Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1859 del 29/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 1859 Anno 2014
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 13743-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

PRENESTE UNO SRL in persona dell’Amministratore Unico
e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA OSLAVIA 39-F, presso lo
studio dell’avvocato BIANCO GIUSEPPE, che lo
rappresenta e difende giusta delega in calce;

Data pubblicazione: 29/01/2014

- controri corrente –

avverso la sentenza n. 137/2005 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 24/03/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/11/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO

udito per il ricorrente l’Avvocato GIACOBBE che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato BIANCO che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

VALITUTTI;

RITENUTO IN FATTO.
1. In data 20.12.96, veniva notificato alla società Preneste Uno s.r.l.

un avviso di rettifica emesso

dall’Ufficio ai fini IVA per l’anno di imposta 1991, con
il quale l’Amministrazione finanziaria disconosceva il
diritto al rimborso di un credito di imposta, riportato
dalla contribuente nella relativa dichiarazione annuale,
le concesso in comodato alla predetta società dal proprio
amministratore, con contratto del 19.4.89.
2. L’atto impositivo veniva impugnato dalla Preneste Uno
s.r.l. dinanzi alla CTP di Roma, che rigettava il ricorso. La CTR del Lazio, con sentenza n. 137/29/05, depositata il 24.3.06, accoglieva, peraltro, l’appello proposto
dalla società, compensando le spese del giudizio.
2.1. Il giudice di seconde cure riteneva, invero, che i
costi per la ristrutturazione suindicata fossero da considerarsi inerenti all’attività di impresa, e perciò detraibili, poiché relativi ad un’attività propedeutica a
quella assoggettabile ad IVA, successivamente svolta dalla contribuente. La CTR riteneva, inoltre, che tale conclusione non fosse inficiata, trattandosi di due soggetti
giuridici diversi, dalla coincidenza, nella stessa persona fisica, del comodante e dell’amministratore della società comodataria dell’immobile di proprietà del primo.
3. Per la cassazione della sentenza n. 137/29/05 ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate articolando due motivi. La contribuente ha replicato con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con i due motivi di ricorso – che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 19 del d.P.R. n. 633/72, 10 della 1. 212/00, 1175 c.c. e 17 della Direttiva CEE n.
388/77, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché la
contraddittoria ed insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360 n. 5
c.p.c.

relativo alle spese per la ristrutturazione di un immobi-

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1.1. La CTR – a parere dell’Amministrazione – sarebbe incorsa nella violazione delle disposizioni succitate, laddove ha ritenuto – peraltro, con motivazione incongrua che fossero inerenti all’attività di impresa, svolta dalla Preneste Uno s.r.1., i costi dalla medesima affrontati
per la ristrutturazione di un immobile concesso in cornodato alla predetta società dal proprio amministratore,
avrebbe, difatti, adeguatamente valutato – a parere della
ricorrente – che non avendo la contribuente posto in essere alcuna operazione imponibile ai fini IVA dal 1989 al
1993, tale isolata operazione – non diretta al mercato,
sebbene prevista dall’atto costitutivo e dallo statuto
sociale – oltre a costituire violazione del principio di
buona fede sancito dagli artt. 1175 c.c. e 10 della 1. n.
212/00, integrerebbe gli estremi dell’abuso del diritto,
elaborato dalla giurisprudenza comunitaria.
1.2. Tale conclusione sarebbe – dipoi – confortata, secondo l’Amministrazione ricorrente, dall’ulteriore circostanza, anch’essa non adeguatamente valorizzata dalla
CTR, della coincidenza, nella stessa persona fisica, del
comodante e dell’amministratore della società comodataria
dell’ immobile di proprietà del primo. Siffatta circostanza evidenzierebbe, infatti, contrariamente a quanto
ritenuto dalla CTR, l’unico scopo dell’operazione, consistente nel procurare alla società un indebito credito di
imposta.
2. Le censure sono infondate.
2.1. La Corte di Lussemburgo ha – per vero – più volte
affermato al riguardo che, ai fini di stabilire se sia
detraibile, o meno, ai sensi dell’art. 17 della sesta Direttiva n. 388/77, un’attività di acquisto o di ristrutturazione di un bene da adibire all’esercizio
dell’impresa, deve aversi riguardo all’intenzione del
soggetto passivo di imposta, confermata da elementi
obiettivi, di utilizzare un bene o un servizio per fini
aziendali. Tale intento consente, invero, di determinare
se, nel momento in cui procede all’operazione a monte,

con contratto del 19.4.89. Il giudice di appello non

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detto soggetto passivo agisca come tale, e debba dunque
poter beneficiare del diritto a detrazione dell’IVA dovuta o assolta per i detti beni e servizi (cfr. C. Giust.
11.7.91, Lennartz, C-97/90; C. Giust. 8.6.00, Breitshol,
C- 400/98; C. Giust. 19.7.12, 0-334/10).
2.2. In adesione a tale indirizzo della giurisprudenza
comunitaria, questa Corte ha, del pari, ripetutamente
al mercato, compiuta da una società commerciale,
quand’anche l’atto costitutivo o lo statuto sociale prevedano che il sodalizio possa compiere operazioni di acquisto, ristrutturazione, vendita e locazione d’immobili,
di per se sola non può valere a dare consistenza ad
un’attività imprenditoriale capace di giustificare l’inerenza dell’operazione passiva all’attività svolta.
La previsione statutaria relativa a tali attività riveste, infatti, ai fini della detraibilità del tributo assolto sulle operazioni passive, un valore meramente indiziario circa l’inerenza dei relativi costi all’effettivo
esercizio dell’impresa, ai sensi dell’art. 19, co. 1 del
d.P.R. 633/72; salvo che la società dimostri o che l’operazione, apparentemente singola, non sia isolata e che
sia inserita in una specifica attività imprenditoriale,
oppure che essa s’inserisca in una attività immobiliare
vera e propria, così che – in ambedue i casi – sia destinata, almeno in prospettiva, a generare un lucro in proprio favore. E’ necessario, in altri termini, che risulti
comprovato – da parte del contribuente sul quale incombe
il relativo onere – l’intento del medesimo di finalizzare
l’acquisto o la ristrutturazione dell’immobile
all’espletamento dell’attività economica dichiarata,
giacchè anche un’operazione isolata, se prodromica
all’esercizio effettivo dell’attività di impresa, può essere considerata ai fini della detrazione dell’IVA assolta a monte, pure in difetto di operazioni attive (cfr.
Cass. 2300/05; 7808/08; 7344/11; 4157/13).
2.3. Orbene, nel caso di specie, la Preneste Uno s.r.l. è
una società immobiliare nel cui oggetto sociale – stando

statuito che un’operazione economica isolata non diretta

allo stesso ricorso dell’Agenzia delle Entrate (p. 6) rientrano anche l’attività di restauro e di ristrutturazione degli immobili.
L’attività posta in essere nel caso concreto, è avvenuta
a seguito di un contratto di comodato stipulato tra la
società e l’amministratore della stessa Preneste Uno
s.r.1., Lombardi Celestino, in data 19.4.89, con il quale
bile di sua proprietà di quattro piani, allo stato grezzo, con l’obbligo per la comodataria di renderlo abitabile per adibirlo all’attività prevista dall’atto costituivo e dallo statuto. Terminata la ristrutturazione, la
Preneste Uno s.r.l. esponeva in dichiarazione un credito
di £. 104.346.000, che veniva disconosciuto dall’ Amministrazione, poiché ritenuto non inerente all’attività di
impresa.
2.4. Ebbene, dall’esame dell’impugnata sentenza, si evince, senza ombra di dubbio, che l’attività di locazione
immobiliare – rientrante nell’oggetto sociale della Preneste Uno s.r.l. – fu da quest’ultima effettivamente intrapresa negli anni successivi al 1991, epoca in cui ebbero termine i lavori di ristrutturazione, comportando,
quindi, a decorrere dall’anno 1994, come riconosciuto
dalla stessa Agenzia delle Entrate, un progressivo aumento dei ricavi assoggettati ad IVA. Ne discende, sulla
scorta dei principi suesposti, che il disconoscimento del
credito relativo alle spese di ristrutturazione di detto
immobile – come correttamente ritenuto dal giudice di appello – non può considerarsi legittimo, attesa l’evidente
finalizzazione di tale operazione al futuro esercizio
dell’attività di impresa prevista dall’atto costitutivo e
dallo statuto sociale.
2.5. E’ appena il caso di soggiungere, poi, che – attesa
l’innegabile diversità di soggetti sussistente tra la società contribuente (società di capitali dotata di personalità giuridica) ed il suo amministratore (persona fisica) – la circostanza che il contratto di comodato, prodromico alla ristrutturazione dell’immobile, sia inter-

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all’assunto

dell’Amministrazione finanziaria non riveste alcun significato ai fini della dimostrazione di un intento elusivo
dell’IVA, che sarebbe implicito nell’essere il Lombardi
“sostanzialmente parte del citato contratto di comodato”.
L’alterità dei due di soggetti, infatti, rende del tutto
giustificabile un interesse economico contrapposto degli
nomico-giuridico, atteso che, in siffatta ipotesi, mentre
il comodatario ottiene il diritto di disporre di detto
appartamento al fine di utilizzarlo per la propria attività economica per la durata del contratto, senza essere
tenuto a pagare un canone dì locazione, il proprietario,
dal canto suo, recupera l’appartamento ristrutturato alla
fine del contratto medesimo (C. Giust. 26.9.13, Serebryannay vek, C-283/12).
3. Per tutti i motivi esposti, pertanto, il ricorso non
può che essere rigettato.
4. Le spese del presente giudizio vanno poste a carico
della ricorrente, nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese del
presente giudizio, che liquida in e 3.500,00, oltre ad
200,00 per esborsi ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 26.11.2013.

stessi, idoneo a giustificare il contratto sul piano eco-

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