Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18589 del 26/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 26/07/2017, (ud. 05/07/2017, dep.26/07/2017),  n. 18589

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FEDELE Ileana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, siti in

Roma, Via dei Portoghesi, 12, è domiciliato;

– ricorrente –

contro

D.L.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1210/2014 della Corte di appello di Torino,

depositata il 23 febbraio 2015;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 5 luglio 2017 dal Consigliere Ileana Fedele.

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte di Appello di Torino ha accolto l’appello proposto da D.L.A. – assunta come assistente per il comparto scuola con una successione di contratti a termine – per il riconoscimento del diritto agli scatti di anzianità L. 11 luglio 1980, n. 312, ex art. 53 invocando in via alternativa in grado di appello il principio di parità di trattamento tra lavoratori assunti a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, con condanna dell’amministrazione alla corresponsione delle relative differenze retributive;

per la cassazione di tale decisione il Ministero propone ricorso affidato a due motivi, mentre l’intimata non si è costituita;

è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

RITENUTO

che:

il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;

la sentenza impugnata si fonda sulla riqualificazione della domanda proposta dalla dipendente, assumendo che il richiamo al principio di parità di trattamento non comporti l’introduzione di una domanda nuova, avendo il Ministero accettato il contraddittorio sul punto; sulla base di tale premessa l’impugnazione è stata accolta in virtù del principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, allegato alla Direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999 e recepito nel nostro ordinamento con il D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368 (in particolare: art. 6), richiamando i pertinenti precedenti della Corte di giustizia dell’Unione europea ed escludendo la rilevanza della specialità del sistema del reclutamento scolastico per giustificare la diversità del trattamento economico riservato agli assunti a tempo determinato;

con il primo motivo il Ministero denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte territoriale ritenuto di poter “diversamente” qualificare l’unica domanda proposta dalla dipendente (vale a dire quella intesa ad ottenere il riconoscimento degli scatti biennali L. n. 312 del 1980, ex art. 53), senza considerare che tale domanda si fonda su una differente causa petendi (perdurante applicabilità della citata disposizione) rispetto a quella addotta a fondamento della sentenza impugnata (parità di trattamento retributivo dei lavoratori a tempo determinato rispetto a quello assicurato ai lavoratori a tempo indeterminato, ai quali ultimi la contrattazione collettiva assicura un sistema di progressione economica per fasce stipendiali); sicchè, attraverso l’asserita qualificazione della “stessa domanda”, il giudice di appello ha accolto il gravame in assenza della domanda fondata sul principio di non discriminazione, neppure svolta in via subordinata in primo grado;

con il secondo motivo il Ministero denuncia la violazione e falsa applicazione della direttiva 1999/70/CE e dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato ivi allegato, del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, artt. 485, 489 e 526, del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, artt. 6 e 10, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 9, comma 18, convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, art. 1, comma 2, della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, artt. 36 e 45, degli artt. 77, 79 e 106 del c.c.n.l. comparto scuola del 29 novembre 2007, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, sul rilievo che i rapporti di lavoro a tempo determinato del settore scolastico sono assoggettati ad una normativa speciale di settore, sicchè agli stessi non si applica la disciplina generale dettata dal D.Lgs. n. 368 del 2001 e sussistono dunque “ragioni oggettive” idonee a giustificare il diverso trattamento economico;

il primo motivo di ricorso è fondato, dovendosi considerare così assorbito il secondo motivo;

infatti, come già affermato da questa Corte (Cass. 07/11/2016, n. 22558, alle cui motivazioni ci si riporta integralmente ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in quanto del tutto condivise) “la L. 11 luglio 1980, n. 312, art. 53 che prevedeva scatti biennali di anzianità per il personale non di ruolo, non è applicabile ai contratti a tempo determinato del personale del comparto scuola ed è stato richiamato, D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 69, comma 1, e ex art. 71 dal CCNL 4.8.1995 e dai contratti successivi, per affermarne la perdurante vigenza limitatamente ai soli insegnanti di religione”, mentre “La clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva 99/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai CCNL succedutisi nel tempo. Vanno, conseguentemente, disapplicate le disposizioni dei richiamati CCNL che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato” (Cass. 07/11/2016, n. 22558, Cass. 23/11/2016, n. 23868; Cass. 29/12/2016, n. 27387; Cass. 05/01/2017, n. 165);

dai principi sopra affermati con orientamento ormai consolidato emerge chiaramente che la domanda intesa al riconoscimento degli scatti L. n. 312 del 1980, ex art. 53 si fonda su presupposti diversi (perdurante applicabilità della citata disposizione al personale non di ruolo) e comporta la liquidazione di un trattamento retributivo diverso dalla progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicchè non può ritenersi che il principio di non discriminazione e di parità di trattamento possa essere invocato a fondamento della predetta domanda; ne consegue che non viene in rilievo un’ipotesi di riqualificazione della stessa domanda, come ritenuto dalla Corte territoriale, bensì la proposizione di domande diverse, fondate su diversi presupposti e relative a differenti parametri di liquidazione del trattamento retributivo in base all’anzianità di servizio (nel senso che la diversa qualificazione giuridica del rapporto controverso da parte del giudice d’appello rispetto a quanto ritenuto dal giudice di primo grado non costituisce vizio di extrapetizione, purchè egli operi nell’ambito delle questioni riproposte con il gravame e lasci inalterati il “petitum” e la “causa petendi”, non introducendo nel tema controverso nuovi elementi di fatto, v. rif. Cass. Sez. 31/07/2015, n. 16213);

nè rileva l’asserita accettazione del contraddittorio da parte del Ministero – come pure ritenuto nella sentenza impugnata – atteso che “Il principio del divieto di domande nuove in appello, essendo di ordine pubblico, non può essere sanato dall’accettazione del contraddittorio da parte dell’avversario.” (Cass. 02/03/2004, n. 4185; in senso conforme Cass. 16/02/2012, n. 2201; Cass. 30/09/2014, n. 20557);

pertanto, condivisa la proposta del relatore, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata;

non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2, la causa deve essere decisa nel merito con il rigetto dell’originaria domanda, specificamente proposta in primo grado ai sensi della L. n. 312 del 1980, art. 53 per come si evince dalle conclusioni riportate nel ricorso del Ministero;

la novità e la complessità della questione, diversamente risolta dalle Corti territoriali e solo di recente affrontata dalla Corte di legittimità, giustificano la compensazione delle spese dell’intero processo.

PQM

 

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da D.L.A.; compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017

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