Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18628 del 13/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 18628 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: GRECO ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 14992-2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro
POGGI
2017
1242

IMELDE,

PEDRONI

PAOLA,

PEDRONI

MARCO,

elettivamente domiciliati in ROMA P.ZA DEI CARRACCI 1,
presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO ALESSANDRI,
che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
ANGELO OSNATO;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 2160/2014 della COMM.TRIB.REG.

Data pubblicazione: 13/07/2018

di BOLOGNA, depositata il 03/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 08/06/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO

GRECO.

FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con
un motivo, illustrato con successiva memoria, nei confronti della
sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia
Romagna che, accogliendo l’appello di Paola Pedroni, Marco
Pedroni e Imelde Poggi, ha annullato gli avvisi di accertamento di
redditi, ai fini dell’IRPEF per l’anno 2008, con i quali era stata

di aree edificabili, all’esito della “riqualificazione” – operata
dall’ufficio ai sensi degli artt. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986 e 38
del d.P.R. n. 600 del 1973 – come compravendita di area
edificabile l’alienazione di un complesso immobiliare – l’atto era
stato registrato come “cessione di fabbricati” – situato in Ferrara
– costituito da fabbricati già destinati ad uso laboratorio,
magazzini, uffici, archivio, capannone industriale, appartamenti di
civile abitazione e da un fabbricato in corso di costruzione ritenendo che il reale oggetto del contratto fosse la
compravendita di un’area suscettibile di utilizzazione edificatoria
derivante dalla parziale demolizione di fabbricati preesistenti, tale
da configurabile, appunto, una plusvalenza tassabile ai sensi degli
artt. 67 e 68 del tuir.
I contribuenti avevano impugnato gli atti impositivi
reclamando che nel caso specifico la vendita avesse come oggetto
effettivamente fabbricati e che la loro alienazione, essendo
detenuti da oltre cinque anni, non potesse generare alcuna
plusvalenza tassabile ai sensi dell’art. 67 del tuir.
Il giudice d’appello ha annullato gli avvisi, in quanto essi
avevano negato una effettiva e reale situazione di fatto costituita
da entità fisiche ben definite, vale a dire i fabbricati; avevano
“demolito” fittiziamente circa 2000 mq di costruzioni; avevano
mutato la causa e l’oggetto materiale e giuridico della
compravendita e negato la vera ed unica volontà delle parti;
avevano “abrogato di fatto” la normativa esistente, frutto di
un’espressa scelta legislativa che esclude il conseguimento di
plusvalenze dalla cessione di fabbricati posseduti da oltre cinque
anni.
2

recuperata a tassazione una plusvalenza derivante dalla cessione

Osserva la CTR che le tesi dell’ufficio accolte dal giudice di
primo grado trovavano fondamento solo sull’errata considerazione
che l’area possedesse una sua potenzialità edificatoria
indipendentemente dall’esistenza dei fabbricati, che pur tuttavia
esistevano, e non invece sul fatto che lo sfruttamento di quella
potenzialità era strettamente ed inscindibilmente dipendente e
legato all’esistenza dei fabbricati, e non al terreno sottostante,

ristrutturazione edilizia nella quantità della cubatura esistente.
I contribuenti resistono con controricorso illustrato con
successiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, denunciando violazione e falsa
applicazione dell’art. 67 del d.P.R. n. 917 del 1986, assume che
oggetto dell’atto di vendita non erano stati i fabbricati, ma il lotto
di area edificabile su cui essi insistevano, e la capacità edificatoria
del terreno, il che aveva trovato conferma in dati oggettivi, come
lo stato dell’immobile descritto nell’atto di vendita, come la
tempistica del rilascio ai contribuenti del permesso di costruire, di
un anno circa anteriore alla stipula, come la qualità del soggetto
acquirente, una società immobiliare, e come il corrispettivo della
vendita. Era proprio la potenzialità edificatoria del terreno su cui il
fabbricato: la presenza di elementi certi, e non meramente
presuntivi, già recepiti dalla CTP, quali l’attivazione di procedure
amministrative per il rilascio del permesso di costruire in data
anteriore all’atto di vendita, la natura della società acquirente,
l’elevato importo del corrispettivo, l’assunzione da parte degli
alienanti degli oneri di urbanizzazione avrebbero portato l’ufficio
correttamente e e fondatamente a individuare l’oggetto della
cessione nell’area fabbricabile, anziché nei fabbricati, dovendosi
quindi ritenere legittimo il recupero della plusvalenza indicati
nell’atto impositivo.
Il ricorso deve essere disatteso.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte,
infatti, “in materia di imposta sui redditi, come risulta dal tenore
degli artt. 81, comma 1, lett. b) (ora 67) e 16 (ora 17), comma 1,
3

prevedendo lo strumento urbanistico il recupero e la

lett. g) bis, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, sono soggette a
tassazione separata, quali “redditi diversi”, le “plusvalenze
realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni
suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti
urbanistici vigenti al momento della cessione”, e non anche di
terreni sui quali insiste un fabbricato e quindi, già edificati. Ciò
vale anche qualora l’alienante abbia presentato domanda di

dell’immobile e, successivamente alla compravendita, l’acquirente
abbia richiesto la voltura nominativa dell’istanza, in quanto la
“ratio” ispiratrice del citato art. 81 tende ad assoggettare ad
imposizione la plusvalenza che trovi origine non da un’attività
produttiva del proprietario o possessore ma dall’avvenuta
destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione
urbanistica” (Cass. n. 15629 del 2014, n. 1674 del 2018, nonché
n. 4361 del 2017 e n. 4150 del 2014).
Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano
come in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate
in euro 7.800 per compensi, oltre alle spese generali determinate
nella misura forfetario del 15%.
Così deciso in Roma 1’8 giugno 2017

concessione edilizia per la demolizione e ricostruzione

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