Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18634 del 30/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 30/06/2021, (ud. 21/04/2021, dep. 30/06/2021), n.18634

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4626-2020 proposto da:

T.G., rappresentato e FRANCESCO GANCI;

– ricorrente –

contro

S.U., R.F.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1320/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 24/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

21/04/2021 dal Consigliere Dott. SCARPA ANTONIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

T.G. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 1320/2019 del 24 giugno 2019.

Non hanno svolto attività difensive gli intimati S.U. e R.F.P..

La Corte d’appello di Palermo ha respinto il gravame avanzato da T.G. dal Tribunale di Palermo del 20 giugno 2014. Il Tribunale aveva pronunciato sulla opposizione avanzata da T.G. avverso il decreto d’ingiunzione per il rimborso delle spese di esecuzione ex art. 614 c.p.c., sostenute da S.U. e R.F.P. al fine di conseguire l’esecuzione forzata degli obblighi di ripristino e di manutenzione di una terrazza a livello, giusta condanna passata in giudicato contenuta nella sentenza n. 935/2012 della Corte d’appello di Palermo. Il T. ha sostenuto il proprio difetto di legittimazione passiva rispetto all’ingiunzione di pagamento, in quanto titolare soltanto di diritto di usufrutto su una unità immobiliare compresa nell’edificio di via (OMISSIS), Monreale. La Corte di Palermo ha invece affermato che l’obbligo di fare in capo al T., e dunque anche l’obbligo di sostenere le spese di esecuzione, trovavano titolo ormai irrevocabile nella sentenza n. 935/2012, che individuava l’appellante come debitore, non avendo perciò rilievo l’alienazione della nuda proprietà dell’unità immobiliare in questione avvenuta nel 2004, con gli effetti, peraltro, dell’art. 111 c.p.c.

Il primo motivo del ricorso di T.G. denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 c.p.c., degli artt. 1005 e 1013 c.c., degli artt. 63 e 67disp. att. c.c., e degli artt. 115 e 116 c.p.c., sul presupposto della qualità di mero usufruttuario del ricorrente, in quanto tale non obbligato a concorrere alle spese di manutenzione straordinaria dell’immobile.

Il secondo motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 o 92 c.p.c., in quanto la Corte d’appello avrebbe dovuto condannare alle spese la controparte o al più compensare le stesse.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della Camera di Consiglio.

In tema di esecuzione degli obblighi di fare e di non fare, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo emesso, ai sensi dell’art. 614 c.p.c., comma 2, per il rimborso delle spese anticipate dalla parte istante, l’opponente può in tale sede far valere contestazioni circa la congruità delle spese, e non già, come risulta dal primo motivo di ricorso, mettere in discussione l’obbligo di fare consacrato nel titolo esecutivo giudiziale, ovvero contestare il diritto di procedere ad esecuzione forzata, peraltro nella specie risultante da sentenza passata in giudicato. Il ricorrente solleva un’eccezione di difetto di legittimazione passiva rispetto all’esecuzione dell’obbligo di ripristino della terrazza alla terrazza a livello, statuito nella sentenza n. 935/2012 della Corte d’appello di Palermo, deducendo l’alienazione della nuda proprietà dell’unità immobiliare avvenuta nel 2004, e dunque in epoca ben anteriore alla formazione del titolo medesimo. D’altro canto, l’alienazione della cosa litigiosa durante il corso del processo non può, per sè sola, determinare il trasferimento all’acquirente dell’obbligazione di risarcire i danni cagionati da un’indebita attività dell’alienante, avente ad oggetto la cosa stessa. Invero, l’art. 111 c.p.c., u.c., per il quale la sentenza pronunziata contro l’alienante spiega i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare ed è impugnabile anche da lui, non si riferisce a qualunque ipotesi di successione a titolo particolare verificatasi nel corso del processo, ma solo alle ipotesi in cui il diritto che forma oggetto della successione si identifichi con quello sul quale si svolgeva la controversia, e che costituiva l’oggetto immediato dell’accertamento giurisdizionale. Essendo, nella specie, oggetto dell’accertamento il rapporto, di natura obbligatoria e non reale, attinente al risarcimento dei danni da illecito per il difetto di manutenzione del bene, nessun rilievo assume comunque l’alienazione dello stesso in corso di causa.

Nè rivela qui consistenza la considerazione della disciplina dettata dall’art. 67 disp. att. c.c. a proposito delle spese dovute dall’usufruttuario della porzione compresa nell’edificio condominiale (disciplina che, peraltro, dopo la riformulazione operata con la L. n. 220 del 2012, prevede la responsabilità solidale tra nudo proprietario e usufruttuario per il pagamento dei contributi), in quanto sono qui oggetto di lite le spese di esecuzione di una sentenza di condanna per violazione di un obbligo di fare, e non il riparto delle spese regolate dall’art. 1123 c.c. in ragione della quota come conseguenza dell’appartenenza in comune delle cose, degli impianti e dei servizi condominiali.

Quanto al secondo motivo, esso è infondato, atteso che la regolamentazione delle spese dell’opposizione ex art. 614 c.p.c. va comunque effettuata sulla base del principio di soccombenza, mentre la compensazione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, ove ravvisi le ragioni di cui all’art. 92 c.p.c., comma 2, sicchè la pronuncia di condanna non può essere censurata in cassazione (da ultimo, Cass. Sez. 6 – 3, 26/04/2019, n. 11329).

Il ricorso va perciò rigettato, non dovendosi provvedere in ordine alle spese del giudizio di cassazione, in quanto gli intimati non hanno svolto attività difensive.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 21 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2021

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