Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18634 del 12/09/2011

Cassazione civile sez. I, 12/09/2011, (ud. 15/06/2011, dep. 12/09/2011), n.18634

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – rel. Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.A.G. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 1, presso gli avvocati

SPINOSO ANTONINO, NAPOLITANI SIMONA, rappresentato e difeso

dall’avvocato POLIMENI DOMENICO, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositato il

22/11/2006; n. 520/06 Reg. E.R.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2011 dal Consigliere Dott. RENATO RORDORF;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato POLIMENI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto emesso il 22 novembre 2006 la Corte d’appello di Catanzaro ha condannato il Ministero della Giustizia a corrispondere al sig. C.A.G. la somma di Euro 5.000,00 quale equa riparazione per l’eccessiva durata di una causa in materia di lavoro intrapresa l’8 agosto 1995 ed ancora pendente alla data della suddetta pronuncia.

Avverso tale decreto il sig. C. ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi, illustrati poi anche con memoria.

L’amministrazione della giustizia non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Nei tre motivi, che in parte si sovrappongono, il ricorrente lamenta che la corte d’appello abbia quantificato in cinque anni la durata ragionevole del giudizio, al fine di determinare la misura in cui il limite di ragionevolezza è stato superato, senza tener conto che si tratta di una causa in materia di lavoro. Si duole, poi, che la corte d’appello non abbia specificamente indicato nè quanto l’anzidetta causa è in effetti durata, senza dar peso alla circostanza che essa è ancora in corso, nè come sia stato determinato il danno da indennizzare. Infine il ricorrente lamenta che ingiustificatamente il giudice di merito abbia addebitato in qualche misura anche alla parte le ragioni del ritardo.

2. Il ricorso non appare meritevole di accoglimento.

La natura della causa e la circostanza che essa sia soggetta al rito previsto per le controversie in materia di lavoro non bastano a giustificare, di per sè, l’applicazione di un termine ridotto di durata, dovendo il giudice pur sempre valutare la complessità della singola vertenza: cosa che nella specie è stata puntualmente fatta, avendo la corte d’appello dato conto dello svolgimento di attività istruttorie implicanti un significativo dispendio di tempo. Nè, a tal riguardo, sono condivisibili le censure rivolte alla motivazione del decreto impugnato, che contiene indicazioni e valutazioni chiare e non bisognevoli di ulteriori specificazioni.

Neppure la mancata puntuale indicazione degli estremi temporali della causa della cui durata si discute inficia la motivazione del decreto impugnato, potendosi comunque da esso agevolmente desumere detti estremi, nonchè ricavare il parametro adoperato per la liquidazione dell’equo indennizzo. La natura equitativa di tale valutazione, del resto, rendeva evidentemente superfluo un maggior grado di dettaglio.

Il giudizio concernente il contributo causale che la parte ha dato alla eccessiva durata della causa di cui si discute appartiene al novero di quelle valutazioni di merito che la Corte di cassazione non è legittimata a sindacare; nè può il suo sindacato esercitarsi sulla congruità della motivazione del decreto impugnato quando, come nella specie, dalla lettura del ricorso non è dato ricavare elementi sufficientemente chiari e completi per ricostruire l’andamento della suddetta causa, onde neppure può stabilirsi se ed entro quale misura i pretesi vizi di motivazione abbiano carattere decisivo.

3. Al rigetto del ricorso non fa seguito alcun provvedimento sulle spese processuali, non avendo l’amministrazione intimata spiegato difese in questa sede.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2011

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