Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18633 del 23/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 23/09/2016, (ud. 12/04/2016, dep. 23/09/2016), n.18633

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24654/2010 proposto da:

S.R. legale rappresentante in qualità di Amministratore unico

della System Srl, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’Avvocato FRANCESCO PAOLO SISTO giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO PROVINCIALE DI BARI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 70/2010 della COMM. TRIB. REG. della PUGLIA,

depositata il 28/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/04/2016 dal Consigliere Dott. PAOLA VELLA;

udito per il controricorrente l’Avvocato PALATIELLO che si riporta al

controricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La società System s.r.l., impugna la sentenza n. 70/5/10 del 28.6.2010 con cui la Commissione tributaria regionale della Puglia ha dichiarato inammissibile l’originario ricorso del contribuente – avente ad oggetto la cartella di pagamento per Imposte dirette ed Iva degli anni 2000 e 2001 – in quanto proposto nei confronti dell’ente impositore piuttosto che, come dovuto, del concessionario della riscossione, nei cui confronti non riteneva peraltro sussistente un rapporto di litisconsorzio necessario, trattandosi di controversia avente ad oggetto vizi propri dell’atto, ascrivibili unicamente a quest’ultimo. Dalla sentenza impugnata risulta che la cartella di pagamento era stata impugnata dalla contribuente per nullità “in quanto notificata oltre i termini di legge ed anche perchè contenente il richiamo a più annualità scadenti in tempi diversi, in violazione dei principi sanciti dallo statuto del contribuente”.

L’agenzia delle entrate ha resistito con controricorso, facendo presente che al più potrebbe ravvisarsi una legittimazione passiva concorrente di Ente impositore e concessionario della riscossione, ma che quest’ultimo, non essendo stato evocato in giudizio, non aveva potuto svolgere le proprie difese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso risulta inammissibile, in quanto formulato senza il rispetto dei basilari canoni formali prescritti per l’introduzione del giudizio di legittimità.

Ed invero, alla preliminare richiesta di cassazione della sentenza impugnata, con la seguente testuale indicazione: “Violazione art. 112 c.p.c.- D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 e successive L. n, 156 del 2005, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis – ius superveniens D.L. n. 106 del 2005”, segue esclusivamente la narrazione del “FATTO”, al cui interno, dopo un riepilogo della vicenda processuale, si deduce che “in termine di prova del rispetto dei termini decadenziali per la notifica della cartella di pagamento, tale prova deve essere data dall’Ente impositore e non come sostengono i giudici di 2 grado dal Concessionario alla riscossione”, con richiamo di due sentenze di questa Corte (circa l’onere della prova della tempestività della notificazione degli atti) e di una Circolare dell’Agenzia delle entrate (in tema di prescrizione del debito tributario).

Alla palese inammissibilità del ricorso segue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, 12 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2016

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