Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1865 del 28/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/01/2020, (ud. 18/11/2019, dep. 28/01/2020), n.1865

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – rel. Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6020/13 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

PAPER PLANET S.R.L., in persona del legale rappresentante;

– intimata –

e nei confronti di

EQUITALIA SUD S.P.A., in persona del legale rappresentante;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia n. 66/8/12 depositata in data 19 luglio 2012;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 novembre

2019 dal Consigliere Dott.ssa Condello Pasqualina Anna Piera.

Fatto

RILEVATO

Che:

La società Paper Planet s.r.l. impugnava la cartella di pagamento, notificata da Equitalia Sud s.p.a., per l’importo di Euro 64.687,36 dovuto a titolo di IRPEF con riferimento all’anno d’imposta 2007.

L’adita Commissione provinciale di Bari dichiarava cessata la materia del contendere per intervenuto sgravio totale della pretesa tributaria e, disattendendo la specifica richiesta della società, disponeva l’integrale compensazione delle spese processuali sull’assunto che nessun addebito potesse essere attribuito all’Agente della Riscossione, in quanto il provvedimento di sgravio era stato comunicato dopo l’instaurazione del giudizio.

La contribuente, con un unico motivo di gravame, appellava la sentenza di primo grado dolendosi del rigetto della domanda di condanna dell’Agente della riscossione al pagamento delle spese processuali.

La Commissione tributaria regionale della Puglia, accogliendo l’appello, in riforma della sentenza di primo grado, condannava Equitalia Sud s.p.a. e l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di giudizio, ritenendo sussistente la responsabilità dell’Ente impositore e dell’Agente della Riscossione per avere provocato l’instaurazione di un contenzioso che avrebbe potuto essere evitato.

Spiegava, al riguardo, che la contribuente, a seguito di notifica della cartella di pagamento, aveva definito un piano di rateizzazione, D.Lgs. n. 462 del 1997,ex art. 3-bis, comma 1, ed aveva iniziato a pagare la prima e la seconda rata; nonostante ciò, in data 7 febbraio 2011, ossia successivamente al pagamento della prima rata, l’Ufficio aveva iscritto a ruolo l’intero importo dovuto, ignorando l’intervenuta definizione del piano di rateizzazione, e l’Agente della Riscossione aveva emesso la cartella di pagamento; la società aveva tempestivamente segnalato le predette circostanze, ma, essendo rimasta infruttuosa l’istanza di sospensione della cartella di pagamento, nell’imminenza del decorso dei termini aveva intrapreso l’azione giudiziaria con ricorso proposto alla Commissione provinciale e solo nel corso del giudizio l’Agenzia delle Entrate aveva comunicato di avere disposto lo sgravio totale dell’atto impugnato.

Riteneva, quindi, che la società era stata costretta ad attivare la procedura giudiziaria a causa del negligente ritardo con cui il Concessionario aveva preso in esame l’istanza di sospensione della cartella di pagamento e del negligente comportamento dell’Agenzia delle Entrate che aveva erroneamente disposto l’iscrizione a ruolo nonostante la definizione del piano di rateizzazione.

Ricorre per la cassazione della suddetta decisione l’Agenzia delle Entrate, con un unico motivo.

La società contribuente ed Equitalia Sud s.p.a., sebbene ritualmente intimate, non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con un unico motivo la difesa erariale censura la decisione impugnata per vizio di ultrapetizione ex art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Il giudice di appello era stato investito del gravame limitatamente alla parte della sentenza della Commissione provinciale che aveva disposto la compensazione delle spese processuali e la società contribuente aveva chiesto espressamente ed esclusivamente nei confronti dell’Agente della Riscossione la condanna al pagamento delle spese di lite.

La Commissione regionale, disponendo il pagamento delle spese anche a carico dell’Agenzia delle Entrate e non solo nei confronti dell’Agente della Riscossione, aveva violato il principio del tantum devolutum quantum appellatum che precludeva al giudice di appello la statuizione su punti della controversia non investiti dal gravame, in contrasto con il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

2. La censura è fondata.

Il giudice, definendo un procedimento di carattere contenzioso, ha il potere-dovere, ai sensi degli artt. 91 c.p.c. e ss., di statuire sulle spese, anche senza espressa istanza dell’interessato, salvo che lo stesso abbia manifestato la volontà di rinunziarvi (Cass. n. 12542 del 27/8/2003).

Nel caso in esame, dalla stessa sentenza impugnata si evince che la sentenza di primo grado è stata impugnata dalla contribuente con un unico motivo di gravame che investiva il capo concernente la condanna al pagamento delle spese di lite, con il quale si chiedeva che queste venissero poste esclusivamente a carico di Equitalia Sud s.p.a., e non dell’Agenzia delle Entrate, prestando in tal modo acquiescenza alla sentenza di primo grado nella parte in cui disponeva la compensazione delle spese di lite nei confronti dell’Ente impositore.

Ne discende che, a fronte di una espressa volontà contraria della parte vittoriosa, pur essendo la condanna alle spese di lite pronuncia accessoria e consequenziale alla definizione del giudizio, il giudice di appello, ponendo le spese di lite anche a carico dell’Agenzia delle Entrate, è incorso nel vizio di ultrapetizione di cui all’art. 112 c.p.c., atteso che l’appellante aveva avanzato domanda di condanna alle spese nei soli confronti dell’Agente della Riscossione.

In accoglimento del ricorso la sentenza va, pertanto, cassata nella sola parte in cui ha disposto la condanna dell’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado.

Le spese di lite del presente giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti, considerato che il vizio rilevato non è riferibile alle parti intimate.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto, ferme le altre statuizioni della sentenza impugnata.

Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2020

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