Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18623 del 12/08/2010
Cassazione civile sez. II, 12/08/2010, (ud. 28/04/2010, dep. 12/08/2010), n.18623
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
P.A., rappresentato e difeso dall’avv. Politano
Salvatore ed elett.te dom.to presso il suo studio in Roma, Viale G.
Mazzini n. 134;
– ricorrente –
contro
F.G. e FI.Ga., rappresentate e difese
dall’avv. Neri Alessandra ed elett.te dom.te presso il suo studio in
Roma, Via Fracassini n. 4;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 3603/04,
depositata il 1 settembre 2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28
aprile 2010 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;
udito per le controricorrenti l’avv. Alessandra NERI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Le sig.re F.G. e Fi.Ga. convennero davanti al Tribunale di Roma il sig. P.A., chiedendone la condanna al rilascio di parte di un terreno di loro proprietà, abusivamente occupata dal convenuto, e alla demolizione di un manufatto ivi realizzato.
Il convenuto resistette e chiese, in via riconvenzionale, dichiararsi che era proprietario, per intervenuta usucapione, della porzione di terreno che aveva occupato.
Il Tribunale rigettò entrambe le domande a causa della indeterminatezza e indeterminabilità, in base agli atti di causa, della frazione di terreno occupata del convenuto.
Adita con appello principale delle sig.re F. e con appello incidentale del sig. P., la Corte di Roma ha accolto il primo gravame e respinto il secondo, ritenendo che la domanda delle appellanti principali non necessitava della esatta individuazione della frazione di terreno occupato dal convenuto e che era altresì fornita di prova, mentre la domanda riconvenzionale di usucapione era, al contrario, rimasta indimostrata anche all’esito della prova testimoniale espletata.
Infatti le dichiarazioni dei testi erano generiche, come del resto generica era la stessa formulazione dei relativi capitoli; alcune, poi, erano in radice inconferenti; altre addirittura in contraddizione con le deduzioni dell’appellante incidentale; infine la stessa allegazione, da parte di quest’ultimo, della fatiscenza del manufatto, che ben si raccordava con la, dichiarazione di un teste secondo cui il terreno era ridotto a discarica e sterpaio, poneva in serio dubbio la continuità del possesso.
Il sig. P. ha quindi proposto ricorso per cassazione per un solo motivo, cui le intimate hanno resistito con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – L’unico motivo di ricorso, rubricato come denuncia sia di vizio di motivazione, sia di violazione di norme di diritto, sia di nullità della sentenza, è inammissibile.
La censura di violazione di norme di diritto, invero, non è in effetti per nulla articolata nel successivo svolgimento del motivo.
La censura di nullità della sentenza, invece, si raccorda alla deduzione di un vizio di extrapetizione per avere i giudici di appello accertato l’acquisto dell’intero lotto di terreno da parte delle F., che non era in discussione, controversa essendo la sola proprietà della frazione di quel lotto occupata dal P..
Deve allora osservarsi che, se l’acquisto delle F. era pacifico, non si riesce a cogliere l’interesse del ricorrente a dolersi del suo accertamento.
In realtà non dell’accertamento dell’acquisto dell’intero lotto da parte delle F. si duole il ricorrente, bensì del mancato accertamento del proprio acquisto per usucapione della frazione da lui occupata, che la Corte di appello ha escluso per difetto di prova.
Sul punto però, il ricorrente non articola idonee censure di vizio di motivazione, ma si limita a lamentare il mancato o insufficiente esame di punti e/o documenti, che tuttavia omette di specificare, e a negare, – ma si tratta di evidente censura di merito, perchè riguardante la valutazione delle prove – che dallo stato di abbandono del suolo in contesa potesse inferirsi l’interruzione della continuità del possesso da parte dell’usucapiente.
2. – Il ricorso va quindi respinto.
Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 28 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2010