Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18644 del 30/06/2021
Cassazione civile sez. I, 30/06/2021, (ud. 15/09/2020, dep. 30/06/2021), n.18644
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35269/2018 proposto da:
E.E., elettivamente domiciliato in Roma Via Chisimaio, 29,
presso lo studio dell’avvocato Cardone Marilena, che lo rappresenta
e difende;
– ricorrente –
contro
Commissione Territoriale Per il Riconoscimento Della Protezione
Internazionale Di Roma, Ministero Dell’interno (OMISSIS);
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 26/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
15/09/2020 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.
Fatto
RILEVATO
che:
Il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso proposto da E.E., cittadino nigeriano, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.
Il richiedente asilo ha riferito di aver lasciato il proprio paese perchè gli adepti dell’idolo venerato dal padre volevano che alla morte di quest’ultimo ne prendesse il posto, ma al suo rifiuto, gli avevano fatto un maleficio che dopo sette mesi, quando l’albero che avevano posto dietro la sua casa avesse perso i rami, egli sarebbe morto.
A sostegno della decisione di rigetto, il tribunale ha evidenziato che i fatti narrati, anche a prescindere dalla loro credibilità, non evocano profili di persecuzione diretta e personale per come contemplata dalla convenzione di Ginevra. Ad avviso del tribunale, neppure sussistono i presupposti della protezione sussidiaria, perchè il pericolo paventato di un danno grave è del tutto soggettivo e non fondato su elementi che possano rappresentare un reale pericolo. Dalla consultazione delle fonti d’informazione, il tribunale ha accertato che non emerge una situazione di violenza indiscriminata nello stato di provenienza del richiedente (Edo State), pur essendo presente in altre parti della Nigeria. Il tribunale neppure ha ravvisato particolari situazioni di vulnerabilità da tutelare in capo al richiedente.
Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione di norme di diritto, in particolare del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 4 e art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perchè il richiedente nel caso concreto aveva fornito dichiarazioni dettagliate, congrue e in linea con quanto avviene nel paese di provenienza, nonchè confermato dalle fonti internazionali; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione di norme di diritto, in particolare, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, avendo il tribunale erroneamente sostenuto che in Nigeria non sussiste una situazione di violenza indiscriminata, contrariamente da quanto risulta dai rapporti internazionali; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il tribunale non aveva operato una valutazione comparativa degli elementi che concorrono a determinare una condizione di vulnerabilità legata sia alla vicenda personale del richiedente sia alle condizioni del suo paese d’origine.
Il primo motivo è inammissibile, perchè solleva censure di merito in termini di mero dissenso, sulla situazione personale del richiedente in riferimento al contesto generale del paese di provenienza.
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente, nel voler ricostruire diversamente la situazione esistente in Nigeria mira a una rilettura a sè favorevole delle fonti consultate dal tribunale, lamentando che il tribunale non si sarebbe sufficientemente applicato al proprio dovere di cooperazione istruttoria ma con ciò mira a una rivalutazione della controversia nel merito.
Il terzo motivo, in riferimento alla protezione umanitaria è infondato, in quanto la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione.
La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2021