Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18589 del 03/09/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 18589 Anno 2014
Presidente: FORTE FABRIZIO
Relatore: ACIERNO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 26601-2011 proposto da:
DI

LEO

GIULIA

(C.F.

DLIGLI86S46H501B),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE
MILIZIE 114, presso l’avvocato ANTONIO VALLEBONA,

Data pubblicazione: 03/09/2014

che la rappresenta e difende, giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente –

2014

contro

1248

I.N.P.D.A.P. ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I
DIPENDENTI

DELL’AMMINISTRAZIONE

PUBBLICA

(C.E.

1

97095380586),

in proprio e nella qualità di

procuratore nonchè successore ex lege della SCIP
S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’avvocato
MARIA MORRONE, che lo rappresenta e difende, giusta

– controri corrente contro

S.C.I.P.

– SOCIETA’

CARTOLARIZZAZIONE IMMOBILI

PUBBLICI S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;

intimata

avverso la sentenza n. 2937/2010 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/03/2011;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 17/06/2014 dal Consigliere
Dott. MARIA ACIERNO;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato LUIGI MARIA
CACCIAPAGLIA, con delega, che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

procura a margine del controricorso;

Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Roma ha
dichiarato improcedibile l’appello proposto Giulia Di Leo,
in una controversia avente ad oggetto la materia locatizia,

in virtù della tardiva notificazione del ricorso e del
decreto di fissazione dell’udienza di discussione da parte
dell’appellante, in quanto intervenuta oltre il termine di
10 giorni dal deposito del provvedimento presidenziale,
previsto dall’art. 435 cpv. c.p.c.;
la Corte d’Appello ha posto a base della propria decisione
la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n.20604
del 2008, nella quale è stato affermato che, quando la
notificazione del ricorso e del decreto non sia avvenuta,
l’appello pur se tempestivamente proposto deve essere
dichiarato improcedibile;
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione
la Di Leo, affidato a due motivi. Ha resistito con
controricorso l’I.N.P.D.A.P. Depositata relazione ex art.
380 bis cod. proc. civ., il Collegio ha disposto la
trattazione in pubblica udienza.
Nel primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 136 e 435 cod. proc. civ., per non
avere la Corte d’Appello considerato che nella specie la
notificazione, ancorché tardivamente, è stata eseguita nel
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pieno rispetto dello spatium deliberandi previsto nel terzo
comma dell’art. 435 cod. proc. civ. (decreto presidenziale
comunicato in data 16/2/2010, notifica eseguita in data
1/3/2010, udienza di discussione fissata il 7/7/2010);

Nel secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art.
435 cod. proc. civ. per avere la Corte d’Appello
considerato la decorrenza del termine di dieci giorni non
dalla conoscenza effettiva ma dalla cd. “presa visione”.
In ordine al primo motivo deve osservarsi che secondo
l’univoco orientamento della giurisprudenza di legittimità,
sviluppatosi successivamente alla pronuncia delle Sezioni
Unite posta a base della sentenza impugnata, è stato
affermato che

il termine di dieci giorni assegnato

all’appellante per la notificazione del ricorso e del
decreto di fissazione dell’udienza di discussione (art.
435, secondo comma, cod. proc. civ.) non è perentorio

e,

pertanto, la sua inosservanza non comporta decadenza,
sempre che resti garantito all’appellato uno “spatium
deliberandi” non inferiore a venticinque giorni prima
dell’udienza di discussione, perché egli possa apprestare
le proprie difese (art. 435, terzo comma, cod. proc.
(Cass.21538 del 2010; 26489 del 2010; 8411 del 2011; 15419
del 2010; 15590 del 2011, le ultime due relative a
controversie locatizie, 23426 del 2013). Peraltro, medio

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tempore, con l’ordinanza n.

60 del 2010 la Corte

Costituzionale ha anch’essa stabilito :
la manifesta infondatezza, per evidente erroneità del
presupposto interpretativo, della questione di legittimità

civ.,

nella

parte

in

cui

costituzionale dell’art.435, secondo comma, cod. proc.
impone

all’appellante il termine di dieci giorni per provvedere
alla notifica all’appellato del ricorso e del decreto di
nomina del relatore nonché di fissazione dell’udienza di
discussione;
la

conseguente

insussistenza

del

sospetto

d’incostituzionalità per violazione degli artt. 24 e 111
Cost., fondato esclusivamente sull’interpretazione della
sentenza delle Sezioni unite della Corte di Cassazione
(sentenza n. 20604 del 2008), secondo cui l’inosservanza
del termine di cui all’art. 435, secondo comma, cod. proc.
civ. determina inevitabilmente l’improcedibilità
dell’appello;
la prorogabilità del predetto termine anche dopo la
scadenza quando sia rispettato il termine dilatorio,
stabilito nel successivo terzo comma. Alla sopracitata
ordinanza della Corte Costituzionale, peraltro, ne è
seguita una successiva dello stesso tenore (n. 253 del
2012).

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Sulla base di questi principi, la riportata più recente
giurisprudenza di legittimità, sul rilievo che il termine
di dieci giorni non risponde ad alcun canone di ordine
pubblico processuale, né al rispetto del diritto al giusto

intempestiva) notifica deve essere concesso un nuovo
termine nel rispetto del termine a difesa di 25 giorni.
Sulla questione relativa alla natura dei termini fissati in
sede di provvedimento presidenziale nei procedimenti
introdotti con ricorso, sono intervenute,con le pronunce
n.5700 e 9558 del 2014, le Sezioni Unite, risolvendo un
contrasto relativo alla natura dell’analogo termine per la
notifica del ricorso e del decreto nei procedimenti
riguardanti l’equa riparazione da irragionevole durata del
processo. A tale riguardo è statou affermata la non
perentorietà di tale termine e la sua prorogabilità,

l

consentendo la concessione di un nuovo termine anche dopo I
la scadenza del primo. Nella motivazione della pronuncia, i
le Sezioni Unite, pur limitando l’esame allo specifico
procedimento camerale sottoposto al loro esame, hanno
rilevato in via generale che il principio del giusto
processo non può essere limitato all’osservanza del canone
della celerità e che la Corte Europea dei Diritti Umani ha
ritenuto, pur nel rispetto dell’autonomia delle normazioni
processuali dei singoli Stati, che l’accesso alla giustizia
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processo, ha stabilito che, in caso di mancata (o

può essere limitato solo mediante previsioni espresse e nel
rispetto del principio di proporzionalità, (CEDU Omar
contro Francia sent. del 27/9/98). Le Sezioni Unite hanno,
in conclusione, valorizzato la mancanza di una previsione
espressa di perentorietà del termine, evidenziando che in

mancanza di essa non possono farsi discendere conseguenze
così gravi come l’improcedibilità, dalla mancata o
intempestiva notificazione. Tanto più, può aggiungersi, in
ossequio ai rilevanti principi espressi dalle pronunce
della Corte Costituzionale sopra citate, quando viene
assicurato alla parte convenuta il rispetto del termine
dilatorio previsto dalla legge.

Alla luce dell’accoglimento del primo motivo deve ritenersi
assorbito il secondo.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata
con rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa
composizione perché decida il merito dell’impugnazione
davanti ad essa proposta.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia
alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione anche
per le spese del presente giudizio.
7

Il giudice est.

Così deciso nella camera di consiglio del 17/6/2014

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