Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18635 del 08/09/2020

Cassazione civile sez. II, 08/09/2020, (ud. 22/01/2020, dep. 08/09/2020), n.18635

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20208/2019 proposto da:

A.F., rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO GOTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 224/2019 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 01/04/2019;

235 udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

del 22/01/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – A.F., cittadino (OMISSIS), chiese il riconoscimento della protezione internazionale.

La Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale rigettò la domanda.

2. – Avverso tale provvedimento il richiedente propose ricorso al Tribunale di Caltanissetta, che – con ordinanza del 29/05/2017 confermò il provvedimento della Commissione territoriale.

Sul gravame proposto dal richiedente, la Corte di Appello di Caltanissetta confermò l’ordinanza impugnata.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso A.F. sulla base di un unico motivo.

Il Ministero dell’Interno, ritualmente intimato, non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo di ricorso (proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte di appello ritenuto insussistenti i presupposti di legge per il riconoscimento della protezione sussidiaria, senza considerare la situazione reale del paese di provenienza sulla base di aggiornate informazioni degli organi internazionali.

La censura è inammissibile.

Ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 2, lett. g), per “persona ammissibile alla protezione sussidiaria” si intende il “cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dal presente decreto e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto Paese”.

Il D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, stabilisce che “Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, sono considerati danni gravi: a) la condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte; b) la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine; c) la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato (interno o internazionale) deve essere interpretata, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass., Sez. 6-1, n. 18306 del 08/07/2019).

Questa Suprema Corte ha ancora statuito che, in tema di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2017, ex art. 14, lett. c), il potere-dovere di indagine d’ufficio del giudice circa la situazione generale esistente nel paese d’origine del richiedente – che va esercitato dando conto, nel provvedimento emesso, delle fonti informative attinte, in modo da verificarne anche l’aggiornamento non trova ostacolo nella non credibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente stesso riguardo alla propria vicenda personale, sempre che il giudizio di non credibilità non investa il fatto stesso della

provenienza dell’istante dall’area geografica interessata alla violenza indiscriminata che fonda tale forma di protezione (Cass., Sez. 1, n. 14283 del 24/05/2019); e che, in tema di protezione sussidiaria dello straniero, ai fini dell’accertamento della fondatezza di una domanda proposta sulla base del pericolo di danno di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato determinativa di minaccia grave alla vita o alla persona), una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, a cooperare nell’accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente (Cass., Sez. 6-1, n. 11312 del 26/04/2019).

Nella specie, la Corte di Appello ha considerato attentamente la situazione del paese di provenienza del richiedente (con specifico riferimento alla zona settentrionale del Punjab, dalla quale proviene il richiedente) ed ha escluso, sulla base di aggiornati report internazionali, che in tale zona vi sia una situazione di violenza indiscriminata. La motivazione della Corte di merito sul punto è esente da vizi logici e giuridici e rimane, pertanto, insindacabile in sede di legittimità.

Il motivo di ricorso, peraltro, non supera la soglia dell’assoluta genericità, risultando così, per altro verso, inammissibile.

2. – Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile. Nulla va statuito sulle spese, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.

3. – Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione

dichiara inammissibile il ricorso.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2020

 

 

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