Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18629 del 12/08/2010

Cassazione civile sez. II, 12/08/2010, (ud. 16/06/2010, dep. 12/08/2010), n.18629

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28186-2004 proposto da:

A.F., A.C., A.M.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo

studio dell’avvocato CICCOTTI SABINA, rappresentati e difesi

dall’avvocato BAIETTA GAETANO;

L.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell’avvocato DI MATTIA

MATTIA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

C.R. (OMISSIS), C.F.

(OMISSIS), M.A. (OMISSIS),

M.R. (OMISSIS), C.G.

(OMISSIS), C.D. (OMISSIS), C.

G. (OMISSIS), C.L. (OMISSIS),

C.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CARLO FEA 4, presso lo studio dell’avvocato SCHUTZMAN PIET

JAN, rappresentati e difesi dall’avvocato PIETROPAOLO FERDINANDO;

M.M., D.G.;

– controricorrenti –

e contro

C.D.N., + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

avverso la sentenza n. 279/2004 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 28/04/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito l’Avvocato DI MATTIA MATTIA difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

Udito l’AVV. D’OTTAVIO GABRIELE e PIETRO PAOLO FERDINANDO difensori

delle resistenti, che hanno chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE UMBERTO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 31-8 ed il 30-9-1993 Ca.

C. e L.D. esponevano:

– in data 11-4 1991 era deceduta in (OMISSIS) C.M.R. vedova di C.F., zia paterna, “ex fratre” premorto C.F., di Ca.Ch. e di alcuni convenuti, prozia degli altri convenuti C.F., C.C. e C.G., rappresentanti del nipote premorto C. M., sorella di C.C. e zia dei di lei figli M.A., M.G., M.M., M.R. e M.C., zia materna, ex sorore” premorta C.P., di L.D. e dei convenuti L.G., L.V., L. M. e L.R.;

– la “de cuius” C.M.R. con testamento pubblico del 4- 11-1986 aveva istituito eredi l’attrice ed alcuni convenuti;

– con successivo testamento pubblico del 18-11-1986 la “de cuius” aveva revocato il precedente testamento istituendo eredi gli stessi convenuti ad eccezione di C.A.;

– in entrambi i testamenti la testatrice aveva dichiarato di non sapere sottoscrivere perchè analfabeta;

– con testamento olografo del 7-1-1990 la C.M.R. aveva annullato ogni precedente testamento ed aveva istituito eredi tutti i nipoti, figli del fratello premorto C.F., della sorella premorta C.P. e della superstite sorella C.C.;

– sulla base di quest’ultimo testamento L.D. con atto di citazione notificato nel luglio e nell’agosto 1992 aveva convenuto dinanzi al Tribunale di Palmi Ca.Ch. e parte dei convenuti nel presente giudizio chiedendo che, previa dichiarazione di apertura della successione di C.M.R. (sulla base del testamento olografo suddetto) e formazione della massa, si procedesse alla divisione della stessa ed alla formazione delle quote da attribuire mediante sorteggio;

– in tale giudizio si erano costituiti alcuni dei convenuti eccependo l’incompetenza per territorio del Tribunale di Palmi e sostenendo nel merito, previo disconoscimento dell’autenticità del testamento olografo, di essere loro gli unici eredi in forza del testamento pubblico del 18-11-1986, nonchè L.R..

Gli attori, dopo avere elencato i beni facenti parte dell’asse ereditano, ivi compresi quelli provenienti dalla successione del marito della C.F.C., convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia M.A., + ALTRI OMESSI chiedendo dichiararsi la nullità dei sopra menzionati testamenti pubblici per difetto di sottoscrizione (in quanto la “de cuius” si era dichiarata falsamente analfabeta), dichiararsi l’apertura della successione legittima di C.M.R. ovvero sulla base del testamento olografo eventualmente riconosciuto valido, e disporsi la divisione dei beni ereditari.

Si costituivano in giudizio C.D., + ALTRI OMESSI chiedendo il rigetto delle domande attrici, in quanto la testatrice aveva dichiarato la veritiera circostanza di essere analfabeta.

Con sentenza del 30-1-2001 l’adito Tribunale dichiarava la nullità dei menzionati testamenti pubblici e con separata ordinanza rimetteva la causa dinanzi al G.I. per la formazione delle porzioni sulla scorta dei criteri affermati nella sentenza stessa e per l’assegnazione o l’attribuzione delle stesse ai condividenti.

Avverso detta sentenza proponevano appello C.D., + ALTRI OMESSI ; resistevano in giudizio D.L., + ALTRI OMESSI questi ultimi quattro quali eredi di Ca.

C., e L.V..

La Corte di Appello di Catanzaro con sentenza del 28-4-2004 ha dichiarato valido il testamento pubblico per notaio Luisa Calogero del 18-11-1986 e, per l’effetto, ha disposto che la successione ereditaria di C.M.R. e la divisione dei relativi beni avvenisse in conformità delle disposizioni del testamento predetto, e ha dichiarato inammissibile il secondo motivo di gravame proposto dagli appellanti.

Per la cassazione di tale sentenza L.D., L. C., L.M. e A.F., questi ultimi tre quali eredi di Ca.Ch. e di A.L., hanno proposto un ricorso basato su di un unico motivo cui M. A. e + ALTRI OMESSI hanno resistito con separati controricorsi.

I ricorrenti e la M. hanno successivamente depositato delle memorie.

Questa Corte con ordinanza del 25-11-2009 ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti di C.M. ed + ALTRI OMESSI ; il ricorrente L.D. ha dato puntuale esecuzione alla suddetta ordinanza; nessuno dei soggetti intimati ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo formulato i ricorrenti, denunciando nullità della sentenza per carenza o insufficienza e irrazionalità della motivazione e per omesso esame di punti decisivi in relazione all’art. 603 c.c., comma 3 e art. 606 c.p., comma 1, censurano la sentenza impugnata per avere ritenuto che la dichiarazione di C.M.R. di non saper sottoscrivere in quanto analfabeta resa al notaio in occasione dei due sopra menzionati testamenti pubblici corrispondeva ad una reale situazione della stessa, e non esprimeva nel contempo alcun proposito di ripudio dei testamenti stessi.

I ricorrenti, dopo aver evidenziato l’irrilevanza, ai fini della decisione, del fatto che la testatrice non aveva conseguito alcun titolo di studio, evidenziano l’inadeguatezza e l’insufficienza della motivazione resa dalla Corte territoriale in ordine alla rilevanza probatoria attribuita alla mancata sottoscrizione da parte della C.M.R. di alcuni documenti sul presupposto di essere analfabeta (ovvero un certificato di pensione rilasciato nel 1977 dall’INPS sul quale essa aveva apposto un crocesegno accompagnato dalla firma di due testimoni, la carta di identità rilasciata nel 1980 alla C.M.R. con l’annotazione di “analfabeta”, la mancata sottoscrizione del mandato generale alle liti in favore dell’avvocato Diego Braghò in sede di redazione dell’autentica di esso avvenuta in data 14-9-1981 ad opera del notaio Naso di Vibo Valentia, la mancata sottoscrizione del mandato conferito con atto per notaio Tripodi del 13-2-1991 in favore del nipote C. D. per la costituzione di una servitù di elettrodotto), circostanza da ricondurre in realtà di volta in volta a cause diverse: per i primi due suddetti documenti l’impiegato dell’anagrafe non aveva chiesto la sottoscrizione per evitare una contraddizione con la qualifica della C.M.R. come analfabeta annotata nei registri anagrafici, per il terzo documento la mancata sottoscrizione era dovuta alla reticenza da parte di quest’ultima ad introdurre una causa nei confronti del nipote L.D. nonostante l’istigazione in tal senso da parte degli altri nipoti, mentre alla data di redazione del quarto documento la C.M.R. aveva raggiunto l’età di 80 anni ed era decaduta sia mentalmente che fisicamente.

I ricorrenti rilevano per altro verso l’omesso esame da parte della Corte territoriale di una notevole mole di atti pubblici depositati dagli esponenti tutti sottoscritti dalla C.M.R., documenti quindi che – non oggetto di querela di falso – escludevano in radice che quest’ultima fosse analfabeta.

La censura è infondata.

La Corte territoriale, premesso come dato pacifico che la testatrice non aveva conseguito alcun titolo di studio, ha poi rilevato che C.M.R. aveva dichiarato di non poter sottoscrivere in quanto analfabeta, oltre che i due testamenti pubblici del 4 e del 18- 11-1986, anche i quattro sopra menzionati documenti, ed ha in proposito escluso che tale mancata sottoscrizione fosse riconducibile ad una sua eventuale riserva mentale od a un suo motivo interno non esplicitato, avuto riguardo al contenuto asettico degli atti stessi.

Il giudice di appello ha poi esaminato le sottoscrizioni apposte dalla C.M.R. in calce ai documenti prodotti dagli appellati, osservando che queste, per le caratteristiche assai rudimentali dei vari segni grafici relativi al suo nome e cognome (questi ultimi tra loro molto difformi sia con riferimento ai segni costituenti le parole sia alle modalità di utilizzazione dei vocaboli riguardanti il nome ed il cognome) riproducevano con molta probabilità modelli di tali segni grafici e dimostravano la sua incapacità di scrivere e compiere consapevolmente le operazioni tecniche di trasposizione del pensiero in un segno grafico; nè d’altra parte gli appellati avevano prodotto altri scritti di provenienza della testatrice, anche brevi e composti da parole semplici, che potessero comprovare una sua capacità, sia pure minima, di saper leggere e scrivere, ed inoltre il testamento olografo del 7-1-1990, prodotto dagli appellanti e dagli stessi disconosciuto, non era stato fatto oggetto di istanza di verificazione dagli appellati medesimi.

La sentenza impugnata ha quindi affermato che la dichiarazione di non saper sottoscrivere perchè analfabeta resa dalla C.M.R. al notaio in occasione della formazione dei due testamenti pubblici rifletteva una reale situazione della stessa; di qui quindi la conclusione che, intervenuta la revoca del testamento pubblico del 4- 11-1986 per effetto del successivo testamento del 18-11-1986, la successione nella eredità della C.M.R. doveva essere attuata secondo le disposizioni contenute in questo secondo atto di ultima volontà.

Orbene alla luce di tali considerazioni deve ritenersi che la Corte territoriale, avendo puntualmente indicato le fonti del proprio convincimento, ha proceduto ad un accertamento di fatto sorretto da congrua e logica motivazione, come tale insindacabile in questa sede, dove invero i ricorrenti, nel sostenere che la C.M.R. non fosse analfabeta e che quindi i suddetti testamenti pubblici fossero nulli per difetto di sottoscrizione, prospettano inammissibilmente una diversa valutazione degli elementi probatori acquisiti, trascurando così di considerare il potere in proposito devoluto al giudice di merito in ordine alla valutazione delle prove, al controllo della loro attendibilità e della loro concludenza, ed alla scelta, tra le varie risultanze istruttorie, di quelle ritenute più idonee a dimostrare i fatti oggetto di contestazione tra le parti.

In linea di diritto poi le statuizioni della sentenza impugnata sono conformi all’orientamento largamente maggioritario di questa Corte in materia di ricorrenza di una causa impeditiva della sottoscrizione del testamento pubblico da parte del testatore (quale appunto la condizione di analfabeta), secondo cui il testamento è valido solo se tale causa effettivamente sussista; diversamente la solennità dell’atto, che esige il massimo rigore pubblicistico, resta vulnerata nella sua essenza inderogabile, ed il relativo vizio è riconducibile alla nullità prevista dall’art. 606 c.c., comma 1 (Cass. 22-5-1969 n. 1809; Cass. 23-10-1978 n. 4781; Cass. 5-11-1990 n. 10605; Cass. 21- 11-2008 n. 27824); una volta quindi che il giudice di appello ha verificato l’effettiva sussistenza della condizione di analfabeta della testatrice, ha conseguentemente ritenuto validi i due testamenti pubblici sopra menzionati.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento di Euro 200,00 per spese ed Euro 3000,00 per onorari di avvocato in favore di M.M. e di Euro 200,00 per spese ed Euro 2800,00 per onorari di avvocato in favore di M. A. e M.R., C.F., C. L., C.G., C.A., C.R., Cananzi Ca.Gi. e C.C..

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2010

 

 

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