Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18634 del 13/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 18634 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: VIRGILIO BIAGIO

ORDINANZA
– sul ricorso n. 4222/10 proposto da:
LOPOPOLO Corrado, elettivamente domiciliato in Roma,
viale del Vignola n. 5, presso l’avv. Livia Ranuzzi,
rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Quercia, giusta delega
in atti;

contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro

tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato,
che la rappresenta e difende;
– con troricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

Data pubblicazione: 13/07/2018

della Puglia n. 3/5/09, depositata il 12 gennaio 2009.

– e sul ricorso n. 18813/14 proposto da:
LOPOPOLO Corrado, elettivamente domiciliato in Roma,

viale del Vignola n. 5, presso l’avv. Livia Ranuzzi,

in atti;
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro

tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato,
che la rappresenta e difende;
– controrkorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
della Puglia n. 194/14/14, depositata il 24 gennaio 2014.
Udita la relazione delle cause svolta nella camera di
consiglio dell’Il ottobre 2017 dal Relatore Cons. Biagio
Virgilio.
Rilevato che:
1.

Corrado Lopopolo propone ricorso per cassazione

(n.r.g. 4222/10) avverso la sentenza della Commissione
tributaria regionale della Puglia del 12 gennaio 2009 con la
quale è stato rigettato il suo appello e confermata
l’inammissibilità per tardività del ricorso di primo grado da
lui proposto contro cartella di pagamento relativa ad IVA,
IRPEF ed IRAP dell’anno 1998.
Il giudice d’appello ha affermato che «sulla base della
documentazione esistente agli atti si evince chiaramente che

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rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Quercia, giusta delega

la raccomandata (…) di notifica della cartella di pagamento
(…) emessa a seguito di un avviso di accertamento (…)
notificato in data 05/02/2005 e non impugnato
tempestivamente è stata spedita in data 10/02/2006 e
ricevuta in data 15/02/2006 dalla familiare convivente
ANGARANO Livia, mentre il ricorso è stato presentato in
data 20/04/2006 oltre il termine decadenziale di sessanta

prodromico è stato notificato al Lopopolo al suo indirizzo di
Vico Fondo Noce n. 2 «indicato quale domicilio fiscale con il
modello 740/unico relativo all’anno 2005», mentre la
cartella è stata notificata «al domicilio dichiarato nel 2006 di
Vico Fondo Noce n. 10»; b) quanto all’eccezione che il
timbro postale riportato sulla cartella è quello del
20/02/2006, «agli atti esiste solo una fotocopia e non
l’originale della cartella prefata per cui non è dato di
accertare se lo stesso sia stato manomesso dato che il
numero 10 (data di spedizione effettiva) ben può essere
corretto a 20».
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
2. Il Lopopolo propone ulteriore ricorso (n.r.g.
18813/14) avverso la sentenza della medesima C.T.R. della
Puglia del 24 gennaio 2014 con la quale è stato rigettato il
suo appello e confermata la legittimità del diniego opposto
dall’Ufficio all’istanza del contribuente di annullamento e
sgravio in autotutela dell’avviso di accertamento e della
cartella di pagamento di cui alla controversia citata al par. 1.
Il giudice a quo ha ritenuto che l’esercizio del potere di
annullamento d’ufficio dell’atto contestato non costituisce un
mezzo di tutela sostitutivo dei mezzi giurisdizionali che non
siano stati esperiti, altrimenti si darebbe inammissibilmente
ingresso ad una controversia su un atto impositivo ormai
divenuto definitivo; ha aggiunto che nella specie senza
3

giorni successivi alla notifica»; ha aggiunto che: a) l’avviso

dubbio non sussiste alcun interesse di rilevanza generale e
che il contribuente ha inteso surrettiziamente superare
l’intervenuta definitività dell’accertamento.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Considerato che:
1.

Va

preliminarmente

disposta,

per evidente

connessione ai sensi dell’art. 274 cod. proc. civ., la riunione

2.1. Con il primo motivo del ricorso n. 4222/10, è
denunciata l’insufficienza della motivazione sul fatto decisivo
e controverso concernente la data di notificazione della
cartella di pagamento oggetto del giudizio: ai sensi dell’art.
366-bis cod. proc. civ. – vigente ratione temporís, essendo
stata la sentenza depositata il 12 gennaio 2009 -, il
ricorrente lamenta che il giudice a quo non ha indicato la
“documentazione esistente agli atti” dalla quale ha potuto
verificare che la raccomandata con avviso di ricevimento era
stata ricevuta il 15 febbraio e non il 20 febbraio 2006, data,
quest’ultima, risultante dal timbro postale apposto sulla
copia della cartella depositata in giudizio dal ricorrente.
Il motivo è infondato.
Il giudice d’appello (e già quello di primo grado) ha
affermato che la raccomandata «è stata spedita il
10/02/2006 e ricevuta in data 15/02/2006 dalla familiare
convivente Angarano Livia», precisando che ciò «si evince
chiaramente» dalla documentazione in atti, e cioè, si legge
più avanti, dalla «documentazione dell’ufficio postale
(pubblico ufficiale)», la quale «fa prova a favore dell’ufficio e
del concessionario della riscossione fino a querela di falso»:
si tratta, pertanto, di un accertamento di fatto specifico e
puntuale, basato su risultanze di cui è indicata la
provenienza, a fronte del quale il rilievo del ricorrente circa
la data (peraltro di incerta lettura, come osservato dal
4

del ricorso n. 18813/14 al ricorso n. 4222/10.

giudice a quo) di spedizione della raccomandata dal C.M.P.
di Bologna si rivela non decisivo.
2.2. Resta assorbito il secondo motivo, concernente la
validità della notificazione dell’avviso di accertamento
prodromico alla cartella tardivamente impugnata.
3.1. Con il primo motivo del ricorso n. 18813/14, è
denunciata la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 132,

motivazione apparente in ordine alla legittimità del diniego
di autotutela.
Col secondo motivo, la medesima censura è reiterata in
relazione al profilo della ritenuta insussistenza di un
interesse di rilevanza generale alla rimozione degli atti
(avviso di accertamento e successiva cartella) oggetto
dell’istanza di autotutela.
Con la terza e con la quarta doglianza, è dedotta, ai
sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la
“nullità della sentenza per omesso esame circa un fatto
decisivo”, per avere il giudice a quo escluso la presenza di
un interesse di rilevanza generale, leso attraverso l’atto di
accertamento, pur essendo stato questo emanato in assenza
dei legittimi presupposti (invito al contraddittorio, contabilità
irregolare), così legittimando un uso distorto del potere da
parte dell’amministrazione, con conseguente rischio di un
vasto contenzioso.
Col quinto motivo, è denunciata la violazione dell’art. 2-

quater del d.l. n. 564 del 1994 (convertito dalla legge n. 656
del 1994) e dell’art. 3 del d.m. n. 37 del 1997, in tema di
esercizio del potere di autotutela.
Infine, con il sesto motivo è dedotta la violazione degli
artt. 3 della legge n. 241 del 1990 e 7 della legge n. 212 del
2000, per avere il giudice d’appello concluso per la
legittimità del diniego di autotutela nonostante la carenza
5

secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., in quanto affetta da

della sua motivazione.
3.2. Il ricorso, i cui motivi possono essere esaminati
congiuntamente, è infondato.
Costituisce principio consolidato della giurisprudenza di
questa Corte quello secondo cui la facoltà del contribuente
di richiedere all’Amministrazione finanziaria di ritirare, in via
di autotutela, un avviso di accertamento divenuto definitivo,

può consistere nella deduzione, ormai preclusa, di eventuali
vizi dell’atto medesimo (e quindi della infondatezza della
pretesa
esistenza

tributaria),
di

un

dell’Amministrazione

ma

nella

interesse
alla

sola
di

rimozione

prospettazione
rilevanza
dell’atto

della

generale
(Cass.

nn.

11457 del 2010, 25524 e 25563 del 2014, 3442 del 2015,
25705 del 2016, 12421 del 2017, 1965 e 7616 del 2018).
Nella fattispecie, va premesso, da un lato, che la
definitività dell’avviso di accertamento per omessa
impugnazione è affermata dal giudice d’appello e non è
contestata in questa sede, con conseguente formazione del
giudicato interno sul punto; dall’altro, che l’istanza di
sgravio della cartella era basata esclusivamente su censure
attinenti alla pretesa tributaria contenuta nel detto avviso
presupposto.
Ciò posto, deve escludersi – come correttamente
ritenuto dal giudice di merito – che il contribuente abbia
dedotto l’esistenza di un interesse pubblico, di rilevanza
generale, alla rimozione degli atti

de quibus,

poiché le

doglianze espresse, e sopra riportate, si risolvono – come
detto – in censure attinenti alla legittimità della pretesa
tributaria per vizi del procedimento e per assenza dei
presupposti impositivi, che non travalicano l’interesse
privato ad evitare una erronea tassazione.
4. In conclusione, i ricorsi riuniti vanno rigettati.
6

per omessa impugnazione o per intervenuto giudicato, non

5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in
dispositivo.
6. In relazione al solo ricorso n. 18813/14, va dato atto,
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del
2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento,
da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a

P.Q.M.
La Corte riunisce al ricorso n. 4222 del 2010 il ricorso n.
18813 del 2014 e li rigetta.
Condanna il ricorrente alle spese, che liquida in
complessivi C. 3000,00 per compensi, oltre alle spese
prenotate a debito.
In ordine al ricorso n. 18813/14, dà atto, ai sensi
dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma 1’11 ottobre 2017.

norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

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