1 della porzione di fabbricato adibito a deposito e a stoccaggio di merci in quanto funzionalmente collegati all’attività di impresa.

La società si è costituita con controricorso.

Diritto

Considerato che:

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 40, in relazione all’art. 2082 c.c.. Lamenta in particolare che la CTR non avrebbe fatto buon governo delle norme che disciplinano l’accatastamento riconoscendo all’attività svolta dalla società un rilevante interesse pubblico tale da comportare di fatto una esenzione fiscale.

Osserva infatti che la contribuente è un imprenditore commerciale che svolge la sua attività non per fini pubblicistici ma per finalità di lucro determinando imponibili che danno luogo a reddito di impresa in conformità all’oggetto sociale. Con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 40 e dell’art. 2082 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Sostiene che la CTR avrebbe omesso qualsiasi valutazione sulla situazione di fatto con riguardo alla concreta collocazione del compendio oggetto dell’accertamento rispetto alla banchina portuale.

Evidenzia in proposito che il complesso immobiliare in contestazione è ubicato in (OMISSIS), strada del centro della zona industriale/commerciale denominata “(OMISSIS)”.

Rileva infatti che il classamento presuppone che si siano previamente verificate le condizioni intrinseche ed intrinseche degli immobili come prevede il R.D. n. 652 del 1939, la L. n. 427 del 1989, art. 8, e il D.P.R. n. 1142 del 1989, art. 2, gli artt. 61 e 62 che impongono come criterio di classamento la destinazione ordinaria e le caratteristiche anche costruttive influenti sul reddito e nel caso di unità immobiliari, costituita da parti aventi destinazioni ordinarie proprie di categoria diverse, il criterio della prevalenza della parte ai fini della formazione del reddito. Con il terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 578 e della L. n. 212 del 2000, art. 1, comma 2 e art. 3, comma 1 e degli artt. 11 e 12 preleggi in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Critica in particolare la decisione impugnata nella parte in cui per rafforzare il suo convincimento circa la correttezza dell’inquadramento degli immobili nella categoria E/1 fa richiamo alla L. n. 205 del 2017, comma 258.

Osserva in proposito che detta previsione, diversamente da quanto sostenuto dalla CTR, non è una disposizione di interpretazione autentica ma avrebbe invero una portata innovativa e come tale non potrebbe estendere i suoi effetti retroattiva mente.

Con un quarto motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 139 del 1998, art. 1, comma 5 e della L. n. 212 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta infine che la CTR avrebbe poi ritenuto carente di motivazione l’avviso di accertamento liquidando in modo superficiale la questione senza tenere conto delle disposizioni vigenti in materia di Catasto edilizio urbano e di Estimo catastale.

Per priorità logico giuridica va esaminato il quarto motivo di ricorso.

Ai fini di un corretto inquadramento del problema occorre ricordare che secondo il costante orientamento della Corte, in materia in materia di classamento degli immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga, come nella specie, nell’ambito di una procedura DOCFA, l’obbligo della motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, cosa che è avvenuta nella fattispecie in esame.

Diversamente da quanto accade nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto: in tale caso la motivazione deve essere più approfondita e deve specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio di difesa del contribuente, sia anche per delimitare l’oggetto dell’eventuale futuro contenzioso (Cass. 34243/2019).

Questa Corte ha, infatti, precisato che l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati, mentre, in caso contrario, la motivazione dovrà essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (Cass. n. 31809 del 2018, n. 23237 del 2014, n. 21532 del 2013). Nel primo caso, infatti, gli elementi di fatto indicati nella dichiarazione presentata dal contribuente non disattesi dall’Ufficio risultano immutati, di tal che la discrasia tra la rendita proposta e la rendita attribuita si riduce ad una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati. In simili ipotesi risulta evidente che la presenza e la adeguatezza della motivazione rilevino, non già ai fini della legittimità dell’atto, ma della concreta attendibilità del giudizio espresso. Diversamente, laddove la rendita proposta con la DOCFA non venga accettata in ragione di ravvisate differenze relative a taluno degli elementi di fatto indicati dal contribuente, l’Ufficio dovrà, appunto, specificarle per i motivi sopra indicati.

La procedura docfa, come è noto, è caratterizzata dalla collaborazione del contribuente, il quale propone “anche l’attribuzione della categoria, classe e relativa rendita catastale, per le unità a destinazione ordinaria, o l’attribuzione della categoria e della rendita, per le unità a destinazione speciale o particolare”, e tale rendita rimane negli atti catastali come “rendita proposta” fino a quando l’Ufficio non provvede con i mezzi di accertamento a sua disposizione, e comunque entro dodici mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni di cui al comma 1, alla determinazione della rendita catastale definitiva.

A tali principi non si è uniformata la Commissione tributaria regionale la quale ha erroneamente reputato – così incorrendo nella violazione di legge – che fosse da escludere la sussistenza stessa della motivazione dell’avviso di accertamento, emesso ai sensi del D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2, e contenente la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita all’immobile, nonostante la modifica del classamento e l’elevazione delle rendita conseguisse esclusivamente a una differente valutazione tecnica in ordine al valore economico dell’immobile e senza che l’ufficio avesse disatteso alcuno degli elementi di fatto indicati dal contribuente.

I primi tre motivi che vanno esaminati congiuntamente per l’intima connessione sono fondati.

Questa Corte ha affermato il principio, a cui intende dare continuità, secondo cui: “In tema di ICI, sono assoggettate al pagamento dell’imposta in quanto non classificabili in categoria E, le aree c.d. scoperte che risultino indispensabili al concessionario del bene demaniale per lo svolgimento della sua attività, atteso che il presupposto dell’imposizione è che ogni area sia suscettibile di costituire un’autonoma unità immobiliare, potenzialmente produttiva di reddito” (Cass. n. 10031 e 10032 del 2017; Cass. 2020 nr 2172 e Cass. 2020/2172; Cass. 2020 nr 1463).

Si è inoltre stabilito che “In tema di classamento, ai sensi del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 40, convertito, con modificazioni, nella L. n. 286 del 2006, nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale, e, cioè, alla luce del combinato disposto del R.D.L. n. 652 del 1939, art. 5 e del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 40, immobili per se stessi utili o atti a produrre un reddito proprio, anche se utilizzati per le finalità istituzionali dell’ente titolare” (Cass. n. 20026/15 ed innumerevoli altre, anche in materia di aree portuali).

E’ dunque indispensabile, indipendentemente dalla proprietà demaniale dell’area e dal suo utilizzo in regime di concessione pubblica, svolgere una verifica in concreto in relazione alla effettiva destinazione ed all’impiego del bene (criterio di funzione, non di ubicazione).

Verifica che nel caso in esame non è stata effettuata dalla CTR, che ha fondato il suo convincimento su affermazioni apodittiche, senza accertare se gli spazi adibiti a deposito e stoccaggio, fossero o meno privi di autonomia funzionale e reddituale rispetto all’attività portuale.

Nè giova richiamarsi allo “jus superveniens” costituito dal L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 578, (Legge di Bilancio 2018), che stabilisce, per quanto qui d’interesse, che le banchine e le aree scoperte dei porti nonchè i depositi ivi ubicati strettamente funzionali alle suddette operazioni e servizi portuali, costituiscono immobili a destinazione particolare, da censire in catasto nella categoria E/1, anche se affidati in concessione a privati”.

Si tratta di una disciplina innovativa espressamente destinata ad operare (“A decorrere dal 1 gennaio 2020…”), come ha chiarito questa Corte, per il futuro (Cass. 2018 n. 4607).

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte la sentenza, in accoglimento del ricorso, va cassata e rinviata alla CTR della Emilia Romagna che, in diversa composizione, verificherà, alla luce delle risultanze processuali, se l’area in questione goda di una autonomia funzionale nel senso sopra precisato e regolerà le spese della presente fase di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata, in relazione ai motivi accolti e rinvia alla CTR della Emilia Romagna in diversa composizione, anche per le spese di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2020

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA