Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18643 del 12/08/2010

Cassazione civile sez. I, 12/08/2010, (ud. 25/03/2010, dep. 12/08/2010), n.18643

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.M.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA OTTAVIANO 66, presso l’avvocato BARILE ANTONIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ROMANO FRANCESCO, giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

27/12/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/03/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per l’accoglimento del secondo

motivo.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che D.M.M., con ricorso del 20 giugno 2008, ha impugnato per cassazione – deducendo due motivi di censura -, nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze, il decreto della Corte d’Appello di Napoli depositato in data 27 dicembre 2007, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso del D.M. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, -, in contumacia del Ministro dell’economia e delle finanze, ha condannato il resistente a pagare al ricorrente la somma di Euro 4.350,00 a titolo di equa riparazione, nonchè la somma di Euro 500,00 a titolo di spese del giudizio, oltre accessori;

che resiste, con controricorso, il Ministro dell’economia e delle finanze;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 27.500,00 per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 15 maggio 2007, era fondata sui seguenti fatti: a) il D. M., assumendo di essere creditore di somme a titolo di incentivazione, aveva proposto – con ricorso del 31 marzo 1987 – la relativa domanda dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Campania; b) il Tribunale adito aveva deciso la causa, a seguito di deposito di istanza di prelievo in data 20 maggio 2007, con sentenza del 2 aprile 2008;

che la Corte d’Appello di Napoli, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver determinato in tre anni il periodo di tempo necessario per la definizione secondo ragionevolezza del processo presupposto – ha osservato che: a) nella specie, per circa dieci anni il ricorrente non ha sollecitato la trattazione del ricorso dinanzi al T.a.r., dimostrando in tal modo disinteresse per la definizione della controversia; b) conseguentemente, la durata complessiva del processo presupposto va determinata in dieci anni e tre mesi; c) tenuto conto dell’oggetto del giudizio, della data di presentazione dell’istanza di prelievo e della natura seriale del giudizio stesso, l’indennizzo va liquidato in via equitativa nella misura di Euro 4.350,00 calcolata sulla base di sette anni e tre mesi di irragionevole durata e di Euro 600,00 per anno.

Considerato che con i due motivi di censura – i quali possono essere esaminati per questioni -, vengono denunciati come illegittimi: a) l’applicazione di un parametro di liquidazione dell’indennizzo ingiustificatamente inferiore a quello indicato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo; b) il mancato riconoscimento del diritto al supplemento di indennizzo per il danno non patrimoniale, in relazione al bonus forfetario dovuto in ragione della materia previdenziale trattata nel processo presupposto; c) la carenza di motivazione nella decisione delle predette questioni;

che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito precisati;

che le censura sub a) e sub c) sono fondate, perchè i Giudici a quibus si sono discostati dal consolidato orientamento di questa Corte che, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni;

che la censura sub b) è infondata alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’inclusione delle cause di lavoro e di quelle previdenziali nel novero di quelle per le quali la Corte EDU ha ritenuto che la liquidazione dell’indennizzo per il danno non patrimoniale possa giungere fino a 2000,00 Euro per anno, in ragione della particolare importanza della controversia, non significa che dette cause debbano necessariamente considerarsi particolarmente importanti, con la conseguente automatica liquidazione del predetto maggior indennizzo, potendo il giudice del merito tener conto della particolare incidenza del ritardo sulla situazione delle parti, che la natura giuslavoristica della controversia comporta, nell’ambito della valutazione concernente la liquidazione del danno, senza che ciò comporti uno specifico obbligo di motivazione al riguardo, nel senso che il mancato riconoscimento del maggior indennizzo si traduce nell’implicita esclusione della particolare rilevanza della controversia (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 17684 del 2009);

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alle censure accolte;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2;

che, alla luce dei criteri dianzi ribaditi, si ritiene equo liquidare, a titolo di equa riparazione, la complessiva somma di Euro 6.500,00 (Euro 2.250,00, per i primi tre anni di irragionevole durata, Euro 4.000,00 per gli ulteriori quattro anni ed Euro 250,00 per i residui tre mesi), oltre gli interessi dalla domanda al saldo;

che, ai fini della riliquidazione delle spese processuali del giudizio di merito, il processo camerale per l’equa riparazione del diritto alla ragionevole durata del processo va considerato quale procedimento avente natura contenziosa, nè rientra tra quelli speciali di cui alla tabelle A) e B) allegate al Decreto del Ministro della giustizia 8 aprile 2004, n. 127 (rispettivamente voce 50, paragrafo 7 e voce 75, paragrafo 3), per tali dovendo intendersi, ai sensi dell’art. 11 della tariffa allegata a detto decreto ministeriale, i procedimenti in camera di consiglio ed in genere i procedimenti non contenziosi (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 25352 del 2008);

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4^, e B, paragrafo 1^, allegate al Decreto del Ministro della giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi – in complessivi Euro 1.850,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Francesco Romano, dichiaratosene antistatario;

che le spese del presente grado di giudizio compensate per la metà, in ragione del parziale accoglimento del ricorso – seguono la residua soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento, in favore del ricorrente, della somma di Euro 6.500,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della stessa parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, in complessivi Euro 1.850,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Francesco Romano, dichiaratosene antistatario, e, per il giudizio di legittimità, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 900,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dello stesso avv. Romano, dichiaratosene antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 25 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2010

 

 

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