Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18599 del 30/06/2021

Cassazione civile sez. I, 30/06/2021, (ud. 16/04/2021, dep. 30/06/2021), n.18599

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10141/2019 r.g. proposto da:

M.J.E., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e

difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso,

dall’Avvocato Pio Di Benedetto, presso il cui studio è

elettivamente domiciliato in Eboli, Viale Amendola n. 68.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro.

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Salerno, depositato e comunicato

in data 19.2.2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/4/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con il decreto impugnato il Tribunale di Salerno ha respinto la domanda di protezione internazionale ed umanitaria avanzata da M.J.E., cittadino nigeriano, dopo il diniego di tutela da parte della locale commissione territoriale, confermando, pertanto, il provvedimento reso in sede amministrativa.

Il tribunale ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato nella città di (OMISSIS), capitale dello Stato di Anambra, di essere di religione cristiana e di appartenere al gruppo etnico Igbo; ii) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese perchè perseguitato politico quale militante del gruppo IPOB, che si batte per la libertà del Biafra.

Il tribunale ha ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, sub art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, che risultava, per molti aspetti, non plausibile, lacunoso e non circostanziato; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito allo stato di Anambra, stato meridionale nigeriano di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che la valutazione di non credibilità escludeva tale possibilità e perchè il ricorrente non aveva dimostrato un saldo radicamento nel contesto sociale italiano nè una condizione di soggettiva vulnerabilità.

2. Il decreto, pubblicato il 19.2.2019, è stato impugnato da M.J.E. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

La parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 117 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 8. Si contestano le modalità di conduzione dell’audizione giudiziale non correttamente volte ad accertare la verità dei fatti narrati.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, artt. 115,116 e 117 c.p.c., in relazione alla valutazione di non credibilità del racconto.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14.

4. Il quarto mezzo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione al diniego dell’invocata protezione umanitaria.

5. Il ricorso è inammissibile.

5.1 Il primo motivo è inammissibile per come formulato.

Occorre subito chiarire che nel caso in esame il tribunale ha proceduto all’audizione del richiedente, appuntandosi le doglianze solo sulle modalità di conduzione dell’audizione giudiziale del ricorrente stesso.

Le doglianze si presentano dunque inammissibili perchè solo genericamente formulate, non specificando neanche quale norma processuale sarebbe stata violata in relazione alle modalità di conduzione dell’interrogatorio, e perchè volte a richiedere un irricevibile nuovo scrutinio degli elementi fattuali posti a sostegno del giudizio di non credibilità del racconto.

5.2 Anche il secondo motivo è inammissibile.

Sul punto è necessario ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019). Più precisamente, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr. sempre, Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019).

Orbene, osserva la Corte come, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, la parte ricorrente pretenda, ora, una inammissibile rivalutazione del contenuto delle dichiarazioni rilasciate dal ricorrente e del giudizio di complessiva attendibilità di quest’ultimo, profilo che è irricevibile in questo giudizio di legittimità perchè non dedotto nel senso sopra chiarito e perchè comunque rivolto ad uno scrutinio di merito delle dichiarazioni che invece è inibito al giudice di legittimità.

4.3 Anche il terzo motivo non supera il vaglio di ammissibilità.

4.3.1 In ordine al diniego dell’invocata protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, che, alla stregua delle indicazioni ermeneutiche impartite da questa Corte, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (Grande Sezione, 18 dicembre 2014; C-542/13, par. 36; C285/12; C-465/07), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13858 del 31/05/2018).

Il motivo – articolato in relazione al diniego della reclamata protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c – è inammissibile perchè volto a sollecitare questa Corte ad una rivalutazione delle fonti informative per accreditare, in questo giudizio di legittimità, un diverso apprezzamento della situazione di pericolosità interna della Nigeria (Anambra), giudizio quest’ultimo inibito alla corte di legittimità ed invece rimesso alla cognizione esclusiva dei giudici del merito, la cui motivazione è stata articolata – sul punto qui in discussione – in modo adeguato e scevro da criticità argomentative, avendo specificato, anche tramite la consultazione (e indicazione) di aggiornate fonti di informazione internazionali (c.o.i.), che negli Stati del sud della Nigeria non si assiste ad un conflitto armato generalizzato, tale da integrare il pericolo di danno protetto dalla norma sopra ricordata.

4.3.2 In ordine invece alle doglianze sollevate in relazione al diniego della invocata protezione D.Lgs. n. 251 del 2007, sub art. 14, lett. b, le censure risultano anch’esse inammissibili perchè le stesse non si confrontano con la ratio decidendi principale posta alla base del contestato rigetto della tutela protettiva, e cioè la valutazione di non credibilità del racconto, profilo quest’ultimo che è stato contestato con la prospettazione di vizi tuttavia non ricevibili in questo giudizio di legittimità.

5. Il quinto motivo – articolato in relazione al diniego dell’invocata protezione umanitaria – è anch’esso inammissibile, perchè, concentrandosi sul profilo dell’appartenenza del richiedente al sopra ricordato movimento indipendentista del Biafra, non si confronta ancora una volta con la ratio decidenti dell’impugnato provvedimento, e cioè la valutazione di non credibilità del racconto.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2021

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