Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1862 del 21/01/2022

Cassazione civile sez. lav., 21/01/2022, (ud. 23/11/2021, dep. 21/01/2022), n.1862

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19689-2015 proposto da:

COMUNE DI BENEVENTO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GRAMSCI 54, (STUDIO

GRAZIADEI) presso l’avvocato ANTONIO D’ALOIA, rappresentato e difeso

dall’avvocato EUGENIO CARBONE;

– ricorrente –

contro

C.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALADIER 43,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI ROMANO, rappresentata e

difesa dall’avvocato DANIELA SARRACINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 528/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/02/2015 R.G.N. 1583/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/11/2021 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte di appello di Napoli, con la sentenza n. 528/2015, in parziale accoglimento del gravame e in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Benevento, confermata nel resto, ha condannato il Comune di Benevento al pagamento delle differenze retributive maturate da C.R. a decorrere dal 6.7.2002, tra il livello contrattuale attribuito ed il livello C di cui al CCNL di comparto; ha, poi, compensato per un terzo le spese del doppio grado, condannando l’Ente territoriale appellante alla refusione dei restanti due terzi.

2. La lavoratrice aveva adito il Tribunale sannita esponendo di essere dipendente del Comune di Benevento presso gli asili nido del settore servizi sociali e di essere stata sempre inquadrata con il profilo di puericultrice Categoria B; aveva rilevato, tuttavia, di avere sempre svolto le mansioni di Categoria C (educatrice di infanzia) del CCNL di settore, nella quale aveva chiesto di essere inquadrata con la condanna al pagamento delle differenze retributive, avendo nella sua attività quotidiana sempre curato nei bambini l’armonico sviluppo psico-fisico, di socializzazione e di integrazione dell’azione educativa della famiglia come prevedeva la declaratoria contrattuale richiesta.

3. I giudici di seconde cure, a fondamento della loro decisione, hanno precisato, richiamando precedenti in materia della medesima Corte territoriale, che: a) tra il Regolamento per il funzionamento degli Asili Nido del Comune di (OMISSIS) ed il CCNL 1998-2001 vi erano delle differenze sostanziali in quanto nel CCNL di comparto la figura della puericultrice era scomparsa, essendo stata sostituita da altre figure professionali; b) la questione oggetto del giudizio andava, quindi, impostata come accertamento del corretto inquadramento ab origine della dipendente nella categoria professionale in cui rientrava l’attività lavorativa svolta; c) dalle risultanze processuali era emerso che la dipendente svolgeva funzioni educative e ausiliarie e da ciò derivava il suo diritto a percepire le differenze retributive tra il livello di formale inquadramento e la retribuzione prevista per la categoria C stabilita nel CCNL; d) la pretesa economica andava, però, ridotta nei limiti della eccepita prescrizione quinquennale e, quindi, con la diversa decorrenza del 6.7.2002 rispetto a quella riconosciuta dell’1.7.98.

4. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre il Comune di Benevento con cinque motivi.

5. Resiste con controricorso C.R..

6. La controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla violazione degli artt. 112 e 324 c.p.c.: in particolare, la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato nonché la violazione del principio dell’intangibilità del giudicato. Deduce che la Corte territoriale, nel confermare con diversa motivazione la pronuncia di primo grado, si era in sostanza pronunciata, in sostanza, su una domanda implicitamente respinta e su cui si era formato il giudicato, rappresentata dal vizio dell’originario inquadramento della dipendente che non era stato mai prospettato da essa e, in ogni caso, doveva ritenersi implicitamente respinta essendo stata accolta la pretesa per le accertate mansioni superiori D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 52.

3. Con il secondo motivo, formulato in via gradata e condizionata, si censura la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione alla violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 52 e 56, e del D.Lgs. n. 29 del 1993, del D.P.R. n. 347 del 1983, della L. n. 241 del 1990, e in relazione all’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per la decisione. Lamenta che la Corte di merito in ogni caso aveva errato perché il riconoscimento dell’esercizio delle superiori mansioni era subordinato al riscontro effettivo dei requisiti sostanziali e formali, quali la vacanza dei posti nella relativa pianta organica e la sussistenza di un provvedimento formale e idoneo da parte dell’Amministrazione, che mancavano nella fattispecie in esame.

4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione alla violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 52 e 56, e del D.Lgs. n. 29 del 1993, del D.P.R. n. 347 del 1983, della L. n. 241 del 1990, e in relazione all’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per la decisione, per avere la Corte di appello erroneamente valutato che le mansioni ab origine espletate dalla dipendente fossero da ricondurre a quelle di educatrice di infanzia categoria C previste dal CCNL e non a quelle di puericultrice, oggetto dell’originario concorso bandito dal Comune di (OMISSIS) (non oggetto di contestazione), in assenza del requisito della “conoscenza monospecialistica” e di qualsiasi “metodo didattico specifico” caratterizzanti la figura professionale della attività di educatrice.

5. Con il quarto motivo l’Ente territoriale obietta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma, nn. 3 e 5, in relazione alla violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 52,56 e ss., e del D.Lgs. n. 29 del 1993, del D.P.R. n. 347 del 1983, della L. n. 241 del 1990, e in relazione all’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per la decisione, per non essere stata accertata la mancanza del carattere della prevalenza, sotto l’aspetto quantitativo, qualitativo e temporale del servizio espletato.

6. Con il quinto motivo si eccepisce la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, in relazione al difetto di giurisdizione del G.O. laddove la Corte territoriale, ipotizzando a monte una illegittimità nell’affidamento della qualifica, ha determinato un sindacato risalente ed afferente alla procedura concorsuale per la copertura dei 10 posti di puericultrice bandito dal Comune di (OMISSIS).

7. Il primo motivo è infondato non essendo ravvisabile alcuna inosservanza del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato previsto dall’art. 112 c.p.c., né del giudicato interno ai sensi dell’art. 324 c.p.c..

8. In ordine al primo profilo, deve rilevarsi che, sebbene la Corte territoriale abbia proceduto ad una diversa qualificazione giuridica della domanda, tuttavia ha lasciato inalterati i fatti costitutivi.

9. Invero, ha ritenuto ugualmente fondata la pretesa attraverso però un diverso percorso logico-giuridico avendo rilevato che la domanda fosse in realtà fondata non su di un diritto al riconoscimento delle mansioni superiori, ma su un erroneo originario inquadramento risalente all’epoca della procedura di assunzione.

10. E’ stato, pertanto, solo fornita una diversa interpretazione e qualificazione giuridica del fatto costitutivo del vantato diritto, ma non sono stati mutati l’oggetto sostanziale dell’azione e i termini della controversia, tanto da porre in essere una pretesa diversa da quella fatta valere in precedenza alterandone il thema decidendum (Cass. n. 1851372007; Cass. n. 9247/2006).

11. Il dovere imposto al giudice di non pronunciare oltre i limiti della domanda, né di pronunciare di ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti, non comporta l’obbligo di attenersi all’interpretazione prospettata dalle parti in ordine ai fatti, agli atti e ai negozi giuridici posti a base delle loro domande ed eccezioni, essendo la valutazione degli elementi documentali e processuali, necessaria per la decisione, pur sempre devoluta al giudice; al riguardo non è configurabile un vizio di ultra-petizione, ravvisabile unicamente nel caso in cui il giudice attribuisca alla parte un bene non richiesto, o maggiore di quello richiesto (Cass. n. 16608/2021).

12. Analogamente, va esclusa ogni violazione dell’art. 324 c.p.c..

13. Invero, la modificazione, da parte del giudice di appello, della qualificazione giuridica della domanda operata dal primo giudice è illegittima – per violazione del giudicato interno formatosi in ragione dell’omessa impugnazione sul punto della parte interessata – solo se detta qualificazione abbia condizionato l’impostazione e la definizione della indagine di merito, non anche quando, come nel caso di specie, i fatti dedotti in giudizio siano rimasti pacificamente acclarati e non modificati (Cass. n. 14077/2018).

14. Tralasciando per il momento la trattazione del secondo motivo, va osservato che il terzo motivo presenta profili di inammissibilità, sia in relazione al denunciato vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, non più inquadrabile nel perimetro della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sia perché è finalizzato ad una rivisitazione nel merito dell’accertamento fattuale dalla Corte territoriale, che è preclusa in sede di legittimità.

15. I giudici di seconde cure, infatti, hanno esaminato in maniera dettagliata le mansioni svolte dalla dipendente e hanno concluso che esse fossero ricomprese nell’inquadramento contrattuale di educatrice di infanzia categoria C prevista dal CCNL, fornendo sul punto una motivazione adeguata e coerente.

16. Il secondo ed il quarto motivo, da esaminarsi congiuntamente perché interferenti, sono anche essi inammissibili oltre che per gli aspetti procedurali, nella prospettazione del vizio, già evidenziati con la trattazione della censura sopra scrutinata, anche perché non si confrontano con la ratio decidendi della gravata pronuncia che ha fondato la pretesa della lavoratrice sul corretto inquadramento nella qualifica cui ella aveva originariamente diritto, senza, quindi, che rilevino i profili della “vacanza dei posti”, della sussistenza di un “provvedimento formale da parte dell’Amministrazione” e della “prevalenza” connessi allo svolgimento di mansioni superiori nel pubblico impiego contrattualizzato.

17. Il quarto motivo e’, infine, infondato, non potendo, da un lato, in questa sede, essere rivalutata la tematica della giurisdizione del giudice ordinario, rispetto alla quale le parti hanno prestato acquiescenza (Cass. n. 6966/2013) e, dall’altro, essendo stato individuato il petitum sostanziale della domanda non in ordine ai vizi della procedura concorsuale ma con riferimento alle pretese economiche relative al rapporto di lavoro in corso.

18. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.

19. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo, con distrazione.

20. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del difensore della controricorrente dichiaratasi antistatario. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 23 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2022

 

 

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