Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18627 del 11/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 11/07/2019, (ud. 22/05/2019, dep. 11/07/2019), n.18627

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18090-2014 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA SPA, domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR, presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato GIOVANNI DI SALVO;

– ricorrente –

contro

C.I., domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR, presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato GIOVANNI COSTANZA;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI FORESTALI, DIREZIONE GENERALE

PESCA E ACQUACOLTURA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 356/2013 del TRIBUNALE di TERMINI IMERESE,

depositata il 26/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/05/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI.

Fatto

PREMESSO

che:

1. il Tribunale di Termini Imerese, con sentenza in data 26 giugno 2013, n. 356, accoglieva l’opposizione all’esecuzione proposta da C.I. avverso la cartella di pagamento notificatagli dalla spa Riscossione Sicilia per conto del Ministero delle Politiche Agricole, sul rilievo per cui la cartella non consentiva di evincere in modo chiaro quale fosse il fatto costitutivo della pretesa del Ministero essendovi, in detta cartella, solo un riferimento ad atti di revoca di contributi, di cui l’opponente negava l’avvenuta notifica e di cui il Ministero non aveva dato indicazione;

2. il Tribunale condannava Riscossione Sicilia e il Ministero alle spese del giudizio;

3. la Corte di Appello Palermo, con ordinanza emessa ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., dichiarava inammissibile l’appello proposto in riferimento al capo relativo alle spese da Riscossione Sicilia;

4. quest’ultima ricorre per la cassazione della sentenza di primo grado deducendo che il Tribunale, tenuto conto del fatto che le eccezioni poste a base dell’opposizione erano riferite al merito della pretesa impositiva e del fatto che anche il Ministero era stato chiamato in causa, avrebbe dovuto condannare alle spese solo il Ministero mentre, con la condanna anche di essa ricorrente, aveva violato il D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 39 e l’art. 92 c.p.c.;

5. la Riscossione Sicilia lamenta altresì violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere il Tribunale annullato la cartella per un vizio di motivazione mai eccepito dal contribuente;

6. quest’ultimo resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. la società ricorrente deduce di avere ricevuto comunicazione dell’ordinanza della Corte di Appello di Palermo in data 16 maggio 2014; non produce la comunicazione; non precisa quando l’ordinanza è stata pubblicata; si limita a dire di avere proposto appello avverso la sentenza del Tribunale di Termini Imerese “limitatamente al capo relativo alla condanna alle spese di lite, eccependone l’illegittimità della condanna alla rifusione del medesimo agente della riscossione”; omette di dar conto delle doglianze specificamente sollevate;

2. questa Corte ha statuito che “chi propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, a norma dell’art. 348 ter c.p.c., comma 3, è sollevato dall’onere di allegare la comunicazione (o la notificazione, se antecedente) dell’ordinanza che ha dichiarato inammissibile l’appello, qualora il ricorso sia stato proposto entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza, poichè, in tal caso, non occorre dimostrare la tempestività dell’impugnazione” (Cass. 17020/2018);

3. la Corte ha altresì statuito che “nel caso in cui l’appello sia stato dichiarato inammissibile ex art. 348 ter c.p.c., il ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado può essere proposto entro i limiti delle questioni già sollevate con l’atto di appello e di quelle riproposte ex art. 346 c.p.c.” (Cass. 23320/2018);

5. tenuto conto di tali statuizioni, stante quanto evidenziato al superiore punto 1, non essendovi prova della tempestività del ricorso nè della coincidenza tra motivi di ricorso e questioni sollevate in appello, il ricorso va dichiarato inammissibile;

4. le spese seguono la soccombenza;

5. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso;

condanna la ricorrente a rifondere a C.I. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2000,00, oltre spese forfetarie e accessori di legge;

dà atto dell’obbligo, a carico della ricorrente, di pagare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2019

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