Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18605 del 12/09/2011

Cassazione civile sez. I, 12/09/2011, (ud. 28/03/2011, dep. 12/09/2011), n.18605

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.F., + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in Roma via Quintilio

Varo 133, presso lo studio dell’avv.to Giuliani Angelo che li

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso per

cassazione;

C.F. (OMISSIS); C.F. (OMISSIS); C.F.

(OMISSIS); C.F. (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri;

– intimata –

avverso il decreto della Corte di Appello di Roma, sezione per la

trattazione dei ricorsi ex L. n. 89 del 2001, emesso il 7 aprile

2008, depositata il 15 luglio 2008, R.G. dal n. 57546 al n. 57549/08;

udita la relazione della causa svolta all’udienza del 28 marzo 2011

dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso;

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.G., + ALTRI OMESSI ricorrono per cassazione contro il decreto della Corte di appello di Roma che ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento, in favore di ciascuno di loro, della somma di 3.000,00 Euro a titolo di equa riparazione del danno morale conseguente alla durata non ragionevole del processo che li ha visti opposti alla pubblica amministrazione nella richiesta del riconoscimento dell’indennità speciale non pensionabile prevista dalla L. n. 123 del 1981, art. 43. La Corte di appello ha ritenuto che la durata ragionevole per i due gradi del giudizio non potesse superare complessivamente i cinque anni e ha liquidato in 3.000,00 Euro la somma spettante a ciascuno dei ricorrenti a titolo di equa riparazione, stimando in 1.000,00 il danno per ogni anno di ritardo e attribuendo il diritto a percepire gli interessi legali dalla data del decreto al saldo.

Non svolge difese la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione di legge (L. n. 89 del 2001, art. 2 e art. 1173), la natura indennitaria dell’equa riparazione e la finalità non interamente compensativa della relativa liquidazione.

I ricorrenti chiedono alla Corte di affermare che gli interessi sulla somma liquidata a titolo di equa riparazione per superamento della ragionevole durata del processo, ai sensi della L. n. 89 del 2001, vanno riconosciuti dal momento della domanda azionata dinanzi la Corte di appello e non a decorrere dalla relativa pronuncia.

Il motivo è fondato.

La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che l’obbligazione avente ad oggetto l’equa riparazione, configurandosi, non già come obbligazione ex delicto, ma come obbligazione ex lege, è riconducibile, in base all’art. 1173 cod. civ., ad ogni altro atto o fatto idoneo a costituire fonte di obbligazione in conformità dell’ordinamento giuridico. Dal carattere indennitario di tale obbligazione discende che gli interessi legali possono decorrere, semprechè richiesti, dalla data della domanda di equa riparazione, in base al principio secondo cui gli effetti della pronuncia retroagiscono alla data della domanda, nonostante il carattere di incertezza e illiquidità del credito prima della pronuncia giudiziaria, mentre, in considerazione del predetto carattere indennitario dell’obbligazione, nessuna rivalutazione può essere invece accordata (Cass. civ., sezione 10^, n. 2248 del 2 febbraio 2007).

Il ricorso va pertanto accolto con conseguente cassazione del decreto impugnato e decisione nel merito consistente nella declaratoria della decorrenza degli interessi legali, sulla somma liquidata dalla Corte di appello, dalla data della domanda. La Presidenza del Consiglio va condannata al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, dichiara dovuti gli interessi legali, sulla somma liquidata a titolo di equo indennizzo dalla data della domanda.

Condanna la Presidenza del Consiglio al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione liquidate in Euro 1.200,00 per onorari e 100,00 per spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2011

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