Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18642 del 13/07/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 18642 Anno 2018
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: PERRINO ANGELINA MARIA

SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 1537 del ruolo generale
dell’anno 2017, proposto
da
s.à.r.l. I.F.F., in persona del legale rappresentante pro
tempore,

rappresentato e difeso, giusta procura

speciale in calce al ricorso, dagli avvocati Augusto
Fantozzi, Francesco Giuliani e Giulio Chiarizia, presso lo
studio dei quali in Roma, alla via Sicilia, n. 66,
elettivamente si domicilia
-ricorrentecontro
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro
tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura

generale dello Stato, presso gli uffici della quale in
Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si domicilia
-controricorrente e ricorrente in via incidentale-

RG n. 1537/2017

Data pubblicazione: 13/07/2018

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per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria
regionale delle Marche, depositata in data 22 settembre 2016, n.
598/1/16;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data
19 febbraio 2018 dal consigliere Angelina-Maria Perrino;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore

l’accoglimento del quinto motivo del ricorso principale, nonché di
quello incidentale;
sentiti per l’Agenzia l’avvocato dello Stato Fabrizio Urbani Neri e
per la società gli avvocati Augusto Fantozzi e Francesco Giuliani.
Fatti di causa.
Emerge dalla sentenza impugnata che l’Agenzia delle entrate
promosse un accertamento nei confronti della s.à.r.l. I.F.F. e della
s.r.l. 22, riconducibili al medesimo gruppo, facente capo allo
stilista belga Dirk Bikkembergs, in seno al quale la prima curava la
commercializzazione del marchio “Bikkembergs” in Italia e nel
mondo, e la seconda produceva i capi di abbigliamento che
riportavano il marchio. L’Agenzia ritenne che la s.à.r.l. I.F.F.
disponesse di una stabile organizzazione in Italia, di modo che ne
recuperò a tassazione i proventi dell’attività economica in Italia.
Ne seguì l’emissione nei confronti di questa società, per gli
anni d’imposta dal 2002 al 2006, di dieci avvisi di accertamento,
con i quali l’ufficio contestò, ai fini delle imposte dirette, l’omessa
dichiarazione di ricavi in Italia, riconoscendo i costi accertati e, ai
fini dell’iva, l’omessa registrazione di operazioni imponibili. Con gli
avvisi furono irrogate anche le sanzioni.
Anche la s.r.l. 22 fu destinataria di quattro avvisi di
accertamento, per gli anni d’imposta dal 2003 al 2006, con i quali
l’Agenzia contestò l’omessa applicazione dell’iva alle cessioni alla
s.à.r.l. I.F.F., perché qualificate non già come cessioni
intracomunitarie ad acquirente lussemburghese, bensì come
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Angelin

generale Umberto De Augustinis, che ha concluso per

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cessioni interne alla stabile organizzazione in Italia di quella
società.
Entrambe le società impugnarono gli avvisi a ciascuna
rispettivamente notificati, senza successo in primo grado.
La Commissione tributaria regionale delle Marche ha accolto
in parte, previa riunione, gli appelli dell’Agenzia. Ciò in quanto ha

s.à.r.l. IFF per il periodo dal maggio 2005 al novembre 2006, ma
ha escluso la debenza delle sanzioni relative.
A seguito di ricorso dell’Agenzia per ottenere la cassazione
della sentenza, contrastato da controricorso e ricorso incidentale
della società, questa Corte con sentenza n. 5649/15 ha accolto il
ricorso principale limitatamente al capo concernente le sanzioni, là
dove ha affermato che la Commissione tributaria regionale, nel
disapplicare le sanzioni, è incorsa nel vizio di ultrapetizione.
Ha poi accolto il ricorso incidentale limitatamente:
– alle modalità di determinazione della materia imponibile, in
relazione all’applicazione di una percentuale sulle vendite, pur
essendo stata accertata l’esistenza di una stabile organizzazione
in Italia in relazione a esse;
– all’omessa pronuncia sull’appello proposto da s.r.l. 22;
– all’omessa pronuncia in ordine alla contestazione concernente la
pretermissione dei dati evincibili dalla procedura di mutua
assistenza col Granducato del Lussemburgo.
A seguito di questa sentenza il giudice del rinvio ha escluso che
l’attivazione del procedimento di mutua assistenza possa
derogare alla sovranità dello Stato nazionale, ha ritenuto che la
s.r.l. 22 costituisse una stabile organizzazione di quella
lussemburghese, ha specificato che per l’intero periodo della
verifica (ossia dal 2002 al 2006) la gestione della s.à.r.l. era da
ritenere localizzata in Italia presso la s.r.l. 22, con la

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Angelin

ritenuto che sussistesse la stabile organizzazione in Italia della

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conseguente legittimità degli avvisi di accertamento relativi alle
imposte dirette e all’irap dal 2003 al 2006.
Ha aggiunto, quanto all’iva, che legittimi sono i relativi avvisi
di accertamento per gli anni in questione, ma limitatamente alle
cessioni ai clienti italiani, perché, di contro, le vendite effettuate
dalla s.r.l. 22 alla IFF s.à.r.l. sono da qualificare come cessioni

Infine, il giudice d’appello ha ritenuto non dovute le sanzioni,
ravvisando la sussistenza di condizioni di obiettiva incertezza.
Contro questa sentenza propone ricorso la s.à.r.l. IFF per
ottenerne la cassazione, che affida a sette motivi, ulteriormente
articolati in subcensure, che illustra con memoria, cui l’Agenzia
risponde con controricorso e ricorso incidentale, articolato in un
mezzo.
Ragioni della decisione.
1.- Con i primi tre motivi del ricorso principale, da esaminare
insieme, nonché congiuntamente al sesto, perché relativi i primi
tre alla medesima questione e il sesto a questione connessa, la
società lamenta:
– ex art. 360,

10 comma, n. 4, c.p.c., la nullità della

sentenza per violazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., perché
l’Agenzia ha accertato l’esistenza di una stabile organizzazione di
IFF in Italia utilizzando un metodo induttivo, senza attendere
l’esito dello scambio d’informazioni con le autorità lussemburghesi,
che, anzi, è stato pretermesso e ha affidato l’affermazione
dell’omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali da parte della
s.r.l. 22 a una mera petizione di principio (primo motivo);
– ex art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa
applicazione degli artt. 31-bis, 39 e 41 del d.P.R. n. 600/73 e 55
del d.P.R. n. 633/72, 49 e 56 del TFUE, della sesta direttiva,
dell’art. 1 del reg. n. 1798/03, nonché degli artt. 3, 4 e 5 del TUE,
perché la condotta dell’amministrazione, di accertamento con
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intraconnunitarie, come tali non imponibili.

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metodo induttivo del reddito della stabile organizzazione della IFF,
contrasta col principio della libertà di stabilimento in altro Stato
dell’Unione e viola il principio di leale cooperazione fra gli Stati
membri, nonché il principio di proporzionalità delle restrizioni delle
libertà fondamentali (secondo motivo);
– ex art. 360, 10 comma, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa

del d.P.R. n. 633/72, 53 e 97 Cost., 10 I. n. 212/00, 41 della
CDFUE, 1 della sesta direttiva, 1 del reg. n. 1798/03, nonché degli
artt. 3, 4 e 5 del TUE e 49 e 56 del TFUE, perché l’Agenzia non ha
considerato anche gli elementi a favore della contribuente, anche
in base agli elementi desumibili dagli atti inviati dall’autorità
straniera, che, invece, ha pretermesso, in tal modo violando anche
gli artt. 112 e 115 c.p.c., 47 e 52 della CDFUE e 6 della CEDU
(terzo motivo);
– ex art. 360, 10 comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa
applicazione degli artt. 4 TUE, 49 TFUE, 17, 47 e 52 della CDFUE,
6 de,Ila CEDU, 1 del primo protocollo addizionale della CEDU, 9
della sesta direttiva e 11 Cost., perché il giudice del rinvio non ha
disapplicato la sentenza n. 5649/15 di questa Corte sebbene fosse
in contrasto col principio del primato del diritto dell’Unione, là
dove era stata confermata la sussistenza di una stabile
organizzazione della IFF in violazione, appunto, del diritto unionale
(sesto motivo).
La censura complessivamente proposta presenta al
contempo profili d’inammissibilità e d’infondatezza.
1.1.- Essa è inammissibile, perché contrasta col giudicato
interno derivante da Cass. n. 5649/15, la quale, nel dichiarare
inammissibili il primo, il secondo e il terzo motivo del ricorso
proposto al proprio esame dalla società, che appunto riguardavano
la sussistenza della stabile organizzazione per il periodo maggio
2005-novembre 2006, ha determinato l’irretrattabilità
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applicazione degli artt. 31-bis, 39 e 41 del d.P.R. n. 600/73 e 55

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dell’accertamento di fatto concernente la sussistenza della stabile
organizzazione per quel periodo.
1.2.- Non è scalfito quest’accertamento dall’accoglimento, ad
opera di Cass. n. 5649/15, del decimo motivo del ricorso
incidentale allora proposto dalla IFF, concernente l’omessa

utilizzata»

sull’«illegittimità della metodologia induttiva
derivante dalla pretermissione dell’esito della

procedura di scambio con le autorità lussemburghesi.
Ciò perché l’accoglimento è stato ritenuto rilevante dalla
Corte soltanto ai fini della <>. L’affermazione della società, allora,
che postula che nessun bene sia pervenuto alla stabile
organizzazione dalla s.r.l. 22, è affidata a mera petizione di
principio.
7.- Si rivela, peraltro, fondato il settimo motivo del ricorso,
per le ragioni già enunciate, nella parte in cui la società torna a
denunciare, ai fini dell’iva, la violazione degli artt. 384 c.p.c. e
2909 c.c., là dove il giudice d’appello ha svolto un nuovo
accertamento di fatto per tutti gli anni in considerazione in
relazione alla configurabilità della stabile organizzazione.
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Angeli

ore

giudicato invocato la certificazione prodotta in allegato all’istanza di

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7.1.

Il motivo è, invece, inammissibile per il profilo col quale

lamenta che il giudice del rinvio non ha accertato in concreto
alcuna cessione imponibile ai fini dell’iva compiuta dalla stabile
organizzazione per il periodo in cui se n’è accertata l’esistenza.
Il giudice d’appello ha difatti avuto riguardo, ai fini dell’iva,
alla «riconduzione delle operazioni commerciali (vendite) alla

dall’Ufficio quanto alle imposte dirette».
E in precedenza ha richiamato, così individuando

per

relationem le vendite in questione, le «fatture di vendita sia in
Italia che all’estero dei prodotti finali, che hanno consentito ai
verificatori di quantificare, per ogni anno verificato, il complessivo
fatturato,

sia nazionale che estero, riconducibile alla “I.F.F.

SARL”»; sicché la censura si traduce, per quest’aspetto, in una
contestazione delle valutazioni di merito svolte dal giudice
d’appello, inammissibilmente proposta.
Il che determina l’assorbimento del profilo oltre indicato sub
7.2.b del ricorso.
7.2.- Il motivo è, inoltre, infondato per l’aspetto individuato
sub 7.2.a. del ricorso, secondo cui «tutte le prestazioni di servizio
rese da una S.O. alla “casa madre” sono fuori campo Iva per via
del principio delrunitarietà del soggetto d’imposta ex art. 4 della
sesta direttiva».
L’affermazione è smentita dalla Corte di giustizia, la quale ha
stabilito (con sentenza 16 ottobre 2014, causa C-605/12, Welmory
sp. z o.o., punto 64) che la circostanza che le attività svolte da
due società

«formino un tutt’uno economico e che del loro

operato beneficino sostanzialmente i consumatori»

dello Stato

membro in cui è ubicata una delle due (in quel caso, la Polonia),
non è pertinente ai fini dell’accertamento se l’altra (in quel caso,
una società cipriota) possieda in quello Stato membro una stabile
organizzazione.
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stabile organizzazione in Italia della “I.F.F. SARL” operata

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E ciò perché, ha puntualizzato, «occorre infatti distinguere
le prestazioni di servizi dalla società polacca alla società cipriota da
quelle da quest’ultima fornite ai consumatori in Polonia. Si tratta di
prestazioni di servizi distinte, soggette a regimi iva differenti».
Di

qui

l’inutilità

della

proposizione

della

questione

pregiudiziale proposta sul punto dalla società.
Nei limiti indicati, quindi, la sentenza impugnata va

cassata senza rinvio perché il giudizio non poteva proseguire.
9.- Fondato è altresì il ricorso incidentale, col quale l’Agenzia
si duole, ex art. 360, 10 comma, n. 4, c.p.c., della nullità della
sentenza per violazione dell’art. 384 c.p.c. e dell’art. 112 c.p.c. là
dove il giudice del rinvio ha ritenuto nuovamente non dovute le
sanzioni per oggettiva incertezza interpretativa.
Questa Corte, con la sentenza n. 5649/15, nell’accogliere il
primo motivo del ricorso proposto dall’Agenzia, che concerneva le
sanzioni, ha difatti escluso, anche in base al «passaggio dell’atto

di appello» richiamato nel controricorso, che la società avesse
proposto domanda di disapplicazione delle sanzioni ex art. 8 del
d.lgs. n. 546/92.
Anche per questo profilo, quindi, la sentenza va cassata senza
rinvio perché il giudizio non poteva proseguire.
10.-

L’esito complessivo della lite comporta l’integrale

compensazione delle spese di lite.

Per questi motivi
accoglie il quinto e il settimo motivo del ricorso principale, nei
limiti di cui in motivazione, nonché il ricorso incidentale e cassa
senza rinvio la sentenza impugnata in relazione ai profili accolti.
Rigetta nel resto il ricorso principale e compensa integralmente le
spese di lite.
Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2018.

8.-

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