Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1863 del 25/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 25/01/2017, (ud. 14/12/2016, dep.25/01/2017),  n. 1863

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14706-2015 proposto da:

T.A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE MILIZIE

1, presso lo studio dell’avvocato PAOLA ROSSI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ADRIANO ROSSI giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 7369/14/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 18/11/2014, depositata il 04/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/12//2016 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE

CIRILLO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte,

costituito il contraddittorio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), osserva:

Il prof. T.A.A. ricorre per la cassazione della sentenza della CTR-Lazio che il 4 dicembre 2014 ha riformato la decisione della CTP-Roma che aveva accolto la domanda del contribuente, laddove essa era diretta a ottenere l’annullamento della cartella notificata il 1 settembre 2011 per omesso versamento dell’IRAP (2007). Il fisco non spiega attività difensiva.

I tre motivi di ricorso, illustrati anche con memoria, devono essere disattesi.

Il primo motivo – nel censurare l’attribuzione a carico del contribuente dell’onere probatorio per l’esonero dall’IRAP, invece del tutto corretta (Cass. Sez. U, Sentenza n. 9451 del 10/05/2016, in motivazione) – mira nella sostanza rimeditare gli accertamenti di fatto che, devoluti al monopolio del giudice di merito, sono oramai ridotti, dopo la novella dell’art. 360 c.p.c., n. 5, al solo errore omissivo di giustificazione della decisione di merito sul fatto (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830), nella specie neppure specificatamente evocato.

Lo stesso si dica per quanto riguarda il secondo motivo che, riguardo al requisito legale dell’autonoma organizzazione, mira al medesimo scopo attraverso la lente della pretesa falsa applicazione di norme di diritto sostanziali regolatrici dell’IRAP, laddove il mezzo ruota tutto sul ruolo rivestito dal collaboratore dott. comm. C., sul rilievo dei beni ammortizzabili e sulle composite attività di consulenza economica e aziendale svolta dal contribuente, professore universitario, per compagini societarie.

Quanto al terzo motivo, riguardante preteso vizio di omessa pronunzia su difetti formali della cartella di pagamento asseritamente rimasti assorbiti in primo grado e riproposti in appello, si rileva che la circostanza è rimasta a livello di enunciazione verbalistica non risultando in ricorso, con la dovuta autosufficienza (Cass. Sez. U, Sentenza n. 15781 del 28/07/2005, Rv. 583090), i modi in cui dette questioni sarebbe state introdotte nel giudizio di merito, trattandosi di questioni delle quali non v’è alcun riscontro, neppure grafico, nella sentenza d’appello.

Inoltre, siccome il giudizio di appello integra una revisio prioris instantiae, l’omessa pronuncia su una domanda non può essere oggetto di mera riproposizione ma deve essere denunciata con la formulazione di uno specifico motivo di appello (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2855 del 12/02/2016, Rv. 638781).

Conseguentemente il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, con ordinanza (in forma semplificata) di rigetto del ricorso stesso. Nessuna statuizione va assunta in punto di spese mancando concreta attività difensiva da parte del fisco.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2017

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