Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18649 del 12/09/2011

Cassazione civile sez. III, 12/09/2011, (ud. 06/07/2011, dep. 12/09/2011), n.18649

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8476-2009 proposto da:

C.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA F.P. DE’ CALBOLI 5, presso lo studio dell’avvocato UTZERI

E’VA,, rappresentato e difeso dagli avvocati STAIANO SALVATORE,

STAIANO RITA ROSA giusto mandato in atti;

– ricorrente –

contro

ASSITALIA SPA (OMISSIS), in persona del Dott. F.M.

procuratore speciale dell’Amministratore Delegato dell’Ina Assitalia

S.p.a., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GUIDO D’AREZZO,32,

presso lo studio dell’avvocato ALBERTO CAVALIERE, rappresentato e

difeso dall’avvocato CAMPISE SERGIO giusto mandato in atti;

– controricorrente –

e contro

M.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 215/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 21/04/2008; R.G.N. 406/2004.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito l’Avvocato BAVA RAFFAELE per delega;

udito l’Avvocato CAMPISE SERGIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza depositata il 21 aprile 2008, accogliendo l’appello dell’Assitalia, sui punti che qui rilevano: a. ha limitato la condanna della compagnia al massimale di polizza oltre interessi legali, nei limiti della responsabilità da mala gestio “impropria”; b. ha precisato che solo l’assicurato ha diritto al risarcimento nei confronti dell’assicuratore anche oltre detto limite (mala gestio propria), mentre il danneggiato, per poter ottenere tale condanna deve aver proposto esplicita azione surrogatoria, nella specie non esercitata.

2. Il danneggiato C. propone ricorso per cassazione, basato su due motivi illustrati con memoria; resiste con controricorso la Compagnia; mentre l’assicurato non ha svolto attività difensiva.

2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge (artt. 324, 352 e 346 c.p.c.) ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per non avere la Corte territoriale tenuto conto che la compagnia non aveva impugnato – ed era quindi passata in giudicato – la pronuncia di condanna in solido al risarcimento del danno totale in favore di esso danneggiato.

2.2. Analoga eccezione in appello del danneggiato è stata respinta dalla Corte territoriale in quanto, con il terzo motivo di appello, l’Assitalia si era doluta di aver subito condanna per l’intero risarcimento dovuto alla vittima ed aveva chiesto che, in riforma della sentenza, il giudice del gravame accertasse e dichiarasse che era tenuta al pagamento solo ed esclusivamente degli interessi e della rivalutazione sul massimale di polizza, cosi distinguendo espressamente i limiti della sua responsabilità da quella del proprio assicurato. Secondo l’odierno ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe chiarito le motivazioni dell’inapplicabilità della disciplina delle impugnazioni e della formazione del giudicato sul punto, nonostante ciò fosse stato (nella comparsa costitutiva ed in quella conclusionale) esplicitamente richiesto. Come si può rilevare, la censura si rivela generica nella formulazione, non specificando nè quali sarebbero le regole di diritto erroneamente applicate, nè gli specifici vizi su fatti decisivi di tale motivazione. In ogni caso, non emergono circostanze che inducano a discostarsi dall’accertamento condotto dalla Corte territoriale, secondo la quale non si è formato l’invocato giudicato interno, perchè proprio con il terzo motivo di appello – poi accolto in detta fase la Compagnia aveva chiesto, in riforma della sentenza di primo grado contenente l’indicata condanna solidale, di distinguere espressamente i limiti della propria responsabilità (danni da mala gestio dovuti oltre il massimale, ma calcolati con riferimento al massimale stesso) da quelli del proprio assicurato.

2.3. Col secondo motivo, il ricorrente deduce ulteriore violazione di legge (artt. 1218, 1223 e 1224 c.c.), per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto di non poter condannare l’assicuratore oltre il limite del massimale anche per danno da mala gestio propria, per non avere il danneggiato proposto esplicita azione surrogatoria; nonchè difetto di motivazione, per non avere la Corte precisato le motivazioni della non configurabilità di un’idonea chiamata in garanzia nell’atteggiamento processuale dell’assicurato.

2.4. Neanche questa censura coglie nel segno, non sussistendo la lamentata violazione di legge. Infatti, la Corte territoriale, sempre al fine di sottolineare i limiti della responsabilità della compagnia assicuratrice e la differente responsabilità della stessa per mala gestio impropria, nei confronti del danneggiato, e per mala gestio propria, ha correttamente ricordato, quanto a quest’ultima, che l’assicurato, il quale intenda invocare la responsabilità ultramassimale del proprio assicuratore della r.c.a. , per cd. “mala gestio” propria, ha l’onere di formulare in modo esplicito la relativa domanda (Cass. n. 15397/10; 17460/06; 2276/05; 15036/04;

14248/04). Pertanto, il danneggiato non può far valere contro l’assicuratore come diritto proprio, il diritto al risarcimento del danno che, nel rapporto contrattuale di assicurazione, deriva all’assicurato dal pregiudizio che l’assicuratore gli cagiona non eseguendo la sua obbligazione in buona fede (la predetta mala gestio cd. propria). Per farlo, il danneggiato deve agire con l’azione surrogatoria, sostituendosi al proprio debitore che trascura di esercitare quel diritto verso l’assicuratore ex art. 2900 c.c.; solo in tal caso, egli può ottenere in suo favore la condanna dell’assicuratore, nei limiti in cui, a seconda dei casi, l’avrebbe potuta ottenere l’assicurato (in termini Cass. S.U. n. 10725/03 e Cass. 15397/10, in motivazione). Come rilevato in controricorso dalla compagnia, la statuizione relativa alla mancata proposizione di tale specifica azione surrogatoria non ha determinato, peraltro, la soccombenza del danneggiato sul punto, non risultando che sia stata dedotta in lite la formulazione di detta istanza; con conseguente difetto d’interesse del danneggiato alla proposizione di tale censura. In ogni caso, non esiste neanche il prospettato vizio motivazionale, che sarebbe collegato alla mancata considerazione, ai fini della proposizione della domanda in questione, di una domanda di manleva che il danneggiaste avrebbe implicitamente proposto nei confronti del proprio assicuratore. Anche ove sussistente, un siffatto atteggiamento processuale del danneggiaste non sarebbe stato idoneo ad integrare la proposizione della domanda di danno da mala gestio propria, dovendosi ribadire che questa deve essere espressamente formulata, non potendo ritenersi implicita (neanche) nella chiamata in causa dell’assicuratore da parte dell’assicurato nel corso del giudizio introdotto dal terzo danneggiato (Cass. n. 17363/04; 10036/04; 198/03).

3. Ne deriva il rigetto del ricorso. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 9.400=, di cui Euro 9.200= per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2011

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