Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1864 del 21/01/2022

Cassazione civile sez. lav., 21/01/2022, (ud. 24/11/2021, dep. 21/01/2022), n.1864

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Luca – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5543-2020 proposto da:

U.S., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato CATERINA BOZZOLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI PADOVA, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 3017/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 18/07/2019 R.G.N. 4226/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/11/2021 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte di Appello di Venezia, con la sentenza impugnata, ha rigettato l’appello proposto da U.S., cittadino del Bangladesh, avverso la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso con il quale la competente Commissione territoriale aveva, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria;

2. la Corte territoriale, per quanto specificamente interessa in questa sede, ha negato credibilità al racconto del richiedente protezione quanto alle riferite persecuzioni politiche nel paese di origine; sulla base di talune fonti internazionali specificamente individuate, ha poi escluso che per la regione di provenienza dell’istante sussistessero le condizioni per riconoscere la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c); ha infine negato la protezione umanitaria sull’assunto che “nel valutare la vulnerabilità della persona (…) non possono essere valorizzate le condizioni di instabilità politica del paese e, comunque, la valutazione di non credibilità del richiedente costituisce un ostacolo insormontabile”;

3. ha proposto ricorso per la cassazione del provvedimento impugnato il soccombente con 2 motivi; il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato al solo fine di una eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), nonché la “illogicità e contraddittorietà della motivazione”, in ordine al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria;

il motivo è inammissibile per difetto di specificità, secondo quanto ancora di recente ribadito dalle Sezioni unite di questa Corte, egrazdwEut: “In tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa” (Cass. SS.UU. n. 23745 del 2020; v. pure, Cass. n. 4905 del 2020; Cass. n. 16700 del 2020, Cass. n. 5001 del 2018);

parte ricorrente non ha assolto a tali oneri nella formulazione del motivo e la stessa denuncia di “illogicità e contraddittorietà della motivazione” non trova riscontro nella sentenza impugnata, che ha indicato le ragioni per cui è stata negata la protezione sussidiaria sulla scorta di informazioni tratte da fonti internazionali specificate;

2. con il secondo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in combinato disposto con il T.U., art. 5, comma 6, in materia di immigrazione, perché la Corte territoriale non avrebbe effettuato la dovuta comparazione tra integrazione sociale e situazione personale del richiedente, avuto particolare riguardo all’inserimento lavorativo ed alla frequenza di corsi di formazione;

le censure riguardanti il diniego del permesso di soggiorno per motivi umanitari vanno accolte nei confini segnati dalla motivazione che segue;

secondo quanto sancito da condivisa giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione internazionale, il difetto d’intrinseca credibilità sulla vicenda individuale e sulle deduzioni ed allegazioni relative al rifugio politico ed alla protezione sussidiaria, non estende i suoi effetti anche sulla domanda riguardante il permesso umanitario, poiché essa è assoggettata ad oneri deduttivi ed allegativi in parte diversi, che richiedono un esame autonomo delle condizioni di vulnerabilità, dovendo il giudice attivare anche su tale domanda, ove non genericamente proposta, il proprio dovere di cooperazione istruttoria (Cass. n. 7985 del 2020);

pertanto ha errato in diritto la Corte territoriale laddove ha considerato “un ostacolo insormontabile” la valutazione di non credibilità del richiedente, senza effettuare, di conseguenza, il giudizio comparativo così come prescritto in materia di protezione umanitaria dalle Sezioni unite di questa Corte che, innanzitutto (sent. n. 29459 del 2019), hanno condiviso l’orientamento che assegna rilievo centrale alla valutazione comparativa tra il grado d’integrazione effettiva nel nostro paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale (indirizzo inaugurato da Cass. n. 4455 del 2018, seguita, tra varie, da Cass. n. 11110 del 2019 e da Cass. n. 12082 del 2019); successivamente le stesse Sezioni unite (sent. n. 24413 del 2021) hanno precisato che, ai fini di detta valutazione comparativa, occorre attribuire alla condizione del richiedente nel paese di provenienza un peso tanto minore quanto maggiore risulti il grado di integrazione che il richiedente dimostri di aver raggiunto nella società italiana, fermo restando che situazioni di deprivazione dei diritti umani di particolare gravità nel paese originario possono fondare il diritto alla protezione umanitaria anche in assenza di un apprezzabile livello di integrazione in Italia; qualora poi si accerti che tale livello è stato raggiunto e che il ritorno nel paese d’origine renda probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata e/o familiare tali da recare un “vulnus” al diritto riconosciuto dalla Convenzione EDU, art. 8, sussiste un serio motivo di carattere umanitario, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per riconoscere il permesso di soggiorno;

la Corte territoriale non ha proceduto a siffatta adeguata comparazione, per cui, in relazione a tale motivo, la sentenza impugnata deve essere cassata;

.3. conclusivamente, dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso, il secondo va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio al giudice indicato in dispositivo che si uniformerà a quanto statuito, provvedendo anche sulle spese.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2022

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA