Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18591 del 30/06/2021

Cassazione civile sez. I, 30/06/2021, (ud. 16/04/2021, dep. 30/06/2021), n.18591

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16403/2020 proposto da:

N.K., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

cancelleria della corte di Cassazione e rappresentato e difeso

dall’Avvocato Livio Neri, per procura speciale in calce al ricorso

introduttivo;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro in carica,

domiciliato per legge presso l’Avvocatura Generale dello Stato in

Roma, Via dei Portoghesi, 12;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia, n. 179/2020,

depositata il 13/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/04/2021 dal Cons. Dott. Laura Scalia.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte di appello di Brescia ha rigettato l’impugnazione proposta da N.K., cittadino del Mali, avverso l’ordinanza del locale tribunale che di diniego della protezione sussidiaria e del riconoscimento del diritto a quella umanitaria ha confermato il provvedimento adottato dalla competente Commissione territoriale, nella ritenuta non attendibilità del racconto reso e nella insussistenza dei presupposti per la richiesta protezione.

2. Nelle dichiarazioni rese in fase amministrativa il ricorrente aveva riferito di aver abbandonato il proprio Paese a causa della guerra iniziata nel 2012, riferendo che i propri genitori erano stati uccisi dagli jihadisti che lo avevano rapito, con il fratello, portandolo nel deserto da cui egli era fuggito verso l’Algeria ottenendo un passaggio in automobile.

3. N.K. ricorre per la cassazione dell’indicato decreto con quattro motivi.

Il Ministero dell’interno si è costituito tardivamente al dichiarato fine di partecipare all’udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 1 e art. 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, denunciando motivazione apparente. La Corte di appello aveva escluso la sussistenza dei presupposti della protezione internazionale ritenendo inattendibile il racconto del richiedente protezione nella genericità delle allegazioni, violando in tal modo criteri di accertamento dei fatti e del racconto non tenendo conto dei chiarimenti dati in fase di ricorso introduttivo e di appello e non avendone comunque richiesti rispetto a circostanze ritenute generiche. La motivazione era apparente perchè sostenuta dalla non veridicità dei fatti per loro asserita genericità.

Il motivo è manifestamente infondato.

La motivazione è apparente quando non attinga la soglia minima costituzionale di cui all’art. 111 Cost., integrativo e che si converte in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dando luogo a nullità della sentenza.

La Corte ha motivato sulla inattendibilità del racconto, per i profili della stessa provenienza del dichiarante, per la non capacità del richiedente di indicare le caratteristiche geografiche della zona asserita come di sua origine, Menaka, ed il tempo necessario per raggiungere da detta località il lago che il primo ha dichiarato essere lì esistente.

Il richiamo a richieste, mancate, di chiarimenti sul racconto reso che avrebbero dovuto determinare la Corte di merito a sentire nuovamente il richiedente, evidenza che viene dedotta come violativa dell’onere di collaborazione istruttoria, è generico e comunque infondato.

Il motivo è infondato nella parte in cui denuncia la mancata audizione del richiedente perchè questi chiarisse le ritenute ragioni di manifesta infondatezza del suo narrato senza segnalare gli aspetti meritevoli di chiarimento nella natura impugnatoria del mezzo proposto.

2. Con il secondo motivo il ricorrente fa valere la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a), in relazione alla valutazione della situazione del Paese di origine del ricorrente ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c).

La Corte aveva escluso la protezione sussidiaria sotto il profilo di una minaccia grave e individuale alla vita o persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto interno e internazionale attingendo da una sola fonte, il sito “Guerre nel mondo”. Era stato violato l’onere di procedere indicando esattamente fonti utilizzate e loro aggiornamento.

Il motivo è manifestamente infondato là dove deduce la non attualità della fonte consultata dai giudici di merito che del sito hanno segnalato l’aggiornamento al dicembre 2019 e nel resto è inammissibile perchè generico e relativo al merito.

Come ritenuto da questa Corte infatti in tema di protezione internazionale, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate (Cass. 18/02/2020 n. 4037).

La dedotta censura non si muove lungo l’indicato paradigma, ma contesta invece la capacità dell’unica fonte indicata ad integrare quelle su cui il giudice di merito può fondare il giudizio in ordine alla situazione di violenza generalizzata.

Nel richiamare, poi, la necessità dell’adempimento dell’onere di collaborazione istruttoria pur nella non credibilità del racconto la censura si appunta ad evidenza del tutto irrilevante, atteso che quell’accertamento sulle fonti, di carattere obiettivo ove condotto ai fini di cui all’art. 14 lett. c) D.Lgs. cit., non è di certo precluso nell’impugnata sentenza dal giudizio sulla non credibilità del racconto (vd. in tal senso, ex multis: Cass. 29/05/2020 n. 10286).

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. c) e/o lett. a) e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e/o del combinato disposto del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e con il quarto deduce l’omessa o apparente motivazione, e quindi la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

In ordine alla protezione umanitaria, la Corte non aveva formulato alcuna domanda al ricorrente sulla sua attuale situazione socio-lavorativa in Italia e solo in apparenza aveva operato una valutazione comparativa tra la situazione in cui il primo si trovava in Italia e quella che egli avrebbe avuto nel Paese di provenienza in caso di rimpatrio forzato.

I motivi sono generici là dove contestano la mancata audizione del ricorrente su circostanze che ne avrebbero permesso la valutazione della situazione individuale ai fini della protezione umanitaria e che la valutazione comparativa per esaminare la condizione di vulnerabilità era stata solo apparente.

Il ricorrente non deduce infatti di avere tempestivamente fatto valere situazioni di vulnerabilità davanti ai giudici di merito, evidenza rispetto alla quale non aveva ottenuto risposta sicchè nessuna concludenza può riconoscersi alla dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c. e sulla valutazione comparativa, che si denuncia come mancata, con conseguente apparenza della motivazione, la censura non coglie delle norme invocate il preliminare contenuto per il quale, il dovere di collaborazione istruttoria sussiste là dove il richiedente abbia allegato situazioni di vulnerabilità personale.

Ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, il giudice è chiamato a verificare l’esistenza di “seri motivi” che impongano di offrire tutela a situazioni di vulnerabilità individuale, anche esercitando i poteri istruttori ufficiosi a lui conferiti, ma è necessario che il richiedente indichi i fatti costitutivi del diritto azionato e cioè fornisca elementi idonei a far desumere che il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile, costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza (Cass. 02/07/2020 n. 13573).

L’audizione del richiedente protezione presuppone poi la puntuale allegazione di evidenze rilevanti ai fini della protezione e non il generico richiamo ad un’omessa valutazione.

4. Il ricorso è in via conclusiva infondato e va rigettato. Nulla sulle spese nella tardività della costituzione del Ministero. Sussistono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 16 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2021

 

 

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