Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18594 del 10/08/2010

Cassazione civile sez. trib., 10/08/2010, (ud. 10/06/2010, dep. 10/08/2010), n.18594

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.P., elettivamente domiciliata in Roma, via Campo

Marzio n. 69, presso lo studio dell’avv. D’Alessandro Vinicio, che la

rappresenta e difende unitamente all’avv. Giuseppe Bartolini;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale delle Marche, sez. 2^, n. 1, depositata l’1.2.2008;

Letta la relazione scritta redatta dal consigliere relatore dott.

Aurelio Cappabianca;

constatata la regolarita’ delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

che la contribuente propose ricorso avverso avviso di rettifica parziale iva per l’anno 1996 ed applicazione delle correlative sanzioni, emesso, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 21, 28 e art. 40, comma 6, in esito all’accertamento dell’acquisto da parte sua di 216 suini senza fattura;

– che, a fondamento del ricorso, la contribuente dedusse, tra l’altro, l’inapplicabilita’ della normativa invocata dall’Agenzia in considerazione della natura “agricola”, ex art. 2135 c.c. dell’attivita’ di allevamento espletata;

che l’adita commissione provinciale respinse il ricorso, con decisione confermata, in esito all’appello della contribuente, dalla commissione regionale;

– che, nel negare la natura agricola ex art. 2135 c.c. dell’attivita’ assoggettata ad imposizione e l’applicabilita’ del regime iva speciale di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 34 i giudici di appello rilevarono in particolare: “per le necessita’ dell’allevamento e’ stato utilizzato mangime totalmente acquistato da ditte specializzate e non prodotto per almeno un quarto dal terreno condotto dalla ditta individuale appellante. I prodotti del fondo sono risultati non utilizzabili nell’allevamento … L’ulteriore conferma di un’attivita’ di natura commerciale, deriva dal rinvenimento di documenti di accompagnamento relativi all’acquisto di suini, recanti quale luogo di destinazione vari mattatoi della zona …”;

rilevato:

– che, avverso tale decisione, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione in due motivi, illustrati anche con memoria, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2135 c.c. e D.P.R. n. 917 del 1986, art. 29 in funzione del quesito di diritto “va considerata agricola e cosi qualificata ai fini del regime iva speciale di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 34 anche l’allevamento per il quale non viene utilizzato mangime prodotto in azienda essendo sufficiente che il fondo sul quale l’attivita’ e’ svolta sia in grado di produrre almeno un quarto dei mangimi necessari”, nonche’ vizio di motivazione;

osservato:

– che – in disparte i profili conseguenti alla mancata corretta osservanza delle prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c. ed, altresi’, la loro inidoneita’ ad esaurire la ratio decidendi della pronunzia impugnata (nella parte in cui conforta l’assunto dell’Agenzia secondo cui i suini acquistati dalla contribuente, non sarebbero mai stati introdotti nel relativo allevamento, ma direttamente consegnati ai mattatoi della zona) – le doglianze della contribuente – che, in quanto strettamente connesse, possono essere trattate congiuntamente – vanno disattese poiche’ introducono sindacato in fatto non consentito in sede di legittimita’;

che invero – a fronte dell’argomentato convincimento, tratto dai giudici del gravame dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili, del difetto dei presupposti per qualificare “agricola” l’attivita’ di allevamento di suini esplicata dalla contribuente – questa, pur apparentemente prospettando violazione di legge e carenza di motivazione, rimette, in realta’ in discussione, contrapponendovene uno difforme, l’apprezzamento in fatto del giudice di merito;

– che, tuttavia, tale apprezzamento, espresso con motivazione ancorata alle risultanze delle acquisizioni, documentali ed in se’ coerente, e’ sottratto al sindacato di legittimita’, giacche’, nell’ambito di tale sindacato non e’, infatti, conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico – formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilita’ e concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione: cfr. Cass. 22901/05, 15693/04, 11936/03);

ritenuto:

che, pertanto, il ricorso della societa’ contribuente si rivela manifestamente infondato, sicche’ va respinto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

che, per la soccombenza, la contribuente va condannata alla rifusione delle spese processuali in favore della controparte, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE respinge il ricorso; condanna la contribuente: alla rifusione delle spese processuali in favore della controparte, liquidate in complessivi Euro 800,00 (di cui Euro 100,00, per esborsi) oltre spese generali e accessori di Legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2010

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