Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18592 del 13/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 18592 Anno 2018
Presidente: ARMANO ULIANA
Relatore: D’ARRIGO COSIMO

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21879-2016 R.G. proposto da:
SCIARRA MARTA, elettivamente domiciliata in Roma, piazza Augusto
Lorenzini, 32, presso lo studio dell’avvocato Maurizio Zeffiro Ceglia,
che la rappresenta e difende;

– ricorrente contro
GENERALI ITALIA S.P.A., quale impresa designata per la gestione del
Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, in persona del
procuratore speciale Giovanni Digito, elettivamente domiciliata in
Roma, via Carlo Mirabello, n. 6, presso lo studio dell’avvocato
Federico Roselli, che la rappresenta e difende;

– controricorrente contro
BIANCA MARIA;

– intimata –

Data pubblicazione: 13/07/2018

avverso la sentenza n. 4659/2016 del Tribunale di Roma, emessa il
02/03/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 29/11/2017 dal Consigliere Dott. Cosimo D’Arrigo.
RITENUTO

poi il Tribunale di Roma in funzione di giudice d’appello, hanno
rigettato la domanda risarcitoria proposta da Marta Sciarra nei
confronti di Maria Bianca e dell’INA Assitalia s.p.a., ora Generali Italia
s.p.a., avente ad oggetto i danni riportati a seguito di un incidente
stradale.
Contro tale decisione la Sciarra ha proposto ricorso per due motivi.
Generali Italia s.p.a. ha resistito con controricorso.
La Bianca non ha svolto attività difensiva.
Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui
all’art. 380-bis cod. proc. civ. (come modificato dal comma 1, lett. e),
dell’art. 1-bis d.l. 31 agosto 2016, n. 168, conv. con modif. dalla I. 25
ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del
ricorso in camera di consiglio non partecipata.
Sia la ricorrente che la controricorrente hanno depositato memorie
difensive.
CONSIDERATO
In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la
motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma
semplificata.
Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione delle norme in
materia di valutazione della prova, sostenendo che i giudici avrebbero
errato nel non ritenere probante la ricostruzione del sinistro risultante
dal C.I.D., assistita da una presunzione di attendibilità.
La dedotta violazione di legge non sussiste, valendo in proposito
quanto osservato dalle Sezioni unite di questa Corte, secondo cui nel

Ric. 2016 n. 21879 sez. M3 – ud. 29-11-2017

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Con doppia sentenza conforme, dapprima il giudice di pace di Roma e

giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell’assicuratore della
responsabilità civile da circolazione stradale, il responsabile del
danno, che deve essere chiamato nel giudizio sin dall’inizio, assume
la veste di litisconsorte necessario, poiché la controversia deve
svolgersi in maniera unitaria tra i tre soggetti del rapporto
processuale (danneggiato, assicuratore e responsabile del danno) e
coinvolge inscindibilmente sia il rapporto di danno, originato dal fatto
illecito dell’assicurato, sia il rapporto assicurativo, con la derivante
necessità che il giudizio deve concludersi con una decisione uniforme
per tutti i soggetti che vi partecipano. Pertanto, avuto riguardo alle
dichiarazioni confessorie rese dal responsabile del danno, deve
escludersi che, nel giudizio instaurato ai sensi dell’art. 18 della legge
n. 990 del 1969, sia nel caso in cui sia stata proposta soltanto
l’azione diretta che nell’ipotesi in cui sia stata avanzata anche la
domanda di condanna nei confronti del responsabile del danno, si
possa pervenire ad un differenziato giudizio di responsabilità in base
alle suddette dichiarazioni, in ordine ai rapporti tra responsabile e
danneggiato, da un lato, e danneggiato ed assicuratore dall’altro.
Conseguentemente, va ritenuto che la dichiarazione confessoria,
contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro
(cosiddetto C.I.D.), resa dal responsabile del danno proprietario del
veicolo assicurato e – come detto – litisconsorte necessario, non ha
valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma
deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare
applicazione la norma di cui all’art. 2733, terzo comma, cod. civ.,
secondo la quale, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione
resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è, per l’appunto, liberamente
apprezzata dal giudice (Sez. U, Sentenza n. 10311 del 05/05/2006,
Rv. 588600; conf. Sez. 3, Sentenza n. 3567 del 13/02/2013, Rv.
625437).

Ric. 2016 n. 21879 sez. M3 – ud. 29-11-2017

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t

Con il secondo motivo si deduce ancora una volta la violazione delle
norme in tema di valutazione delle prove, con riferimento al mancato
riconoscimento della valenza probatoria delle risultanze della
consulenza tecnica d’ufficio, relativamente al nesso causale fra la
riferita dinamica del sinistro e il danno patito. Anche tale motivo è

vincolano il libero convincimento del giudice di merito. Peraltro, nella
specie è stato correttamente osservato che le conclusioni del c.t.u.
muovono dall’ipotesi che il sinistro si svolse secondo quanto riferito
dall’attrice mentre di ciò, come s’è detto esaminando il motivo
precedente, non vi è prova.
Più in generale deve aggiungersi che i due motivi esaminati, benché
prospettati sub specie di violazione di legge, sollecitano più che altro
una revisione del materiale probatorio. La valutazione richiesta,
attenente al merito della decisione, non è ammissibile in questa sede,
a maggior ragione ove si consideri che – in presenza di due sentenze
di merito di identico contenuto – non è possibile neppure dedurre il
vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (art. 348ter, quinto comma, cod. proc. civ.).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e le spese del giudizio
di legittimità in favore della controricorrente vanno poste a carico
della ricorrente, ai sensi dell’art. 385, comma primo, cod. proc. civ.,
nella misura indicata nel dispositivo.
Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma
1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1,
comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sicché l’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
l’impugnazione da lui proposta.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore
della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che

Ric. 2016 n. 21879 sez. M3 – ud. 29-11-2017

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manifestamente infondato, in quanto le conclusioni del c.t.u. non

liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie
nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 e agli
accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della

ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso
art. 13.

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2017.

sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della

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