Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1862 del 23/01/2019

Cassazione civile sez. VI, 23/01/2019, (ud. 11/12/2018, dep. 23/01/2019), n.1862

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Antonio Francesco – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3503-2018 proposto da:

M.M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO

BERTOLONI 31, presso lo studio dell’avvocato FABIO PULSONI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANIA PATFARELLO;

– ricorrente –

Contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1957/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 31 agosto 2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’11 dicembre 2018 dal Consigliere Relatore Dott.

LOREDANA NAZZICONE.

Fatto

RILEVATO

– che è proposto ricorso, fondato su di un motivo, avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna del 31 agosto 2017, la quale ha respinto l’appello avverso l’ordinanza del Tribunale, a sua volta reiettiva dell’opposizione al provvedimento della commissione territoriale sull’istanza di riconoscimento della protezione internazionale;

– che resiste il Ministero con controricorso;

– che è stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Diritto

CONSIDERATO

– che il motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 7, 8 e 14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, oltre ad omesso esame di fatto decisivo, non avendo la corte d’appello, con riguardo alla richiesta di protezione internazionale in tutte e tre i suoi aspetti, ritenuto credibile il racconto del richiedente, non dando credito alle sue dichiarazioni concernenti le ragioni dell’allontanamento dal Bangladesh, invece pienamente attendibili, anche tenuto conto dei poteri officiosi del giudice in materia, e senza accertare la situazione del paese di origine, secondo i rapporti di Amnesty International ad alto potenziale di criminalità politica e comune, con polizia inefficiente ed instabilità politica; quanto alla protezione umanitaria, la stessa gli compete per la giovane età e per avere intrapreso un percorso di integrazione rispettandole regole della comunità italiana;

– che il motivo è manifestamente inammissibile;

– che, invero, la motivazione esposta dalla corte d’appello non palesa i vizi denunziati, avendo essa ritenuto che il racconto del richiedente non è affatto credibile, avendo egli genericamente narrato di essere fuggito per una denuncia presentata da suoi avversari, ma essendosi contraddetto su innumerevoli circostanze della sua vicenda personale(lite per un terreno o per una disposizione testamentaria del nonno; avo in vita oppure no; cugino a suo favore o accusatore della famiglia; padre vivo oppure no; ecc.): onde, in definitiva, reputa la corte territoriale essere rimaste inesplicate le allegazioni circa il motivo dell’allontanamento;

– che la corte del merito, premesso, in punto di diritto, come presupposto della concessione della protezione sussidiaria invocata dal ricorrente derivi dalla allegata circostanza che il rientro nel paese d’origine possa comportare una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di “conflitto armato o internazionale”, ha, in punto di fatto, accertato come la situazione di forti tensioni politiche presenti in Bangladesh nemmeno indirettamente ha mai interessato il richiedente, che discorre di mere difficoltà economiche, il quale è un semplice civile, il quale narra unicamente di essersi allontanato dal paese d’origine “per denuncia presentata da suoi avversari”;

– che, quanto alla protezione umanitaria, la corte ha escluso possa fondarsi sul generalizzato stato di povertà del paese, tenuto altresì conto che il richiedente allega una proprietà immobiliare familiare ed ha potuto avere i fondi per il viaggio in quanto messi a disposizione dalla sua famiglia;

– che ogni accertamento relativo ai presupposti fattuali della fondatezza della richiesta non è censurabile in sede di ricorso per cassazione, nè sussiste il vizio di difetto assoluto della motivazione, al contrario ampia e ponderata;

– che le spese di lite seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di legittimità, liquidate in Euro 2.200,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, in Camera di consiglio, il 11 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2019

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